Quella del Napoli targato Carlo Ancelotti – sino ad oggi – è una storia molto simpatica, talmente divertente da essersi personificata in un personaggio di fantasia che saltella con fare sornione da una vicenda calcistica all’altra sbeffeggiando chiunque si permetta di commentare le sue gesta.
Lo chiameremo, ovviamente, Carletto. State pensando a Carletto il principe dei mostri? A pensarci bene, considerato che in città il tecnico del Napoli ha trovato tanti mostri buoni ma anche quelli cattivi, il parallelismo con il noto personaggio inventato da Fujiko Fujio ci potrebbe anche stare.
Carletto comincia la sua avventura con tanto entusiasmo, consapevole delle sue competenze, forte della sua storia. Il suo non è un compito semplice, deve estirpare dal cuore dei napoletani colui che nell’ultimo triennio a Napoli è diventato un eroe. Ma Carletto è sempre sereno, si diverte, osservando tutto ciò che gli accade attorno. Mangia calcio da una vita ma è circondato da tanti personaggi che glielo vogliono insegnare. Lui non s’arrabbia, però. Gongola.
Ma i nemici sono furbi, vengono fuori solo al momento opportuno. La sera del 2 settembre Carletto viene preso di sorpresa dall’invincibile Defrel, un mostro caduto in letargo per due anni e ritenuto quindi innocuo. Errore grave sottovalutare l’avversario – e così – il Napoli prende una brutta caduta a Genova contro la Sampdoria.
Il popolo comincia a mormorare, soprattutto perché vede smantellare tutto il prezioso lavoro svolto dal “Maestro” Sarri. Ma l’eventualità che si sia trattato di una distrazione passeggera, per il momento, contiene le polemiche.
Quando invece si incontra la Viola, un mostro pericolosissimo la cui dimora è una Chiesa con guglie e pinnacoli pungenti, Il tappo che conteneva il malcontento saluta definitivamente la bottiglia che l’aveva ospitato. Il collo del fiasco è simile ad un vulcano in eruzione, fuoriesce di tutto, anche lapilli risalenti all’età del Ritiro estivo di Dimaro:
Insigne in posizione centrale non vi giocava da anni, non si può distruggere quanto costruito.
Zielinski largo a sinistra perde la sua capacità di inserirsi.
Malcuit impresentabile, è la quarta scelta di mercato.
Callejon in uscita, non è funzionale al gioco di Ancelotti.
Milik non all’altezza, urge un top player.
Verdi arriva da una provinciale.
Panchina non all’altezza dei titolari.
Senza un’identità ben precisa la stagione del Napoli sarà in salita.
Sono solo alcuni dei pesanti flussi piroclastici da cui si deve difendere uno dei tecnici più titolati al mondo.
Quando il Napoli affronta poi il Toro nella sua arena tutti sono a dir poco preoccupati. Agli scossoni tattici si aggiungono quelli legati ai singoli: nell’immaginario collettivo Luperto titolare a sinistra assomiglia ad un colpo auto-inflitto; Rog nel cuore del centrocampo ha il volto di Ivan Drago in “Rocky 4” ma forse anche la sua qualità nel giocare a calcio; Verdi sul fronte offensivo di sinistra lo si immagina come una delle statuine presepiali che l’ex Bologna ha visitato nel cuore di Napoli assieme alla fidanzata.
E invece il pronti-via è sorprendente. Avevate nostalgia di Super Sarri Bros? Nessuna paura, in tempi record siete tornati a goderne. La gara degli azzurri è qualcosa di impressionante in termini qualitativi, di palleggio, di possesso palla, di concretezza, di consapevolezza, di maturità, di personalità.
Con il Parma, risorto dalle ceneri dello sconfitto mostro Tanzi, il Napoli cambia pelle ed interpreti. Alla vista della formazione schierata da mister Ancelotti nessuno ci capisce niente. Si danno i numeri, in tutti i sensi. Per riordinare le idee c’è bisogno di vedere gli interpreti sul terreno verde, solo allora si capisce che sulla carta si tratta un 4-4-2, con gli undici che plasmano il modulo di base in rapporto alle proprie caratteristiche. Fabian Ruiz, ad esempio (sulla carta l’esterno di destra di centrocampo), ha raramente giocato sulla fascia, modificando come un elastico il modulo di partenza con l’obiettivo di subordinarlo al proprio istinto.
Il Napoli si è opposto prepotentemente alle perplessità. Adesso dispensa certezze e raccoglie consensi. Ma gli uomini di Ancelotti sono sempre quelli del famoso 2 settembre, o quelli che hanno vinto ma non convinto con la Fiorentina. Hanno solo fatto il pieno di convinzione. Era necessario riacquisire certezze nuove fondate su principi globali e non più settoriali.
Il tecnico del Napoli meritava fiducia incondizionata e supporto totale che non lasciasse trasparire nessuna perplessità.
Il Carletto di cui vi abbiamo raccontato non è il Principe dei mostri ma, se le folate di vento polemico dovessero tornare a sollevarsi alla prima occasione, non indugieremo: lo battezzeremo “Carletto, il Principe tra i mostri”.