La realtà è assolutamente relativa e soggettiva, l’occhio percepisce e seleziona e la prospettiva diventa solo uno squarcio tra mille diversi punti di vista. Quattro giorni col Napoli, nel bel mezzo di questo paesaggio disegnato con un verde intenso, alle pendici delle Dolomiti, tra i meleti della Val di Sole.
E’ nella frescura di questo scorcio del Trentino che il Napoli, come accade da otto stagioni, prepara la sua lunga stagione. Per chi come chi scrive c’era già stato negli ultimi anni, si nota subito qualcosa di nuovo che emerge tra il visibile e l’invisibile, che affiora nelle sue diversità e ridipinge l’universo attorno al Napoli. Vediamo le cinque sfumature più salienti che tratteggiano le differenze con gli ultimi ritiri:
L’aura di Carletto – C’è un’aria diversa, attorno al Napoli. Da Sarri ad Ancelotti il passo è breve e al tempo stesso siderale: il palcoscenico è di Carlo, lui che ha girato in lungo e in largo, tra una Champions e una Bundesliga, passando dal Bernabeu all’Allianz Arena con la disinvoltura dell’uomo di mondo, che ha calcato prati verdi di vittorie e i salotti londinesi del football. La curiosità plana su Dimaro da ogni zona del continente, il nuovo Napoli di Ancelotti stimola curiosità, regala certezze e semina tranquillità. Il livello di risonanza è alto, molto più che nelle scorse stagioni, non è un caso che dalle tribune ad ogni allenamento il nome dell’allenatore risulta quello tra i più acclamati. Ancelotti è il “calmante” di questa estate azzurra, aldilà del mercato, aldilà del Cavani si-Cavani no imperante degli ultimi tempi.
I musi lunghi – A differenza degli ultimi anni, in particolare di quello scorso, pochi i sorrisi e debole la goliardia che pervade l’atmosfera. C’è serietà, professionalità, rigore, questo si, ma manca il brio, manca quella sana follia di un gruppo che è da sempre unito e un po’ pazzerello. Mancano la “verve” di Pepe Reina, il sorriso contagioso di “Ciro” Mertens e l’allegria tutta “carioca” di Jorginho. Callejon e Hamsik, gli altri due “pilastri” del gruppo, appaiono diversi, rabbuiati, un po’ “tristi”. Lo slovacco non deve averla presa benissimo, forse avrebbe voluto davvero cambiare aria quest’anno, mentre l’andaluso ha perso il suo “mentore”, quel Maurizio Sarri che lo avrebbe portato con sé anche in bagno.
Verdi crack – L’elemento che colpisce, guardando il prato verde e gli allenamenti è Simone Verdi, un crack. Che fosse un gran bel calciatore si sapeva, quel che meraviglia è la sua capacità di inserirsi in un gruppo che sembra conoscere da una vita. Ancelotti lo scruta da bordo campo, lo osserva e si ingolosisce pensando a quel che sarà, perchè il ragazzo ha talento da vendere, è calciatore vero. L’impressione è che diventerà un punto di riferimento, sia per l’allenatore che per i compagni. Una scoperta, ma poi nemmeno così tanto.
L’attesa – Lasciamo una Dimaro avvolta nel limbo, il paese è un vociare continuo, un brusio vivace e insistente che si delinea in un nome ed un cognome, anzi in un soprannome: Matador. I tifosi d’azzurro vestiti fanno la spola tra il campo di Carciato, un salto a “La Spleuza”, la deliziosa piazzetta col suo bar ben frequentato e gli incontri ravvicinati coi vari Alvino, Corbo, Silver Mele e Paolo Del Genio. E’ un villaggio a tema, con l’azzurro sullo sfondo ed un pallone fisso nella mente, un perpetuo immergersi in disquisizioni a tinte partenopee. Il presidente parla dall’Hotel Rosatti, qualche centinaio di metri più distanti, c’è il popolo del tifo che commenta, che ordisce trame da far impallidire Kubrick e azzarda supposizioni. Il “L’ha già preso, ce lo vuole presentare come è solito fare lui” si interseca ai “Non lo prende, se no non avrebbe detto quelle cose” e avanti con l’esercizio dialettico, l’esegesi delle parole di De Laurentiis, intere nottate a parlare con gente sconosciuta, ma assai vicina nella fede e nei sogni. Il tifo si divide tra una fiduciosa e cauta attesa ed un’ansia crescente per il tempo che scorre via veloce come le fredde acque del Noce.
Trento azzurra – In una Trento accogliente e umida, ieri sera il Napoli ha giocato, divertito e vinto nella seconda uscita amichevole di questo precampionato. Di fronte non c’erano selezioni dilettantistiche e nemmeno la locale squadra di Serie D, ma il Carpi, formazione della serie cadetta. Un test probante, insomma, indicativo e che ha già offerto spunti interessanti, tipo che Ounas va lasciato crescere, perché la stoffa c’è, che Fabiàn è una deliziosa perla da lucidare e accarezzare e vedere luccicare, oppure che Luperto dopo Empoli è finalmente un calciatore vero. In attesa di test ancora più impegnativi la sensazione è di quelle piene, che ti lasciano sereno: il Napoli è forte, tanto tanto forte.