Pensiamo che solo con la tecnica, il giocare bene possiamo vincere. E’ da tempo che succede.
Caro Gennarino, è da tempo? Noi manco ci ricordiamo più da quanto tempo…
Tu hai definito la tua squadra presuntuosa e forse hai ragione. Certo, hai usato parole un po’ più morbide, vestite con meno stracci, ma il concetto quello è. Ed è grave.
Sono anni che vediamo lo stesso film. Ci siamo un po’ scocciati. Caro Gattuso, prima di te sulla panchina azzurra si sono seduti altri tuoi colleghi, anche molto stimati. Eppure, la storia era sempre la stessa. Ce la siamo dimenticarti la famosa partita di Firenze persa in albergo?
Lì ci abbiamo rimesso uno scudetto, altro che i tre punti!
Siamo incazzati, si, lo siamo. Perché la sconfitta diventa meno indigesta quando in campo si è sputata l’anima. E, purtroppo, in questa squadra, il processo di espulsione dell’anima dal corpo umano va a corrente alternata. Quei primi minuti di gioco, stucchevoli e col piede non pigiato a fondo sull’acceleratore, visti e rivisti non sappiamo più quante volte, ci hanno stufato, ne siamo diventati allergici.
Ancor di più per il fatto che – per bocca dello stesso Gattuso – dipendano da una inconscia presunzione, quasi a voler dire: vabbè, sono bravo, vinco lo stesso.
Vinco lo stesso?
Ma questi calciatori il tabellino a fine gara se lo vanno a vedere oppure passato il santo è passata la festa?
Ci state autorizzando a pensare che al triplice fischio finale per voi il capitolo calcio si chiude e chi se ne frega della sconfitta?
Non è concepibile assumere ciclicamente questo atteggiamento e non comprenderne le catastrofiche conseguenze.
Parliamo di conseguenze catastrofiche non perché il Napoli sia ultimo in classifica ma per il fatto che in un campionato per il momento senza padroni conclamati ci fa male non poter dire la nostra con questo potenziale tecnico a disposizione.
Vero è che il Milan è lì, più saldo che mai, sicuro e tranquillo su di uno zoccolo duro che si chiama consapevolezza, ma è pur vero che è una squadra che non vince da anni, che non è più abituata a farlo, che dipende quasi imprescindibilmente da un mostro sacro che manco vogliamo nominare per timore di essere irriverenti.
Per non parlare – poi – delle altre. Il Sassuolo è una favola che però tornerà nella sua dimensione. L’Inter balbetta e ribalta, spesso al photofinish. La Juve solo con Cagliari ha mostrato tracce di sé. Ma siamo all’ottava giornata.
Potevamo noi essere in testa, ecco. Questo ci fa rabbia.
Sarebbe bastato non stringerci al collo il cappio, quel papocchio, quell’assurdo intreccio tra ASL e protocolli del piffero; sarebbe bastato – forse – buttare il sangue dal primo all’ultimo minuto in tutte le gare fin qui disputate.
Adesso preferiamo guardare avanti e non indietro. Anche se, per vedere la brutta gara di ieri sera, purtroppo, basta una piccola torsione della testa.
La sintesi è estrema: Politano l’unico ad avere gamba. L’unico che andava il doppio degli altri. L’unico che ha palesato quella rabbia agonistica che avremmo voluto vedere in tutti. A prescindere dal fatto che la sua fatica non si sia tramutata in punti.
Inutile parlare di numeretti, di moduli, di piccoletti o spilungoni. Senza cazzimma si vivacchia e niente più.