A noi non piace il modo con cui il Napoli si pone al mondo che lo circonda. Ci riferiamo all’alone di mistero che aleggia su ogni azione compiuta dal club di Aurelio De Laurentiis e alle sue uscite dialettiche, spesso imbarazzanti.
Ci riferiamo alle gaffe che soprattutto quest’anno si sono date alla pazza gioia, all’atteggiamento talvolta snobistico assunto nei confronti di chi ama questi colori ma anche a qualche scelta societaria non propriamente illuminante.
Cortesia deficitaria
Non vogliamo definirlo un atteggiamento maleducato, magari non lo è ma, perdere l’abitudine di presentare i propri tesserati, non ci sembra propriamente carino.
Ancora non abbiamo dimenticato la modalità di presentazione adottata allorquando è stato ingaggiato Cristiano Giuntoli. State spremendo e vostre meningi per ricordare di quale modalità si trattasse? Non perdete tempo inutile, non vi è stata nessuna modalità: semplicemente non fu presentato.
Ce lo siamo ritrovati a bordo campo così, all’improvviso, attaccato al suo cellulare. Forse è proprio da quel perpetuato gesto che capimmo che si trattasse di lui. Da allora il modus operandi della società partenopea ha avuto uno stile similare, apparentemente mistico, più realisticamente irrispettoso, altezzoso.
Anche per i calciatori è stato adottato il medesimo trattamento: nessuna presentazione ufficiale, le voci di mercato sono state direttamente seguite dal tweet presidenziale.
Certo, bisogna anche ammettere che le presentazioni, almeno fino a prima che si decidesse di abolirle, erano diventate la sagra della banalità (sia per qualità delle risposte che, talvolta, anche delle domande), ma era comunque bello imbattersi in un volto nuovo e scorgerne emozioni e sensazioni, a prescindere da quello che dicesse.
No. Niente da fare. I nuovi ingaggi siamo destinati a vederli direttamente in campo. E così sarà anche per i vari Demme, Lobotka, Politano, Rrahamani e Petagna.
Misteri di mercato leciti, programmatici molto meno
L’alone di mistero ci sta tutto nelle fasi di trattativa e, francamente, dobbiamo dire che il Napoli è sempre stato bravissimo a navigare sotto traccia. Ma la non esplicitazione dei programmi societari la troviamo una grave forma di mancato rispetto nei confronti di tutti gli appassionati. E’ un po’ come andare a teatro e non sapere al di là del sipario quali attori siano destinati a comparire.
L’ultimo biennio ancelottiano è stato disastroso da questo punto di vista. Giunto in città, a seguito dell’abbandono di Maurizio Sarri, la parolina magica è stata citata eccome. Tutti (Presidente, allenatore e calciatori) si sono aggrappati al sogno scudetto: desiderato, auspicato, esposto senza veli come obiettivo primario. E poi? Quando la barca ha cominciato a fare acqua da tutte le parti? Cosa ha detto la società? Niente. Assolutamente nulla. Ha saputo solo chiudersi in un inaccettabile e soprattutto infruttuoso silenzio.
A seguito dell’inconcepibile fuga di notizie perché la gente non ha avuto il sacrosanto diritto di sapere cosa stesse accadendo? Perché le falle clamorose apertesi nello spogliatoio non hanno dovuto avere pubblicamente un nome e un cognome piuttosto che essere interpretate, spesso, in maniera fallace?
I panni sporchi si lavano tutti assieme appassionatamente
L’aspetto grave dell’ammutinamento non è stato tanto l’ammutinamento in sé quanto, piuttosto, l’incapacità di risolvere le questioni all’interno dello spogliatoio evitando di far fare a comportamenti vergognosi il giro del mondo. A volte ci vuole un po’ di furbizia, di diplomazia, un po’ di buon senso: bastava darsele di santa ragione tra le mura di casa e comunicare al mondo esterno che, di comune accordo tra società, tecnico e calciatori, il ritiro era stato annullato. Il polverone non si sarebbe alzato.
Parlo o non parlo?
E come non ricordare la faccia di Lorenzo Insigne nel momento in cui viene interrotta dall’addetto stampa del Napoli l’intervista che stava rilasciando al collega della RAI?
Un misto tra chi è sorpreso, imbarazzato e divertito. Le successive scuse della Società azzurra ne certificano l’imbarazzante improvvisazione, una sconcertante non conoscenza dei regolamenti, insomma, un’inaccettabile dilettantismo che cozza terribilmente con l’attuale dimensione del Club.
Barca, quanto mi costi!
La questione sul caro biglietti per assistere a Napoli-Barcellona ha fatto discutere. Noi non ne facciamo una questione di giustizia. Perché è giusto. E’ giusto che il Napoli adoperi i prezzi che vuole che, tra l’altro, come esplicitato (stavolta almeno l’ha fatto) attraverso le parole di Alessandro Formisano, sono anche in linea con gli standard europei e con gli altri eventi di pari importanza.
Noi ne facciamo una questione di immagine, di biglietto da visita. Ok, lo stadio sarà pieno. Ok, i biglietti andranno a ruba. Tutti. Ma rimarrà il malcontento generale. Quei 70 euro per una curva resteranno un cazzotto in faccia per tutti coloro che avranno speso quella cifra. E allora ci chiediamo: è una buona mossa strategica agire così? Soprattutto in considerazione del fatto che, ormai, l’ingaggio ai botteghini rappresenta per una società di calcio solo l’8% del proprio fatturato?
Non sarebbe stata più produttiva un’operazione “simpatia” andando magari in contro ai tifosi azzurri in maniera più clamorosa?
Insomma, la comunicazione sembra essere il vero tallone di achille della società di Aurelio De Laurentiis. Al di là delle mosse strategiche poco condivisibili non ci piace il modo con cui viene trattata la vera linfa che tiene in vita questo mondo: i tifosi.
La società spesso tace. Tace e basta. Senza diversificare i silenzi, quasi mostrando la faccia scorbutica di chi non ha bisogno di te.
Siamo dinanzi ad una perpetuata forma di presunzione?