La strada dell’inciucio è quella che non ci interessa. Chi ha aggredito chi, quando dove e perché, non stimolano la nostra curiosità. Il motivo è semplice: sono notizie o pseudo-notizie che appagano la fame dei gossippari, dei curiosi fine a se stessi, degli appassionati del pettegolezzo. Ad altro – notizie di questo genere – non servono. Si tratta di dinamiche normali all’interno di qualsiasi gruppo di lavoro e quindi di scarso interesse alla causa.
A noi interessano, invece, due cose: comprendere i motivi di un gesto così clamoroso da parte dei calciatori e, soprattutto, provare ad immaginare quale futuro prossimo attenda il Napoli.
Le responsabilità di un gesto sciagurato
Sull’episodio in sé la nostra testata si è già abbondantemente espressa ma, come tra l’altro abbiamo già chiarito, avere il dito puntato contro i calciatori, non vuol dire esentare la società da responsabilità.
Una cosa è certa: si commetterebbe un errore clamoroso se si confinasse la scellerata diatriba alla questione legata ai tre giorni di ritiro. I malesseri hanno radici molto più profonde e, certamente, ad alimentarli, hanno contribuito tutti i protagonisti di questa storia.
Da un lato, Aurelio De Laurentiis, accentratore, egocentrico, sanguigno e pungente, forse vendicativo, insomma, non l’emblema della persona ideale con cui far valere le proprie ragioni.
Dall’altra, i calciatori, sovente privi di carisma, spesso fomentati da sibillini moltiplicatori di denaro senza scrupoli.
Ma, quella che può sembrare la sagra della sgradevolezza, non è altro che il normale gioco delle parti: da un lato, un Presidente intrattabile, egemone che fa dell’egoismo estremo il segreto del suo successo imprenditoriale. Dall’altra, una categoria di lavoratori a tempo determinato che cerca di monetizzare quanto più possibile, ovunque e alle dipendenze di chiunque sia. Tutto questo, ovviamente, poco c’entra con la passione dei tifosi, unico ingrediente prelibato di una pietanza diventata disgustosa.
I sintomi
Il primo segnale preoccupante ci è stato spedito da Aurelio De Laurentiis il quale, in tempi di strategie costruttive, mai avrebbe rilasciato dichiarazioni pubbliche così pungenti e offensive nei confronti dei suoi tesserati. Insigne a intervalli regolari, poi Mertens e Callejon, non sono stati a caso destinatari di così esplicite accuse: è palese che le esternazioni pubbliche del presidente non sono stato alto che la versione riveduta, abbellita e corretta di scontri molto più pepati vissuti a microfoni spenti.
Non ci vuole la palla di vetro per capire che il disaccordo sulle questioni economiche e contrattuali era totale ma, come dicevamo prima, anche questo rientra nella normalità delle cose. E’ sempre stato così, in qualsiasi epoca e in qualsiasi stagione, vincente o deludente che sia stata.
La sensazione è quasi che il Presidente abbia volutamente voluto tirare la corda fino a questo punto. Ipotesi suggestiva che, però, non trova riscontro nella logica: De Laurentiis non è stato mai amato dai suoi dipendenti che, a loro volta, sono sempre stati visti come lavoratori esosi, bramosi e ingordi. Sempre, abbiamo detto.
E allora perché la bomba non è mai esplosa prima?
Danni ingenti
Ci sentiamo di escludere – dunque – una mossa strategica del presidente. Non è ipotizzabile un’autorete di queste proporzioni, i danni generati da questo polverone sono ingenti:
- Comparto gestionale (presidente e allenatore) defraudati di autorevolezza e ridimensionati a impotenti marionette destinate a subìre un gesto assurdo senza precedenti;
- Valore dei calciatori depauperato: papabili acquirenti volete che non si soffermino sul danno che questi calciatori hanno causato alla società che ne detiene i cartellini?
- Stagione a rischio. Con una frattura interna così profonda il Napoli sarà capace di raggiungere gli obiettivi prefissati? Le prime dodici giornate di campionato lasciano davvero poco tranquilli.
Insomma, è un disastro. Uno scempio a cui ora bisogna in qualche maniera porre rimedio. La frattura è insanabile, anzi, le fratture, a partire da quella tra proprietà e guida tecnica. Comunque sia, solo a tempo debito (fine stagione) la pezza sarà sostituita dal vestito nuovo.
Scuse dei rivoltosi
Adesso il passo indietro devono farlo i calciatori: chiedere pubblicamente scusa per il gesto compiuto.
A formalismi, bacini e bacetti dispensati a destra e manca e palmi delle mani che rimbalzano su petti gonfi di presunto orgoglio, siamo già abituati. L’ennesima, magari ultima, sceneggiata per il bene di questo club, sarebbe cosa buona e giusta.
Ma, questi calciatori che hanno spesso lasciato soccombere il proprio talento sotto i colpi della fragilità emotiva, stavolta ne saranno capaci?