La prima metà di questo mese di luglio è andata in archivio e, con essa, forse, anche il ricordo di una Napoli protagonista nuovamente in campo internazionale: la trentesima edizione delle Universiadi estive ha lasciato una legacy strutturale importante, con ben 70 impianti che ospitando gare ed allenamenti sono stati rimessi a nuovo in tutta la Regione.
Un patrimonio da non disperdere per far si che anche dal punto di vista sportivo la Campania possa recuperare quel gap di strutture con il resto d’Italia e, soprattutto, per non vedere vanificato l’impegno dei tantissimi volontari ed addetti ai lavori che sono stati il vero motore di questo evento multi sportivo internazionale, tornato nuovamente nei nostri territori 56 anni dopo i Giochi del Mediterraneo del 1963.
Magnifiche, in particolare, le serate di apertura e chiusura, svoltesi in uno Stadio San Paolo che avrà si ancora tanti problemi da dover risolvere, ma che oggi, almeno, (e chi vi scrive vi è stato all’interno) ha un aspetto quantomeno decente (ottimi i nuovi sediolini, fondamentali i due maxischermi ed imponente l’impianto luci installato) per una squadra impegnata da un decennio consecutivo in Europa. Ma, in particolar modo, ha colpito lo spirito degli oltre 80 mila spettatori visti a Fuorigrotta il 3 ed il 14 luglio, civili e composti così come dovrebbe essere nella normalità.
Coincidenza ha voluto che sabato 13 luglio a Castelvolturno sia andato in scena uno dei concerti con maggiore partecipazione di pubblico giovanile mai visti nel Mezzogiorno e di grande impatto dal punto di vista ambientale, con un Lorenzo Jovanotti autentico mattatore nella città simbolo del litorale domizio, ironia della sorte anche casa degli allenamenti del Napoli.
Una voglia di protagonismo e di cambiamento che parte direttamente dai giovani e che ci si augura possa essere veramente il titolo dell’ultimo successo del rapper italiano.