Il 3 maggio prossimo saranno trascorsi due anni da una delle pagine più brutte che il calcio italiano possa ricordare. Quella finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina resterà inevitabilmente e per sempre legata alla morte di Ciro Esposito, avvenuta il 25 giugno del 2014 dopo un’agonia di 53 giorni tra lo sconforto e lo sdegno di un’intera città.
Nel frattempo la giustizia sta facendo il suo corso, con la richiesta di ergastolo nei confronti dell’imputato De Santis, accusato di aver ucciso il giovane tifoso del Napoli e quella di condanna a tre anni per Gerardo Fioretti e Alfonso Esposito, accusati di rissa aggravata nei drammatici scontri di quella triste serata.
Nemmeno a farlo apposta, per uno strano gioco del calendario, lunedì 25 aprile, nel giorno della Liberazione, si giocherà Roma-Napoli. Come annunciato dal Capo di Gabinetto della Questura di Roma, Roberto Massucci, il settore ospiti dell’Olimpico sarà disponibile soltanto per i tifosi non residenti in Campania. Si ripete la storia dello scorso anno, la partitissima che quest’anno vale l’accesso diretto in Champions, comunque vada, resterà uno spettacolo a metà.
Tanto odioso quanto necessario questo provvedimento. Necessario fin quando, come sottolineato dallo stesso Massucci, non ci sarà quella crescita culturale in grado di riportare serenamente il tifo civile negli stadi. Un percorso, quest’ultimo, difficile da portare avanti in tempi ristretti, nonostante le condanne senza riserve dell’opinione pubblica di fronte a certi atteggiamenti tanto diffusi negli stadi, a partire dai cori razzisti che ogni settimana provano a rovinare lo spettacolo del tifo sportivo.
Tutto questo è assurdo, eppure è reale. Nello specifico, poi, la (troppo) accesa rivalità tra tifosi romanisti e napoletani è ancora più difficile da spiegare. Per tanto tempo gemellate, le frange più turbolente delle due tifoserie si sono trovare nel giro di pochi anni a essere nemiche, con le scene violente a Napoli in occasione dello scudetto giallorosso, quelle altrettanto drammatiche in stazione, fino all’epilogo drammatico della finale di Coppa Italia, che segna il momento di rottura completa, tale da rendere inesistenti le condizioni di una possibile riappacificazione.
Se prima, infatti, la rivalità non sportiva riguardava soltanto gli ambiti ultrà delle tue tifoserie, è come se quell’omicidio avesse rotto qualcosa nei sentimenti del tifoso comune, soprattutto di quello napoletano, che in certi momenti ha provato disprezzo anche solo per il modo in cui quei tragici fatti venivano descritti dagli organi di informazione, giudicati faziosi e insensibili.
Ecco allora che Roma-Napoli difficilmente tornerà in tempi rapidi a essere una partita normale, almeno in termini di ordine pubblico. E nonostante gran parte di entrambe le tifoserie continui a vedere nel sostenitore avversario un cugino piuttosto che un nemico, la realtà dei fatti ha imposto di consigliare un provvedimento come quello assunto dalla Questura di Roma. In attesa, semmai, che si moltiplichino gli esempi come quello di Antonella Leardi, la madre di Ciro, che non ha mai avuto parole di odio per nessuno, e che anche in occasione della richiesta di condanna nei confronti di De Santis ha parlato non di soddisfazione, ma di monito, di un ammonimento verso chi, prima di compiere certi atti, dovrebbe pensarci due volte.
Lunedi all’Olimpico la posta in palio è alta, c’è una partita che potrebbe valere una stagione. Ma resterà quel vuoto, che immerso sugli spalti lascerà un po’ più aperta quella ferita che nessuno potrà mai rimarginare.