Aspettarsi un epilogo diverso avrebbe significato scrivere la parola fine al campionato di calcio di serie A.
Dinanzi ad una sentenza capovolta voi cosa avreste fatto domani mattina nei panni dell’Inter? Ve lo diciamo noi: avreste fatto in modo che l’ ASL locale intervenisse e vi proibisse di raggiungere San Siro per lo svolgimento della gara con i cugini milanesi. Sarebbe stato sicuramente meglio giocare il derby recuperando le sei pedine fuori per Covid19, non vi pare?
Ordunque, la sentenza di stasera era tristemente annunciata.
L’art.55 delle NOIF
“Il Giudice è chiamato a valutare unicamente l’eventuale sussistenza dei motivi di forza maggiore in ordine alla possibile non applicazione delle sanzioni del 3-0 a tavolino e del -1 in classifica come previsto dall’art. 53 NOIF. È pertanto preclusa ogni valutazione sulla legittimità di altri provvedimenti quale per esempio quello dell’Asl”.
E il Giudice così ha fatto. Si è attenuto a quelle che sono le sue competenze. Il Napoli non si è presentato e non gli interessa minimamente il perché. Giusto.
Quello che sorprende – e non poco – sono le motivazioni che la sostengono:
L’ispezione dei documenti
“Il Giudice Sportivo ha analizzato il carteggio del Napoli con le autorità sanitarie locali. Nello specifico, il 2 ottobre veniva comunicato in maniera chiara e inequivocabile che la responsabilità nell’attuare i protocolli previsti dalla FIGC per il contenimento dell’epidemia da Covid-19 è in capo alla S.S.C. Napoli e pertanto l’Azienda non ha alcuna competenza”.
E grazie al cavolo. A calcio ci gioca il Napoli, mica l’ASL? E’ ovvio che dovesse essere il Napoli a rispettare il protocollo. Ma, dire che l’Azienda (ASL) in merito non ha alcuna competenza, non vuol dire sconfessare linea guida emanate dal medesimo protocollo?
Ma il passaggio ancora più discutibile (almeno giuridicamente) ancora deve venire. Il Giudice sportivo giudica “non incompatibili con l’applicazione del Protocollo” le ulteriori richieste di chiarimenti da parte della S.S.C. Napoli, in cui si pone il problema della sostenibilità della trasferta a Torino.
In sostanza il Giudice dice: caro Napoli, voi avevate delle perplessità e va bene. Ma questi dubbi non avrebbero addirittura dovuto mettervi nella condizione di decidere di non partire. E fin qui, ci sta. Perché il Napoli, seppur timoroso e perplesso, in mancanza di disposizioni da parte di chi di dovere, sarebbe dovuto partire e avrebbe dovuto presentarsi allo Stadium.
Il gomitolo si aggroviglia qui:
Soltanto alle 14.13 del 4 ottobre, cioè il giorno della gara, l’Asl indica non sussistenti le condizioni che consentano lo spostamento in piena sicurezza dei contatti stretti. Tuttavia, pur evidenziando il possibile conflitto tra il provvedimento dell’Asl e il protocollo FIGC, il Giudice Sportivo ritiene che la causa di forza maggiore non sussista. Il Motivo?
Perché, evidenzia il comunicato, “i primi segnali che giungevano dalle Autorità apparivano obiettivamente non ostativi all’applicazione del Protocollo e dunque all’effettuazione della trasferta”.
Nel momento in cui arriva “l’ordine dell’Autorità”, cioè la già indicata nota dell’Asl del 4 ottobre alle 14.13, “la prestazione sportiva del Napoli (che fin dalla sera precedente aveva proceduto a disdire il viaggio aereo programmato con apposito charter) era nel frattempo oggettivamente divenuta di suo impossibile”.
In buona sostanza, il “divieto” dell’Asl sarebbe giunto, secondo il Giudice Sportivo, nel momento in cui il Napoli già non aveva, per un sua negligenza, la possibilità di giocare la gara con la Juventus, vanificando il susseguente atto dell’Asl come causa di forza maggiore.
Questo è il passaggio fondamentale, perché il Giudice in buona sostanza dà torto agli azzurri sia giuridicamente che moralmente.
Diciamoci la verità, Il Napoli, in questa occasione, non è riuscito a scrollarci dalla fronte l’etichetta di furbacchioni che spesso impropriamente abbiamo.
Disdire un volo il giorno prima della gara – di fatto – ha lasciato intendere la volontà di non partire. E questa, in mancanza di una proibizione ufficiale dell’Ente Sanitario Locale, non è una bella cosa. Il Napoli ci ha provato, non vi è dubbio.
Ma da questo punto moralmente non eccepibile ad una condanna basata su fatti certi ed acclarati, ce ne passa. Il Napoli – teoricamente – se l’ASL non si fosse espressa, avrebbe avuto tempo e modo per presentarsi a Torino.
E allora gli azzurri perché hanno perso la partita a tavolino e subìto un punto di penalizzazione? Per aver dato l’impressione di non voler partire?
Come fa il Giudice sportivo a prevedere un Napoli assente allo Stadium qualora la nota ufficiale dell’ASL non fosse arrivata? In fondo, non partire in quel caso avrebbe significato sicuramente perdere la gara ed essere penalizzati.
La sentenza, dunque, si baserebbe su un mero processo alle intenzioni.
In una faccenda in cui sembra non uscirne pulito nessuno, dinanzi a quella che ha tanto le stimmate dell’ennesima storiaccia all’italiana, ci chiediamo: si può condannare un’intenzione? E se diventasse un assist al Napoli per capovolgere agevolmente la sentenza?