Proviamo a fare questo veloce esercizio social. Aprite la vostra pagina Facebook e scorretela fino a tre quattro giorni fa. Ok, superate i complimenti goduriosi su Mertens, Insigne e compagnia. Andate più giù, superate il …da Napoli è tutto a voi studio. Superate i commenti su Sarri, il bel gioco e blablabla.
Bene, se tra tutti questi post avrete trovato anche un solo complimento per De Laurentiis per la stagione ormai conclusasi, avete amici particolarmente onesti intellettualmente e siete pregati di mandare screen alla nostra redazione.
Se invece, come temo, tra le centinaia di commenti che avete scorso, tra gli esaltati complimenti alla squadra e al tecnico, non avete trovato nessun cenno al Presidente, beh… welcome in the real world.
La società non si elogia, si critica. Il Presidente non si nomina in un complimento, guai a metterlo accanto alla parola bravo. L’unico termine appropriato è pappone. E’ la moda: pappone. Scrivere il contrario vorrebbe dire uscire dalla massa, andare contro un pensiero conformato e socialmente predominante. Non è facile, anzi è difficilissimo affermare una frase contraria al sentire comune e, addirittura, dileggiato dalla maggioranza. Un pò come quando tutti deridevano Berlusconi ma nessuno ammetteva di votarlo, e intanto aveva la maggioranza elettorale.
Ma come, ti schieri dalla parte del potente? Dalla parte di chi se ne è approfitta della nostra fede, ci lucra sopra e addirittura gli fai i complimenti? I social, poi, fanno il resto: creano tendenze e compattano il monopensiero, dando vita a schemi e definizioni da cui uscirne è arduo. E’ più facile seguire il branco che affrontarlo.
Eppure è strano. E’ strano elogiare una squadra i cui componenti sono stati scelti e acquistati da una società e non elogiarne un presidente. E’ strano divinizzare un tecnico e il suo gioco, senza elogiare chi ha scelto quel tecnico e gli ha messo a disposizione gli strumenti adatti per farlo funzionare. E’ strano essere felici dei rinnovi dei vari Insigne, Mertens, e non dire per orgoglio un “ben fatto” a chi ha operato in tal modo.
Diciamola tutta: non c’è proporzione. Se si fa un errore, un solo errore che sia di comunicazione o di scelta politico-societaria, subito partono le offese e i commenti negativi. Se invece, con costanza, si lavora e si crea una struttura societaria e tecnica ottimale e senza buchi neri, nessuno fiata.
Non c’è proporzione perché se un giocatore chiede un aumento per restare nella squadra e magari lo ottiene, è giusto perché è un professionista. Se, invece, un imprenditore ricava una piccola percentuale dell’utile sociale al soddisfacimento degli interessi personali e della sua famiglia, è sbagliato, è un pappone e non se ne frega niente della società, della squadra e dei tifosi.
Intanto giocatori e tecnici vengono osannati mentre i dirigenti criticati, cori contro e aspri commenti sui social.
Forse c’è chi crede davvero nelle favole, nel principe azzurro, magari cinese, che investe, non guadagna e vuole vincere campionati e coppe. Intanto i principi arrivati finora hanno raccolto grami risultati e anche sugli investimenti “c’è poi da ridire”.
Il ferlainismo ha portato a decenni di crisi e di umiliazioni, mostrandosi economicamente insostenibile (e oggi lo sarebbe ancor di più). Il naldismo, ossia il rischiare partigianamente con il proprio patrimonio, non ha prodotto risultati ne ambito sportivo né economico.
In quest’era, criticata e osteggiata dalla massa affamata di trofei come mai nella sua storia, il Napoli ha raggiunto vette mai toccate a livello di gestione societaria ed economica, senza considerare il valore europeo che sta assumendo la squadra. Forse un “grazie Presidente”, sulle vostre bacheche, potrebbe anche scapparci, o no?