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Partenopeismi

Quel palco ci ha confermato chi è e cosa rappresenterà per il Napoli

Carlo Ancelotti si presenta sul palco allestito a Dimaro per la presentazione della squadra con il sopracciglio sempre in allenamento, nessun sorriso, nessuna parola. Poi, si allontana da chi lo aveva annunciato e si pone dinanzi ai suoi ragazzi, quasi a volerli proteggere.

Più ci pensiamo e più tocchiamo con mano un paradosso: questi ragazzi, che ormai ragazzi non lo sono più, sono arcinoti, ricchi e famosi, calpestano palcoscenici importanti e reggono pressioni disumane. Eppure, quel piccolo palco allestito in piazza Madonna della Pace a Dimaro, li mette a nudo, li sveste di ogni corazza e li mostra nella loro tenera fragilità.

Li si vede in fila intimoriti, li si vede cercare il fondo del palco come si fa a scuola per sfuggire allo sguardo del professore. Non proferiscono parola, ma gli si legge in faccia che non vedono l’ora di scendere le stesse scalette da cui erano saliti. I riflettori puntati su di loro emanano luce che scotta, l’ idea di non essere protetti dal politichese che di solito ingessa e confeziona le loro dichiarazioni li terrorizza.

Insigne, Verdi e Diawara i più sfrontati, forse gli unici. Hamsik, agli emozionanti cori di incitamento che si elevano dalla piccola piazza trentina, arrossisce come un bambino. Quando lo si invita a cantare, accetta, forse perché rifiutarsi sarebbe stato davvero brutto. Allan e Mario Rui, invece, della figura non propriamente carina se ne sono fregati e agli inviti dei compagni per ballare e cantare hanno perseverato ribadendo un secco “no”.

Della performance danzante di Koulibaly si ricorda più l’insistito applauso alla folla che i passi del ballo. Subito dopo lo si è visto sparire nell’oscurità del fondo.

La conclusione è spontanea: quella del Napoli è una squadra timida, senza cazzimma, buona, forse troppo. Queste banali circostanze lo evidenziano in maniera inequivocabile.

Quando il sopracciglio di Carlo si è, però, messo in posizione OFF, il mister è salito in cattedra. Battute ironiche, un parlare bello perché semplice, entusiasmante perché vero. Ma soprattutto il mister ha dato l’esempio: quando ha cantato in maniera inenarrabile “I migliori anni della nostra vita”, non solo ha voluto lanciare un buon auspicio al futuro del suo Napoli, ma ha soprattutto dimostrato coraggio, sfrontatezza, leadership. Quello che mancava al Napoli.

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Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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