2 Febbraio. Suona la campanella. Gli studenti tornano dopo la “sosta al mercato” e incontrano le solite facce.
Non ci sono volti nuovi. Unica eccezione un ragazzo alto e dal fisico imponente di nome Zinedine. Mancano all’appello Emanuele e Nikola. Sono andati via ma forse a giugno tornano qui.
La maestra ci chiede di fare un compito: un racconto sportivo.
Io che amo il ciclismo grazie a mio nonno, mi metto all’opera e racconto l’accesa lotta che ci fu nel 2018 al Giro d’Italia.
Quell’anno un duello incredibile tra due corridori: Ciro Napolio e Andrea Agnelli detto Fiat per la sua capacità di cambiare rapporti in salita.
Agnelli era il favorito perché aveva vinto le precedenti 6 edizioni. Napolio aveva sempre accumulato buoni piazzamenti ma pochi acuti.
“Maestra io non so se lei conosce il ciclismo ma ci sono delle cose che devo spiegarle. I corridori possono essere bravi in salita come Pantani, bravi in discesa come Savoldelli o bravi a cronometro come Indurain. Vincere o meno un Giro dipende da tanti fattori. Ci sono tante tappe e le insidie sono tante. Solitamente, se il corridore ha tanta resistenza e colpi da campione nei momenti che contano, allora ce la puó fare. Quell’anno Napolio impostó il suo Giro come una lunga cronometro. Sapeva che nel duello individuale (corpo a corpo) contro Agnelli avrebbe potuto pagarne le spese ed ha cercato fino alla fine, quindi, di andare con la sua andatura. Quando gli altri scattavano, lui non rispondeva mai. Continuava a mantenere il suo ritmo. Credeva in maniera cieca a quello che stava facendo. Agnelli faceva il diavolo a quattro e ad ogni tappa cercava di staccare Napolio sfruttando le sue superiori qualità. Fu un Giro entusiasmante. Davvero bello”.
La maestra lesse con insolita attenzione il racconto e mi chiese: “Toglimi una curiosità. Ma chi lo vinse quel Giro?” Io risposi: “Ci fu un insolito finale e all’ultima tappa…”.