Ai tifosi piace essere presi in giro. Piace sentirsi raccontare bugie. Piace sentirsi dire dall’amante “t’amo” mentre sta pensando a tutt’altro.
La verità è diversa: la verità è che i giocatori sono tutti Biglia, solo che spesso sono meno distratti e sonnolenti.
Ha davvero peso per un tifoso, sentir dire da un giocatore appena acquistato e sbarcato all’aeroporto un Forza Napoli? Che senso ha questa frase nel calcio moderno che ha abbandonato ogni retaggio romantico del secolo scorso per consegnarsi inesorabilmente all’impero del business?
Difficile credere che non sia ancora chiaro a chi segue il calcio nell’anno duemiladiassette che un giocatore possa innamorarsi istantaneamente di una squadra, di una città, di una tifoseria, entità fino a poche ore prima a lui sconosciute, distanti, aliene. Entità non diverse dalle centinaia di altre sparpagliate in Italia e in Europa.
Ma, nonostante questa verità inoppugnabile, i tifosi ancora pretendono dichiarazioni d’amore. E così il giocatore arriva, gli gettano la sciarpa al collo e, come da copione, gli strappano la fatidica frase. Come se poi cambiasse qualcosa, come se avesse un senso diverso dall’unico possibile che ha: l’appagamento emotivo che si verifica legando quel volto, quel potenziale, quella storia individuale alla propria di storia e di immagine. Chiaro segno di debolezza, di mancanza di fiducia in sè stessi e nella propria squadra.
Vogliamo sentirci amati perchè abbiamo paura di essere soli. Abbiamo istintivamente bisogno di chi si schiera dalla nostra parte per poter dire che anche lui combatte la nostra stessa guerra.
Ecco, è proprio questo il punto. Il punto è che la guerra non esiste.
Strano vero a dirlo? La guerra non esiste. O quantomeno, non dovrebbe esistere, non avrebbe ragione di esistere nello sport.
Ma oramai i tifosi e ancor più i giocatori sono intrappolati in schemi da cui non riescono più a sfuggire. Si sono identificati in stereotipi e credono di essere quelli. Forse posseggono e riconoscono anche una forza uguale e opposta che li spinge da un’altra parte, dentro di loro sanno quanto sono ridicole alcune prese di posizione, ma uscire dallo schema è impossibile, vorrebbe dire sconfessare tutto ciò che ci si è imposti e vorrebbe dire essere additati dagli “altri” come non tifosi.
Se non salti non sei tifoso. Se non urli non sei tifoso. Se non dici Forza Napoli non meriti di giocare nella nostra squadra.
E così i tifosi si fingono tali anche dinnanzi a siffatte menzogne e i giocatori fingono gastriti pur di non confessare che il progetto in cui sono inseriti non li soddisfa e che guadagnare quattro milioni a stagione nella squadra rivale è più importante del giocare con i colori che fino a quel momento ha finto di difendere e tifare.
Nuovo giro, nuova corsa, nuova sciarpa, nuovi tifosi. Vecchia ipocrisia.