Solitario nel final.
“Solitario nel final”, è il titolo di uno dei brani del bellissimo disco “Fútbol” del trio italo-argentino Peppe Servillo, Javier Girotto, Natalio Mangalavite.
Questo è un lavoro dedicato al gioco del pallone, il progetto è affascinante: tredici canzoni liberamente ispirate ai racconti “Fútbol -Storie di calcio” dello scrittore argentino Osvaldo Soriano. Canzoni che ridanno a questo sport, dignità di metafora della vita, ci riportano alla base di quella disciplina sportiva, ieri così “naturale” e vera, oggi tanto mercificata e ridotta a teatrino mediatico. Ed il calcio per me, metafora della vita è.
“Mi muovo, nella grande confusione generata dal pallone nella rete alla fine della gara. Me ne torno dove stavo, via da qui, via dal campo (…) solitario nel final”.
Questo è un frammento del testo di questo brano che mi è immediatamente venuto in mente guardando il giro di campo di Maurizio Sarri al San Paolo, alla fine di Napoli – Crotone, alla fine della storia calcistica e d’amore del tecnico toscano di origini napoletane, con la squadra partenopea. E’ proprio del momento in cui il rapporto tra Napoli, il Napoli e l’allenatore toscano è finito, e di quello che dopo potrebbe esserci, che vorrei provare a parlarvi. Quello che mi piacerebbe descrivere sono le correlazioni emotive, le misture di significati romantici, gli incroci di storie parallele, che possano in qualche modo narrare un momento come questo.
La storia tra Napoli, il Napoli e Maurizio Sarri è così densa di significati sentimentali che è già epica, in quanto tale. Richiama alla mente le grandi vicende del passato, i grandi romanzi di stampo calcistico, raccontati da Galeano, Soriano, Hornby, è già mitologia, è già racconto, forse è l’ultima grande storia d’amore del calcio moderno. Io ho provato a ripercorrerla con la mente questa storia dall’inizio alla fine: da quella lontana partita di tre anni fa in Europe League, il 5 a 0 con il Bruges, la gara nella quale nacque un’idea di calcio di una bellezza imbarazzante. Fino alla sera di Torino, in cui il gigante nero del Senegal, ci ha fatto impazzire di gioia, saltando a tre metri dal cielo e mettendo fine all’incantesimo dello Stadium. Quanta bellezza in mezzo a queste due partite, quanta gioia, quante emozioni, anche delusioni. Tutto fino alla fine, fino a Firenze, fino alla fine del sogno o meglio risvegliati dall’incubo di Milano dal quale non ci siamo più riaddormentati. Fino a quel giro di campo finale, al saluto alla città, al saluto della città al più grande allenatore che questa squadra abbia mai avuto ad oggi.
Nutless.
Ed un’altra correlazione allora mi è sovvenuta, mi sono fatto una domanda, ripensando ad un altra canzone: “Dove siam rimasti a terra Nutless”, tratta dall’album “Ovunque proteggi” di Vinicio Capossela. Un album fatto di storie bellissime come appunto quella fra noi ed il Maestro. “Dov’è che siam rimasti a terra Nutless, dov’è lo sparo, il botto. Dov’è la strada dove noi e la sera arriva presto, troppo presto per potere andar. Dov’è che siam rimasti, dov’è che siam restati soli Nutless. Dov’è che i muri si sono chiusi addosso.”
Dov’è che siamo rimasti Mister, dov’è che siamo rimasti Presidente, cosa è accaduto per davvero, riusciremo mai a saperlo? Quanti interrogativi in una sola domanda, troppi sinceramente. Forse meglio accontentarsi di quanto vissuto e ricevuto, godersene la bellezza distillata nei ricordi. Fare nostro il grido di gioia de “L’uomo vivo” altro brano di questo album e la frase: “Fino a che arrivi in cima, fino al ciel, fino a che veda il mar. Fino a che è vita, che bellezza è la vita mai dovrebbe finir”. In ogni caso ci auguriamo ed auguriamo a Maurizio di proteggersi e proteggere il nostro ricordo ovunque vada. Il personaggio di Noodles, per assonanza, non può che farmi venire in mente un teatrino d’ombre cinesi ed una fumeria d’oppio. Il faccione dal sorriso inebetito di Robert De Niro, nella scena finale del film di Sergio Leone “C’era una volta in America”.
Noi quell’errore non dobbiamo commetterlo, non dobbiamo permettere di inebetirci nel ricordo del passato e ad evitare tutto ciò, ci ha pensato subito Aurelio De Laurentiis, con l’ingaggio impossibile del migliore di tutti Carlo Ancelotti, si proprio lui, l’irraggiungibile. Una opportunità da non sprecare. Noi abbiamo una missione da compiere, non dimentichiamolo mai, noi abbiamo ancora un sogno dentro al cuore, da trasformare a Dio piacendo, in una splendida realtà.
Abbiamo bisogno di un uomo in più.
Abbiamo forse bisogno noi tifosi di essere quell’uomo in più, in questo momento. Tutto l’ambiente deve fare un salto di qualità, stringersi attorno al nuovo allenatore senza resuscitare scontri tra fazioni, senza dividersi in pro o contro Sarri, o in pro e contro Ancelotti.
Evitiamo che fra qualche mese Carlo Ancelotti debba entrare nello spogliatoio e comportarsi come il mister del film di Paolo Sorrentino – “L’uomo in più”, ed anche i giocatori dovranno calarsi in questa logica, anzi loro per primi. Se ora come ora, alcuni di loro, non se la sentissero di proseguire, dovrebbero dirlo e fare spazio ad altri.
Anche se ci dà fastidio ammetterlo, a meno di altre ragioni, la grande differenza fra i mal sopportati bianconeri ed i nostri sta tutta lì. Cercare comunque nuovi stimoli e proseguire a provare a vincere anche dopo aver già vinto, o dopo aver ancora perso, sempre. Se così non dovesse essere, rischieremmo di perdere non solo il campionato in una hall di albergo, ma anche molto altro.
Il mondo del calcio è fatto di bellissime storie, è fatto di uomini che vanno e vengono, di grandi attaccamenti e di grandi passioni, di avvicendamenti, di cocenti delusioni, di tradimenti e di esaltazioni, ma quello che resta sempre, al di là di tutto, è l’amore per i colori della propria squadra. Bisogna solo avere pazienza, il nostro momento arriverà, è fatale, bisogna solo saper attendere con calma e serenità il proprio tempo. “Nella vita non esiste il pareggio”, perché nella vita si perde o si vince, proprio come nello sport. Vivere o morire. Nel calcio come nella vita si cerca sempre di risalire la classifica, di vincere e di inseguire nuovi obiettivi. Poi ci sono le sconfitte che ci ingabbiano nella realtà. L’importante è provarci, perché trentotto pareggi a volte possono anche non bastare, così come una sola notte di gloria allo Stadium.
La fine di una rivoluzione non sempre coincide con la restaurazione.
Una rivoluzione anche se incompiuta, lascia sempre un germe di cambiamento in chi l’ha vissuta o vi ha creduto, e partecipato. Ma poi in fondo cosa è una rivoluzione? Juan Miranda (Rod Stiger) in “Giù la testa”, la descrive così al suo compagno irlandese John H. “Sean” Mallory (James Coburn):
“Rivoluzione? Rivoluzione? Per favore, non parlarmi tu di rivoluzione. Io so benissimo cosa sono e come cominciano: c’è qualcuno che sa leggere i libri che va da quelli che non sanno leggere i libri, che poi sono i poveracci, e gli dice: “Oh, oh, è venuto il momento di cambiare tutto” […] Io so quello che dico, ci son cresciuto in mezzo, alle rivoluzioni. Quelli che leggono i libri vanno da quelli che non leggono i libri, i poveracci, e gli dicono: “Qui ci vuole un cambiamento!” e la povera gente fa il cambiamento. E poi i più furbi di quelli che leggono i libri si siedono intorno a un tavolo, e parlano, parlano, e mangiano. Parlano e mangiano! E intanto che fine ha fatto la povera gente? Tutti morti! Ecco la tua rivoluzione! Per favore, non parlarmi più di rivoluzione… E porca troia, lo sai che succede dopo? Niente… tutto torna come prima!”
Per smentire una visione così pessimistica della vita e scuotere i tifosi del Napoli, che si sentono orfani di Sarri e per provare a proseguire il percorso di crescita di questa società, dobbiamo soltanto iniziare a credere in noi, ed evitare di fare come Mallory, gettare nella pozzanghera il libro. Bisogna solo ripartire dalla bellezza e dal lavoro che il tecnico di Figline, ci ha insegnato in questi anni. Rimettersi al lavoro, credere, ed affidarsi alla sapienza di un uomo che di vittorie pare se ne intenda.
Non mollare ora che siamo ad un passo dal traguardo, sennò anche il lavoro svolto da Maurizio Sarri, sarà stato del tutto inutile e fine a se stesso. Questo è il momento della normalizzazione e della raccolta, non della restaurazione.
In fondo la bellezza è solo un trucco.
Per concludere i miei riferimenti non posso non citare una ‘parola chiave’ che in questi tre anni con Sarri, è stata utilizzata da molti, spesso anche a sproposito, nel senso che se quelle emozioni non le hai vissute dal profondo, magari sugli spalti del San Paolo, o negli stadi di tutta l’Italia calcistica o in quelli di mezza Europa, essendo tifoso del Napoli, non puoi comprenderle davvero.
Maurizio, non ci avrà portato alla vittoria, questo è un dato inconfutabile, ma ha saputo risvegliare in noi, l’orgoglio di poter dire: “Napoli sa ancora produrre bellezza nonostante tutto”.
Jep Gambardella in un altro bellissimo film di Paolo Sorrentino, “La grande bellezza” disquisisce in maniera poetica sul concetto:
“Finisce sempre così. Con la morte. Prima, però, c’è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla. È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L’emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile. Tutto sepolto dalla coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo. Bla. Bla. Bla. Bla. Altrove, c’è l’altrove. Io non mi occupo dell’altrove. Dunque, che questo romanzo abbia inizio. In fondo, è solo un trucco. Sì, è solo un trucco.”
https://www.youtube.com/watch?v=l0kg1VGRGMg
Ebbene sì, che questo romanzo nuovo abbia inizio, che si archivi una storia bellissima, forse unica nel suo genere, così come si fa quando si legge e si termina l’ultima pagina di un libro bellissimo.
C’è come un momento di sospensione, come quello nel quale leggi le ultime righe, alla luce dell’abatjour prima di spegnerla e poi ripensi a tutte le pagine che ti hanno tenuto compagnia fino a quel preciso istante ed in quei momenti che sono solo tuoi e contemporaneamente di centinaia di migliaia di persone che prima, adesso o dopo lo faranno come lo hai fatto tu.
Maurizio in fondo la bellezza è solo un trucco, vai ed insegnala altrove, aiuta altri a venirne a conoscenza, Carlo, tu invece insegnaci che: “La più consistente scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare” e che “È così triste essere bravi: si rischia di diventare abili”
Buona fortuna Maurizio Sarri, buona fortuna Carlo Ancelotti, entrambi ne avrete bisogno.