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E’ Roma-Napoli ma sembra il G8

Se non fosse che si tratta semplicemente di una partita di calcio, il piano di sicurezza previsto per Roma-Napoli farebbe pensare a quello realizzabile per l’arrivo nella Capitale di un grande vertice mondiale o comunque di un evento dal cui esito possono dipendere le sorti di un’intera popolazione.

E invece niente di tutto questo, ma si sa, il pallone è uno strumento, ma soprattutto un pretesto, che fa infiammare le folle e in certi casi mette in pericolo la quiete di una città. Per Roma-Napoli, poi, è ancora troppo forte la paura che possa ricapitare qualcosa di simile a quello che accadde il 3 maggio 2014 nella triste notte di Coppa Italia tra gli azzurri e la Fiorentina.

Ci sono volute settimane e tante energie per studiare e decidere le misure da adottare per affrontare la partita che vale la Champions e tanti di milioni di euro per Roma e Napoli, per garantire nei limiti del possibile una gestione efficace dell’ordine pubblico.

I tifosi residenti in Campania, si sapeva già, non possono in alcun modo acquistare i biglietti. Ma il settore ospiti dell’Olimpico non resterà vuoto, ed è questa la novità decisa in un secondo momento dalla Questura: ci andranno gli altri tifosi del Napoli, quelli residenti principalmente a Roma o nei dintorni, e prima destinati in altri settori, per evitare contatti pericolosi, e in deroga al principio di reciprocità, che vorrebbe il settore ospiti chiuso per entrambe le tifoserie nelle due partite di un campionato.

A nulla sono valse le rimostranze di sponda giallorossa, e le preoccupazioni per l’alto afflusso dei tifosi partenopei (circa 2500) che non hanno esitato ad assicurarsi i biglietti disponibili, pur nel rispetto assoluto, secondo quanto sottolineato dalla Questura, del divieto per i residenti in Campania. Infatti La Digos romana in collaborazione con quella di Napoli procederà costantemente alla verifica dell’eventuale presenza tra coloro che acquistano i biglietti di appartenenti ai gruppi Ultras in Campania per eventualmente sanzionarli secondo la legge. Il tutto acccompagnato da un piano rigoroso di afflusso al campo delle due tifoserie che dovrebbe escludere scontri di ogni sorta.

Infine le telecamere. Il piano messo a punto dalla Questura con le forze dell’ordine prevede líutilizzo di numerose telecamere della polizia scientifica lungo tutto il tragitto delle navette che da Saxa Rubra porteranno i tifosi partenopei allo stadio. Una vera e propria sorveglianza totale, senza precedenti, che nelle intenzioni delle autorità darebbe la possibilità di intervenire anche a distanza qualora ce ne fosse bisogno.

Tutto bene finché si tratta di assicurare che nulla di spiacevole possa accadere, ma anche un’amara riflessione di natura politico-sociale e non sportiva. Una riflessione su quanto si perde a causa della turbolenza e della stoltezza di pochi, e che finisce col condannare anche chi con quella follia non ha nulla a che vedere. Il timore di possibili incidenti porterà via in ogni caso tante cose. Porterà via milioni di euro pubblici, spesi per le forze dell’Ordine e le misure da impiegare per garantire la sicurezza, e che potevano essere investiti diversamente se in passato si fosse affrontato in modo più efficace il fenomeno degli stadi violenti. E in tempi di crisi non è poco. Porterà via la spensieratezza totale di un lunedì di festa nella Capitale, come quello del 25 aprile, caratterizzato, tra le altre cose, dalla chiusura di diverse strade nei dintorni dell’impianto romano. Porterà via per migliaia di tifosi napoletani, quelli per bene che non hanno nulla a che vedere con certe situazioni e che sono la stragrande maggioranza, la legittima possibilità di divertirsi seguendo la squadra del cuore.

Troppo facile dire che basterebbe un minimo di cultura per fornire una risposta definitiva all’interrogativo sul perché nel 2016 gli stadi ancora non sono sicuri. E invece si finisce con l’entrare in un dilemma talmente complesso da lasciare senza una vera soluzione, e che nulla ha a che vedere con il calcio. Da anni sempre gli stessi discorsi, ma per sconfiggere l’ignoranza è sempre necessario prevenire, prima ancora che curare, ed è evidente che in tal senso non è stato fatto abbastanza.

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