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Partenopeismi

“La cravatta uccide solo d’estate”, il Gonzalo 2.0 e il Dress Code Juve

Domanda: “Ma siamo davvero sicuri che il pianeta Napoli sia così invivibile per un calciatore?”. Il quesito nasce dall’osservazione attenta di quello che è passato sugli schermi negli ultimi giorni, in cui il ciclone-Higuain ha provocato un autentico terremoto emotivo nel tifoso napoletano.

La presentazione di Gonzalo Gerardo Higuain alla Juventus ha offerto alcuni spunti molto interessanti, per chi non ne ha voluto vedere semplicemente la tappa conclusiva del tradimento del franco-argentino ai danni dei napoletani. Nella presentazione-show a reti-pay unificate allo sguardo dei più attenti non sono passati inosservati alcuni particolari non secondari e per nulla banali, che diventeranno un po’ il leitmotiv della seconda vita del Pipita alla Casa Reale sabauda.

Torino. Fine luglio. Temperatura e tasso di umidità a livelli indecenti. Quello che è apparso in alta uniforme di fronte ai taccuini di mezza Europa non era il Pipita che eravamo abituati a vedere, su questo possiamo concordare un po’ tutti. Per chi ha conosciuto solo un po’ il ragazzo di Brest, soprattutto attraverso la mimica, la gestualità ed anche una certa (malcelata) timidezza è stato subito evidente che Gonzalo Gerardo 2.0 si trovasse ad estremo disagio, dietro a quel tavolo, nelle vesti di improvvisato top manager prestato al calcio.

Ingessato, impostato, stritolato nel nodo della cravatta dell’elegante linea del vestito Trussardi, Higuain è apparso impacciato, frastornato, in qualche passaggio quasi travolto dall’onda straripante della comunicazione bianconera. Al suo fianco una balia dalla chioma bionda travestita da addetto stampa, a ricordargli di non essere solo (non sia mai che lo abbia pensato). Gonzalo 2.0, il viso tirato e sicuramente felice, ma al tempo stesso inquieto ed agitato, tanto da aver bisogno delle continue frizioni del fazzoletto per tamponare le stille di sudore che trasudavano dalla fronte. La cravatta uccide solo d’estate, nel caso del Pipita il tempo dirà se sarà così.

Siamo in pieno Stile Juventus,  nel focus dell’accurata pianificazione del “come” comunicare col mondo fuori da Casa Reale, dalla Torre d’Avorio di Vinovo, i cui effetti si sono visti anche nelle immediate ore del post-presentazione. Vi ricordate il Pipita schivo e social-repellente di qualche mese fa? Sparito, dissolto, andato. Ora è un trionfo di selfie e sorrisi stampati su francobolli da custodire: dallo Juventus Stadium, al Fan’s Shop, al campo d’allenamento. Ogni spostamento un selfie ed ogni selfie fa bella mostra di sé sulle pagine social della Juventus Football Club: una scelta di comunicazione ben precisa, dettagliata e programmata come una perfetta strategia militare.

Va ricordato al mondo che la Juventus ha comprato Higuain, ove mai qualcuno se ne fosse dimenticato, soprattutto se stai per cedere Pogba e quindi privarti dell’uomo su cui hai puntato tutto negli ultimi quattro anni. Quando le parabole dell’attenzione si spostano troppo sulla cessione prossima del francese, vanno subito reindirizzate e focalizzate verso la nuova vita bianconera, l’oasi felice di Higuain e la novella favola di Allegri. Il protocollo preconfezionato per cancellare un fatto (la cessione di Pogba), insomma. O comunque attenuarlo e renderlo meno saliente di quel che in realtà è.

L’ala protettiva del potere che plana sulla libera circolazione della notizia e che pilota l’informazione. Un po’ la stessa minestra dei Caceres e Vidal d’annata che fanno danni in giro, senza che a nessuno interessi, insomma. Poi se il neo-acquisto del Napoli, Milik, dice che da piccolo ha fatto qualche furtarello, la notizia diviene centrale nelle BREAKING NEWS di ogni dove. Mc Luhan sarà anche il Guru di De Laurentiis, ma le sue teorie sono fonte d’ispirazione per chi, la comunicazione, la fa diventare un vero e proprio vantaggio competitivo .

La Juventus ordina, il tesserato Gonzalo Gerardo 2.0 esegue, con devota partecipazione e prona sottomissione. Ci sorge un dubbio? Ma non era Aurelio De Laurentiis il presidente assolutista e accentratore, da cui il povero Gonzalo è dovuto fuggire? Non è, forse, il patron del Napoli colui che limita la libertà individuale dei propri calciatori, cui viene impedito perfino di indossare marchi non graditi o farsi fotografare in luoghi ed occasioni sconvenienti? Che cattivone ADL e che bravi quelli là.

Eppure c’è qualcuno che ancora pensa che alla Juventus o al Real sia diverso, già perché se è vero che al Napoli i diritti di immagine di un tesserato vengono trattati e contrattualizzati come parte integrante degli introiti del club, ad altre latitudini, dove questo non avviene o avviene solo in parte, esistono altrettante (se non più stringenti) regole e norme di comportamento. E’ più facile non ricordarlo e se lo si vuole fare, allora è bene che questa linea si trasformi in merito, divenga un plus, uno Stile.

In definitiva il Dress Code imposto da Casa Agnelli, come spartito da eseguire pedissequamente, per i più diventa sinonimo di eleganza, elemento di distinzione e simbolo di classe. Siamo al paradosso del gusto: il capo della FCA cui fa riferimento la Juventus FC, Marchionne, ha fondato le sue fortune, oltre che sulle abilità manageriali, anche sulla sua “mise” da casual friday,  look flessibile e minimal, quasi a voler comunicare con esso la flessibilità e la modernità stessa della sua azienda, da uomo di punta di Casa Fiat.

I calciatori della Juve, invece, giovanotti nemmeno tutti scolarizzati e forse pure poco inclini all’uso dell’eleganza, che è vezzo tipicamente italiano, vengono vincolati alla giacca e alla cravatta, trattati alla stregua di annoiati uomini d’affari, di quelli che si incontrano sulla business del Frecciarossa. Assimilati a dei semplici venditori della Folletto, equiparati a rampanti Testimoni di Geova al raduno del sabato. Siamo quasi tentati dal telefonare a Lapo Elkann, chissà cosa ne pensa lui di questa storia…

L’Accademia militare di Vinovo, insomma, non compra solo i giocatori ma prende gli uomini. Li mette in riga, li veste, gli suggerisce cosa dire, come comportarsi e cosa sia (o non sia) il caso di fare. E nessuno parli di lobotomia, questo è Stile, tout court. La giacca e la cravatta, l’eleganza e la linea inconfondibile dell’ haute couture diventano impronta distintiva, come se bastasse questo. I quarti di nobiltà come elemento di identità e discriminazione anche nel calcio ma anche (e soprattutto) come meccanismo di controllo orwelliano dell’universo mediatico.

Chissà se, d’ora in poi il Gonzalo 2.0, potrà far bella mostra di sé a C’è Posta per Te, come è successo quando era a Napoli o  se potrà ancora ballare con Belen da Giletti. Forse questo sarà più semplice, conoscendo la fede calcistica del presentatore torinese. Vuoi vedere che questa volta, Higuain, regala la maglia giusta?

 

 

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Francesco Romano è laureato ed ha un master in comunicazione e marketing. Ama scrivere, lavora presso Mediaset.
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