Premiamo il tasto “rewind” e torniamo a dicembre: chi avrebbe detto che il Napoli avesse qualche speranza di uscire dal pantano? E proprio quando non c’era più la voglia di crederci, è arrivato lui, Ringhio Gattuso, quello che ai mondiali del 2006 non si era mai fermato in campo, dimostrando grinta, carattere e determinazione fino al momento in cui ha sollevato la Coppa.
Gli è stata proposta una sfida, quella di riesumare un cadavere. Ebbene, il nostro “Signor Nessuno”, testa bassa a lavorare, concretezza e realismo allo stato puro, sta andando contro ogni forma di pregiudizi: non solo quel cadavere lo ha riesumato, ma lo ha messo in piedi e lo sta facendo correre.
Partito da zero, subentrato a un modus operandi completamente diverso dal suo e in una squadra che aveva cucito qualcun altro, ha permesso di totalizzare 18 punti. Pian piano la classifica ha ripreso a sorridere.
Delle ultime 8 partite, fra campionato e Coppa Italia, il Napoli ne ha vinte 7, riuscendo a sovrastare anche Inter e Juventus. E nonostante il pareggio, nessuno si sarà sentito insoddisfatto anche della partita contro il Barcellona, in cui è emerso il grande lavoro fatto da Gattuso in campo e, soprattutto, nella testa dei giocatori, finalmente hanno ritrovato autostima e certezze.
Il suo stile comunicativo è parte del successo sul campo: diretto, orientato al dialogo, capace di stimolare tutti il più possibile, perché, come sostiene il mister stesso, “nei 90 minuti c’è bisogno di positività, trasmessa con fiducia e sostegno”. Al suo arrivo i giocatori erano tutti sullo stesso livello e ognuno si è conquistato il suo posto in campo, lasciando al vento i più recenti capricci.
Il primo segnale di cambiamento si è avuto senza ombra di dubbio nelle scelte tattiche: con decisione e coerenza Gattuso predilige il 4-3-3 e riesce a valorizzare in modo efficace i suoi giocatori, se non altro perché nel triennio precedente rispetto alla gestione Ancelotti molti di essi hanno reso al meglio con quel sistema di gioco.
Manolas, promesso compagno di Koulibaly, ha trovato una sorprendente alchimia con Maksimovic: una difesa robusta, che consente agevoli ripartenze agli attaccanti e il cui modo di giocare alla lunga ha finito per migliorare sensibilmente anche lo stesso difensore serbo, che con l’attuale allenatore della Juve non ha mai avuto un particolare feeling.
Di Lorenzo è stato preso per alternarsi con Hysaj e Malcuit, ma in pochi mesi è diventato un jolly imprescindibile, impiegato con ottimi risultati su entrambe le fasce e al centro della linea a quattro. Mario Rui, al contrario, ha trovato giovamento nel momento in cui si è capito che per Ghoulam i tempi di recupero si sarebbero allungati: le prestazioni sono migliorate costantemente quando ha iniziato a comportarsi da padrone indiscusso di quella fascia.
Cosa dire di Insigne? Nessuno ha mai sostenuto che fosse un fenomeno, ma lo status di talento tra i migliori del calcio tricolore non glielo toglie nessuno. Il suo essere così dimensionato tatticamente, rendendo sempre al massimo da esterno sinistro in un tridente d’attacco, non poteva che portare Gattuso all’unica conclusione possibile: basta fronzoli tra la trequarti e il ruolo di quarto di centrocampo. Ed ecco che Lorenzo ha ricominciato a sfoggiare prestazioni e dialettica da capitano, ciò che davvero è mancato al Napoli nei mesi bui e di cui l’ambiente aveva maledettamente bisogno.
Volendo delineare i tratti della squadra rispetto al timing di gioco, il Napoli di Gattuso è maggiormente incisivo nei primi 15 minuti, per poi abbassare le difese sino a fine primo tempo; nel secondo tempo invece, come la Fenice, risorge dalle ceneri e riesce finanche ad entusiasmare e, non a caso, i gol numericamente sono concentrati in questa fase della partita. A onor del vero la tendenza a giocarsi il tutto per tutto dopo il 76esimo minuto sembra essere una caratteristica della squadra, a prescindere dall’allenatore. Il problema dei gol subiti della gestione Gattuso si può attribuire al fatto che la partenza non è stata affatto agile, poiché per condizioni sia fisiche sia mentali i giocatori avevano un rendimento modesto. Anzi, considerando i pochi mesi di lavoro del nuovo mister e i risultati ottenuti, si può affermare che Ringhio stia facendo un lavoro eccellente.
Certo, all’appello mancano ancora prove convincenti contro squadre di caratura inferiore, le gare interne contro Fiorentina e Lecce sono due esempi evidenti: in quelle circostanze bisogna essere per forza di cose meno prudenti e osare con maggiore convinzione. Le sconfitte possono essere imputate a singoli episodi – come un contropiede subito – o ad un equilibrio generale che in qualche circostanza tarda ancora ad arrivare.
Tuttavia, numeri alla mano, ci sentiamo di essere fiduciosi per questo scorcio finale di stagione, tenendo a mente che il Napoli è in ancora in corsa per tutti gli obiettivi.
Il nostro secondo tempo comincia da qui. Tutto quello che sarà, è ancora da scrivere.