“Klassen rifiuta Napoli”. “Klassen ad un passo dal Napoli”. “Lapadula sceglie Napoli”. “Lapadula preferisce la Juve”. “Zielinski vuole il Liverpool”. “Napoli, si chiude per Zelinski”.
Non sono il frutto di un mente bipolare ma molto più banalmente fronzoli di verità travestiti da enfasi. Ognuna di questa trattative è una storia a se, ognuna si è mossa, o ancora si muove, all’interno di binari aventi facce e storie diverse.
Il Napoli ha le idee chiare. Pianifica, sonda, valuta.
Una cosa è certa, i partenopei si muovono all’interno di parametri molto rigidi, alle spalle di ogni operazione vi sono le esigenze di bilancio, conti da far quadrare, sempre. Il Napoli non deve e non vuole conoscere il significato della parola “debito”, che considera il viatico, nel breve o lungo periodo, che porta dritto verso il terrificante scenario del fallimento.
Sgombriamo dunque subito il campo da un equivoco: il Napoli al mercato non vi arriva mai impreparato. Sul tavolo delle operazioni vi sono sempre i bozzetti preliminari di quelle che si spera un domani possano diventare opere d’arte. E ve n’è sempre più di uno.
I disegni preparatori sono tanti, ma solo in pochi prenderanno forma. In tempo di mercato, quindi, contattare l’entourage di un calciatore non significa volerlo necessariamente ingaggiare. Richiedere informazioni su di un tesserato non equivale a volerne obbligatoriamente acquisire le prestazioni professionali.
La finalità è una soltanto: acquisire il calciatore che corrisponde e risponde ai parametri economici e tecnici di cui hanno bisogno società e squadra, limitando al massimo gli esborsi. Una società efficiente lavora così.
Un percorso non semplice, un tragitto lungo, articolato, spesso difficoltoso. Una giungla fatta di richieste, rifiuti, offerte, rilanci, ma anche bluff e silenzi. Il mercato, che piaccia o meno, è questo. Ma spesso lo si dimentica. Con troppa disinvoltura si fa scivolare il Napoli lungo la liana che ne determina l’ipotetica efficienza. Il Napoli non si definisce grande se piazza il sensazionale colpo di mercato, ed allo stesso modo non si ritiene fallimentare qualora non riuscisse ad arrivare ad uno degli obiettivi prefissati. Il Napoli risulterà essere una società all’altezza solo se sarà in grado di programmare e pianificare la macchina operativa in maniera tale da accrescere nel tempo il valore della società stessa e dei suoi tesserati.
Dunque, la società di De Laurentiis può essere considerata una società di livello?
In virtù di tutto quanto fatto negli ultimi anni, decisamente si. E allora del Napoli bisogna fidarsi. Perchè andare a cercare per forza il capro espiatorio di seguito ad una negazione? Perchè colpevolizzare la S.S.C Napoli (e Napoli), magari evidenziandone pure le negatività, per giustificare il rifiuto di qualche calciatore?
Il Napoli deve scrollarsi di dosso l’etichetta che lo provincializza e rende inferiore al cospetto di qualcuno o di qualcosa. Se taluno calciatore rifiuta Napoli è perchè alla base della scelta c’è un uomo che in poche settimane deve stravolgere la sua vita e quella dei suoi familiari, deve inclinarsi verso le prerogative più consone alla sua esistenza, al suo modo di essere, alle sue abitudini.
I calciatori monitorati dal Napoli sono tutti appartenenti alla stessa fascia, e cioè quella di coloro che reduci da un’ottima stagione nelle rispettive squadre sono pronti a fare l’auspicato “salto di qualità”. Soprattutto in termini economici. Sono tutti calciatori il cui ingaggio può lievitare dalle “ceneri” ad una fascia compresa tra gli 1,5 fino a 2,5 milioni di euro circa.
Salvo casi eccezionali, dunque, la differenza tra l’offerta formulata dal Napoli e quelle delle sue concorrenti, non è mai tale da giustificare il fallimento di una trattativa, non sono i 100.000 euro a fare la differenza.
Il problema dunque non esiste.
E non dovrebbe esistere nemmeno la scia di rancore che accompagna ogni rifiuto della casacca azzurra. Il Napoli è in cima al calcio italiano e per accrescere ulteriormente la propria dimensione non apre più le porte al calciatore che vede Napoli come un sogno irrinunciabile, ma a chi ha dinanzi a sè più di un orizzonte prestigioso.
Klaassen avrà preferito la maglia a cui è affezionato da bambino, Vrsaljko il ruggito del “cholo” Simeone, Lapadula vorrà far prevalere la sua smisurata voglia di essere titolare, Zielinski forse non riesce a rinunciare al fascino del calcio inglese Ove risiede la motivazione per cui ripudiare questi professionisti?
Soltanto la nostra piccolezza e la radicata convinzione di essere sempre secondi può essere causa scatenante.
E allora l’accettazione serena è forse la strada più consona alla maturità. In bocca al lupo a tutti coloro che vedono Napoli come una pallonata in volto.
Napoli continuerà a vivere, e lo farà ai piedi della sua unicità. Hector Herrera, forse, lo sa.