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Partenopeismi

Marek, un calcio ai soldi

A partire dagli anni Novanta il calcio ha subìto una mutazione genetica da cui è uscito trasformato sia in termini culturali che economici. L’ex grande rito identitario di massa si è convertito in uno spettacolo di portata globale, caricato di significati diversi rispetto a quelli agonistici. Molti attori si son ritrovati a recitare in un cast costituito da business e scarse resistenze. Sollecitato dalla pressione verso la  modernizzazione, il calcio si è scoperto facilmente permeabile da soggetti accomunati dalla voglia di fare del gioco una macchina da soldi.

Con l’inizio del ventunesimo secolo il meccanismo è stato messo a punto ed ha trovato condizioni favorevoli per diffondersi e legittimarsi. La situazione odierna parla di interi subcontinenti in cui il calcio è sotto il controllo di attori economico-finanziari esterni al calcio stesso: fondi d’investimento con sede legale presso disseminati paradisi fiscali, oligarchi ansiosi di investire ingenti somme di denaro, potentissimi agenti capaci di controllare eserciti di calciatori e allenatori impegnati presso i campionati d’ogni angolo del mondo.

Dagli anni ’90 in avanti  il ruolo del procuratore si è diffuso sempre più creando un’industria planetaria legata a doppio filo ai destini del calcio. Da quando i procuratori sportivi hanno iniziato a guadagnare una percentuale sulle cessioni dei propri assistiti le compravendite si sono moltiplicate così come le richieste di adeguamenti contrattuali, ventilando gli spettri di offerte allettanti e del rischio di svincolo a parametro zero.

Il ruolo degli agenti, dunque, è diventato chiaro: più si riesce a far guadagnare  un assistito, più altri ne arriveranno. Più assistiti ha un  procuratore, maggiore è il suo potere sulle società.

Ecco spiegato perché negli ultimi anni si sono quintuplicati i trasferimenti dei calciatori da una società all’altra. Alle spalle di presunte dichiarazioni d’amore per colori sociali o bandiere, vi sono sempre state calcolatrici milionarie e calcoli di percentuali. Conteggi ed alchimie matematiche finalizzati all’ottenimento di introiti sempre più corposi, come quello impresso nella storia degli scandali morali che riguarda Jorge Mendes, procuratore sportivo di fama mondiale che nel momento in cui fece firmare a Cristiano Ronaldo il contratto che lo ha legato al Real Madrid ha guadagnato oltre 5 milioni di euro.

Inutile sottolineare, dunque, come questa situazione faccia si che gli agenti insistano con le società per creare clima di tensione tra le parti, invogliando e favorendo le cessioni, le spaccature e la voglia dei calciatori di cambiare aria.

Una situazione cercata e voluta, ma anche una realtà che irrita e disgusta. Un indotto economico importante, che va alimentato sempre, come un pozzo senza fondo, come un abbeveratoio da cui attingere voracemente, e in maniera sempre più corposa.

Ed è così che il “Toc Toc, permesso?” Sembra esser diventato il ritornello più ridondante e fastidioso che sono costretti a subìre i Presidenti delle società di calcio. De Laurentiis in testa.

In tanti si presentano negli uffici della Filmauro chiedendo un colloquio con il Presidente. Il lavoro del procuratore, cioè negoziare, per conto degli atleti, i contratti con le società sportive ottenendo, in cambio, una percentuale dell’ingaggio, ha varcato i limiti di una decenza morale e quelli del rispetto degli accordi.

Se al contratto stipulato tra società di calcio e tesserato fa seguito una disastrosa stagione sportiva, l’atleta in questione, con al seguito il mortificato agente, si cela dietro un religioso silenzio, ed incassa, come da contratto, ciò che gli spetta. Se, viceversa, segue una stagione brillante e ricca di successi sportivi, allora ecco che la spedizione in casa di chi elargisce danaro parte irruenta.

E se la società, la piazza, i tifosi, hanno la bravura e la fortuna, di vivere una stagione esaltante come quella appena conclusa dal Napoli, fuori la porta presidenziale si affollano i procuratori e fioccano richieste di aumento di ingaggio.

Chiariamo anche un altro concetto: nella stragrande maggioranza dei casi, non sono dunque i calciatori a spingere affinchè si cambi casacca, ma i loro procuratori. Quando si raggiungono certi livelli di professionismo la differenza economica tra 2 milioni di euro e 3 milioni quasi non la si avverte. Analizziamo uno dei casi più eclatanti del panorama calcistico mondiale, quello di Zlatan Ibrahimovic. Il fuoriclasse svedese dal 2001 ad oggi ha sottoscritto i seguenti contratti:

STAGIONE SQUADRA INGAGGIO LORDO
2004-2006 JUVENTUS 1,7 MILIONI
2006-2009 INTER 4,5 MILIONI
2009-2010 BARCELLONA 12 MILIONI
2010-2012 MILAN 8 MILIONI
2012-2016 PSG 18 MILIONI

Dalla tabella si evince chiaramente che il calciatore dal 2009, anno del suo arrivo a Barcellona sino ad oggi non ha aumentato la media del suo ingaggio faraonico. Ibrahimovic dal 2009 ad oggi ha prolungato il suo contratto ogni due anni, ma la media di guadagno lordo è rimasta fissa sui 12 milioni di euro. Nonostante ciò, il suo procuratore ha guadagnato per tre operazioni, passando per i trasferimenti dello svedese dal Barcellona al Milan e dalla società di Berlusconi a quella del PSG.

Insomma ben venga il ruolo di un intermediario, ma se la presenza dello stesso devo rendere instabili umori e permanenze allora siamo in presenza di una problematica seria.

Probabilmente il mondo dei procuratori andrebbe regolamentato con leggi più rigide che possano limitarne l’ingerenza con le società e con i progetti tecnici. Dovrebbero esistere tetti massimi di percentuali per i proventi dalle cessioni altrimenti il rischio è di ritrovarsi al più presto con un gruppo di uomini in giacca e cravatta che giocano a scambiarsi le figurine. In presenza di un’ industria che sembra sempre meno un gioco, sarebbe proprio il caso di agire in questa direzione.

Anche in casa Napoli, l’innalzamento qualitativo delle prestazioni e delle posizioni della squadra ha aizzato l’esercito dei procuratori. Da quello di Mertens a quello di Insigne. Da quello che cura gli interessi di Koulibaly per finire con quello di Marek Hamsik.

Ma lo slovacco, che resiste alle pressioni del suo agente da anni, probabilmente ha realizzato il gol più bello con la maglia azzurra tirando un calcio ai soldi.

 

About author

Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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