Sette anni. L’ottavo iniziato. 127 gol. La stessa maglia.
Se a questo aggiungiamo l’aver battuto per numero di gol nientemeno che il Pibe de Oro e Hamsik, e un rapporto speciale con città e tifoseria, si può senza errore affermare che Dries Mertens sia, ancora, l’uomo giusto, al momento giusto, nel posto giusto.
Il folletto belga, ormai praticamente più napoletano che belga, è, da quel lontano 2013, il punto fermo di una squadra che, come tutte, ha visto evoluzioni ed involuzioni, periodi di luce e di buio, godendo comunque di una presenza, la sua, pressoché costante e determinante, sia sul campo che fuori.
Ufficialmente attaccante, grazie alla duttilità e l’abilità nel dribbling, è stato utilizzato come trequartista e prima punta, nell’ormai celebre esperimento sarriano che lo ha, a suo, tempo, incoronato come “Falso Nueve”.
Mertens in sette anni ha dimostrato una capacità realizzativa impressionante, uno spiccatissimo senso del gol e una generosità da assist-man che ha permesso ai compagni di squadra di finalizzare in molteplici occasioni.
Un tipo che piace Dries, o Ciro, per dirla alla napoletana.
Piace sul campo, lo abbiamo detto, e piace fuori dal campo.
L’aria da simpatica canaglia, il sorriso stampato in volto, la facilità con la quale è riuscito a ritagliarsi un posto nel cuore di una tifoseria, quella partenopea, capace di dedicare ogni centimetro di sé ai propri idoli in maglia azzurra, ancor più a chi dimostra poi, nel tempo, un attaccamento anche alla città, che si sa, è imprescindibile dallo stesso tifo, salvo pochissime e sparute eccezioni.
Anche i social aiutano in questa sorta di “operazione simpatia”, come si è potuto notare nell’arco di questi anni.
Post, stories, eventi vari sia corali che personali, momenti di vita vissuta condivisi con una straordinaria naturalezza, ne hanno fatto un beniamino e un “vestito buono” da indossare in ogni occasione, un biglietto da visita con i bordini in rilievo o in carta d’Amalfi.
Un giovanotto a cui forse si può perdonare tutto, o quasi tutto. Per qualcuno pure l’ormai celeberrimo ammutinamento del 5 novembre 2019 post Napoli – Salisburgo, di cui si è detto tutto e il contrario di tutto; ammutinamento del quale Mertens è stato più volte additato come “capopopolo”, insieme ai “seniores” della rosa azzurra.
Una verità sull’episodio che, in fondo in fondo, forse non sapremo mai ma che, in qualche modo, ha scosso dalle fondamenta tutta la squadra e certamente anche la società, alla luce poi degli eventi successivi.
Che sia stato o meno alla testa del “fattaccio”, Dries/Ciro non ha visto più di tanto scalfita la sua fama di scugnizzo oltre che di giocatore fondamentale per la squadra. A rinnovo poi raggiunto a giugno, in piena pandemia e con l’incognita della ripresa delle competizioni per la stagione 2019/2020, e sempre a giugno la conquista della Coppa Italia ai danni della Juventus, hanno dato un’ulteriore sferzata d’amore collettivo, semmai ce ne fosse stato bisogno, al n. 14 azzurro.
Sarà a Napoli, del Napoli e di Napoli fino al 2022, con tutto ciò che di buono ne conseguirà. Intanto, ad ottavo anno iniziato, vanta già due gol in due partite e una padronanza ormai inarrestabile del terreno di gioco.
Se poi ci mettiamo anche le “lezioni di esultanza” post gol, date con solerzia al neo acquisto Victor Osimhen, l’opera è in definitiva completa. Si attendono solo altre grandi cose, intoppi da pandemia e dintorni permettendo.
Sette anni per farsi amare, per sentire gridare a squarciagola il proprio nome dopo un gol (tempi belli del San Paolo), forse per farsi perdonare qualche leggerezza (vedi sopra) ma per dimostrare sempre e comunque la straordinaria valenza da big del campo, necessariamente egoista e implacabile quando serve ma presenza vigile e pure generosa per i compagni, all’occorrenza
Insomma, Mertens pare ancora essere per tutte queste ragioni, l’uomo giusto, al momento giusto, nel posto giusto.
Napoli, ovviamente.