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Partenopeismi

Una triste boutade

Non è il caso di tornare sulla vicenda che ha coinvolto Titti Astarita, capitano dell’Afro Napoli United: troppe parole sono state spese, tante al punto di non poterne aggiungere di nuove senza scadere nella banalità del superfluo.

Un paio di cose, al contrario, andrebbero dette sullo squallido teatrino costruito tutto intorno all’accaduto. Un teatrino nel quale il ruolo dei protagonisti viene prepotentemente assunto da giornalisti troppo colti e intelligenti per non sapere che la trasmissione mandata in onda su Canale 21 assomiglia ad una sorta di “video-pamphlet”.

Non si è voluto approfondire il fatto, non si è voluto creare un contraddittorio con una voce proveniente dalla società. L’unico contraltare è stato rappresentato da uno scarno comunicato stampa, buono solo per essere appallottolato e metaforicamente lanciato nel cestino grazie alla potenza della dialettica.

La società Afro Napoli United ha sbagliato, sì, ma non a cacciare il suo capitano. Titti Astarita quella maglia (e quella fascia) non doveva proprio indossarla. E’ una ragazza il cui impegno politico, pur lodevole, è tecnicamente incompatibile con i valori messi in campo dalla società per cui ha giocato.

E’ da sempre legata politicamente ai colori del centro destra, Titti Astarita. Un centrodestra che, nell’Italia degli ultimi 25 anni, ha fondato le proprie politiche sull’esclusione dell’altro. Ieri i meridionali, oggi gli extracomunitari, tutto fa brodo nella ricerca del capro espiatorio causa dei mali del paese.

E’ di oggi la sua candidatura in una lista civica che appoggia la Lega di Salvini alle prossime elezioni al comune di Marano, quindi è scontato dire che in consiglio non si parlerà così insistentemente di integrazione razziale.

Ma ricordiamo anche che la seconda parte del nome della società in cui militava Astarita dice “Napoli”. Tanto per fare un esempio, il “vecchio” centrodestra, con dentro anche i leghisti compreso Salvini, nel periodo al governo ha saccheggiato i fondi FAS destinati al sud: i soldi destinati a rilanciare l’imprenditoria meridionale sono stati spostati al rimborso delle quote latte spettanti agli agricoltori padani; il potenziamento della Salerno – Reggio Calabria è stato sostituito con il finanziamento dei trasporti del lago di Garda; gli unici fondi realmente assegnati al meridione riguardano opere inutili, o comunque finanziabili localmente, come il sito internet della Regione Molise e il visitor center di Scapoli.

Quelle politiche, unite alla nuova apartheid che vive oggi il nostro paese grazie all’attuale Ministro dell’interno nonchè vicepremier (basti pensare a ciò che sta accadendo a Lodi e a Riace), fanno sì che una persona politicamente schierata da quella parte non sia tecnicamente compatibile col ruolo di ambasciatrice dell’integrazione razziale attraverso lo sport.

E non venite a parlarci di “razzismo al contrario”, come fatto dai proprietari del salotto di Canale 21, perchè a noi viene da farci una grassa risata. Non si può parlare di discriminazione in questo caso, per il semplice motivo che non tutte le diversità sono uguali.

Sembra un gioco di parole, ma riflettendoci bene, allontanare una persona da un’organizzazione in un contesto di scambio di idee “alla pari” non implica più che un piccolo dispiacere per la persona in questione. Tradotto in termini pratici: domani mattina Titti Astarita continuerà a svolgere la sua attività professionale, politica e anche sportiva da qualche altra parte, senza ulteriori preoccupazioni.

Diversamente il razzismo, quello vero, genera danni incalcolabili a chi lo subisce. La deportazione da un contesto di accoglienza come quello creato da Mimmo Lucano a Riace implica essere sbattuti chissà dove e chissà in quale contesto socio-politico-culturale. Vedersi negata la mensa per un bambino di Lodi ha come conseguenza un incolmabile senso di inadeguatezza per un uomo di domani. Non è il caso di mettere le due cose sullo stesso piano, abbia un po’ di pazienza chi la pensa in questo modo.

Ma l’aspetto ancor più squallidamente drammatico è che nessuno, oggi in Italia, si assume la responsabilità della propria ideologia politica. Ce ne fosse uno, Titti Astarita inclusa, che dicesse “sono razzista, e allora…?”. Nulla, tutti nascosti dietro al dito del regolamentino violato, della mancata osservanza del codicillo, della firma illeggibile e della foto troppo scura (e non è una battuta!) sul documento.

Perchè è ovvio che a Riace il sindaco viene arrestato perchè ha violato il sacro vincolo del matrimonio cattolico, mica perchè sta deliberatamente favorendo la convivenza tra autoctoni e immigrati. A Lodi alcuni bambini mangiano isolati ed emarginati non perchè stranieri, ma perchè i loro genitori hanno colpevolmente consegnato la documentazione sbagliata.

Poi però gli italiani, quelli veri che devono avere sempre la precedenza secondo il programma del governo in carica, sono liberi di evadere le tasse, lavorare in nero, costruire abusivamente ed esportare delinquenza in tutto il mondo: potranno farlo perchè la colpa sarà sempre di qualcun altro.

In questo contesto, che con un sorriso osiamo accostare all’Italia del 2018 quando è chiaramente un retaggio medievale, una responsabilità ce la prendiamo noi: il presidente dell’Afro Napoli United ha fatto bene ad allontanare Titti Astarita. Ha fatto bene perchè i valori della lista civica per la quale si candida non si sposano con il manifesto dell’Afro Napoli United, cioè “l’intento di utilizzare lo sport come un veicolo per l’insegnamento di valori sociali ed etici ed un metodo per abbattere i tabù razziali”.

Chi non riesce a comprendere questo, gentilmente, faccia silenzio. E non si offenda.

About author

Paolo Esposito è laureato in Economia Aziendale. Per lavoro si occupa di tax auditing con particolare attenzione al transfer pricing, al financial accounting e alle business restructuring. Tuttavia crede che di calcio sia meglio parlare in napoletano.
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