A tutti può capitare di leggere una barzelletta che non fa affatto ridere. A noi è successo ieri sera.
La Regione Campania non consente al Napoli di raggiungere Torino e spedisce la comitiva azzurra in isolamento fiduciario non consentendo al Napoli, di fatto, di raggiungere Torino, sede della gara con la Juventus;
la Lega Calcio conferma lo svolgimento della gara, avendo già emanato un protocollo attualmente in vigore (seppur discutibile);
la Juventus, non avendo ricevuto di fatto alcuna variazione di programma dall’ente di riferimento (Lega calcio), attende gli azzurri in campo alle 20,45.
Qui, a sgretolarsi sotto i colpi della deficienza umana, non è solo il gioco del calcio ma la credibilità di menti pensanti che di pensante hanno solo la presunzione di esserlo. Al di là del pallone, sono mesi che stiamo assistendo – e sicuramente anche subendo – decisioni spesso incomprensibili, dettate da enti e smentite da altri. Abbiamo assistito ad uno spezzatino legislativo senza precedenti con un’Italia divisa che ha fatto ribollire il sangue nella tomba a Vittorio Emanuele II, oltre che il nostro.
Partiamo da una domanda semplice semplice: la Regione Campania ha il diritto di spedire gli azzurri in isolamento fiduciario? La risposta è piuttosto articolata. Secondo l’articolo 117 della Costituzione, laddove dice che la potestà regolamentare spetta alle Regioni nelle materie di potestà concorrente come la tutela della salute, lo Stato non potrebbe adottare atti amministrativi di indirizzo e coordinamento in questo ambito.
Abbiamo detto potrebbe. Perché ci pare che qui entri in gioco un intreccio di competenze che non può certo marginalizzare l’intervento diretto dello Stato. Basti ricordare che è proprio lo Stato a fissare i principi fondamentali in materia di salute, mentre alle Regioni spetta la normativa di dettaglio, secondo la logica di quella che viene definita tecnicamente “potestà concorrente”. Con legge statale si possono mettere limiti alla libertà di circolazione per motivi di “sanità o di sicurezza” (Costituzione, articolo 16). È sempre lo Stato che fissa i livelli essenziali delle prestazioni. Ed è ancora lo Stato che ha competenze esclusive in tema di ordine pubblico, sicurezza, tutela ambientale e profilassi internazionale.
Insomma, spetta alle Regioni decidere ma lo Stato – volendo – può intervenire nel rispetto del principio di “leale collaborazione” tra Stato e Regioni che la giurisprudenza costituzionale ha tante volte richiamato come criterio essenziale per sciogliere casi di “intreccio di competenze”.
E allora perché la Regione Liguria non è intervenuta a seguito delle positività di Perin e Schone, impedendo al Genoa di partire per Napoli?
E ancora: perché lo Stato non è intervenuto affinchè a livello nazionale venisse adottato un criterio unico?
In tutto questo caos la Lega Calcio dispone e impone un protocollo univoco per tutti. La partita si farà. Il protocollo parla chiaro: non vi sono gli condizioni per rinviare la gara. Ma come si fa a diramare un regolamento unico per tutti se poi si lascia ad altri organi competenti la soggettività di disposizioni impari da Regione a Regione?
Lo stile Juventus
In questo caos senza fine la chicca è bianconera. Il silenzio, a volte, ti rende davvero signora. Cosa ha voluto dirci la Juventus con questo Tweet? A noi è sembrato un inutile affronto, una inutile caduta di stile. In campo ci sarebbe potuta scendere comunque, rispettando il caos generale e, soprattutto, la posizione di un club che avrebbe tanto voluto affrontarla ma che è stata vittima di un groviglio legislativo senza precedenti.
Lo vogliamo dire senza mezze misure: il calcio è ripartito perché doveva ripartire, non perché poteva ripartire. Le condizioni di sicurezza per farlo non vi sono mai state ma non vi è mai stato nemmeno il coraggio di staccare la spina a uno dei motori più potenti dell’economia italiana. Si è fatto un po’ come per la scuola pubblica o, forse, come un po’ tutto in questo Paese: noi vi facciamo ripartire poi se il meccanismo si inceppa non è colpa nostra.
E il meccanismo si è inceppato, ovviamente. E si è inceppato presto, molto presto. L’illusione ha persuaso molti, a noi è bastato leggere il protocollo per capire che così sarebbe finita.
Adesso la riflessione è amara, molto amara. Ci spiegate che senso ha un campionato così? Un campionato in cui le defezioni non sono dettate dai soliti, inevitabili e per certi versi anche affascinanti infortuni di gioco ma per la conta di tamponi positivi al coronavirus? Qualcuno saprebbe spiegarci il presunto senso di giustizia presente nell’affrontare gare che assegnano tre punti privi delle gesta tecniche di calciatori assenti perché positivi ad un tampone?
Reazione a catena è un simpatico gioco a quiz proposto da Rai Uno, non può essere la sequenza interminabile di defezioni da coronavirus che invade il campionato e lo rende il torneo più ridicolo della storia del calcio.