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Partenopeismi

Facciamo una rivoluzione. Culturale

L’ampolla di vetro all’interno della quale un po’ tutti hanno provato a gettare lo sguardo nelle ultime settimane sta sbiadendo le proprie superfici. I contorni fumosi che hanno avvolto il mistero Higuain fino a stamane stanno delineando i propri margini.

Lo scenario che sta venendo alla luce è di quelli più inaspettati e sgraditi. Gonzalo Higuain con la casacca bianconera della Juventus è un boccone amaro davvero difficile da digerire.

Le ultime ore, fatte di trafugate visite mediche che sarebbero già state effettuate dallo staff bianconero, e da referti medici che hanno già fatto il giro del web, sono state ore dense di sbigottimento, incredulità, amarezza e dolore. Tutte sensazioni provate nel perenne e duraturo silenzio dei diretti interessati. L’ufficialità ancora manca, ma gli indizi hanno ormai le sembianze di prove certe.

L’attaccante argentino è caduto giù in un sol colpo dal trono dei Re di Napoli, scaraventato a terra da una ventata di denaro fresco. Tradimento, è la parola timbrata sulla sacra immagine del Pipita. La città di Napoli è scioccata, le immagini di Higuain festante sotto le fatiscenti tribune dello stadio San Paolo sono paragonabili a lacrime di gioia derivanti da irriconoscenti coltellate. Gonzalo Higuain ha soltanto vestito i panni di condottiero della città che fu di Diego Armando Maradona, ne ha ereditato la poltrona e la spada, non ne avrebbe però incarnato l’ideologia e la totale immersione concettuale e spirituale nella realtà partenopea. Una condizione che lo fa fatto abdicare, dopo appena tre anni di gloria assoluta.

La tristezza regna adesso sovrana ed il tormentone canoro della passata stagione “Un giorno all’improvviso” è soltanto il riverbero di un suono stridente ed insopportabile. 1854960-39096411-2560-1440Le urla di gioia a seguito di un gol, quelle braccia rivolte a migliaia di tifosi festanti, le lacrime versate a seguito dell’eliminazione in Champions League due anni orsono, la rabbia, la cattiveria agonistica ed il sudone gettato in campo, oggi non sono altro che i sintomi del desiderio disumano che ha dentro il professionista Higuain, gonfio di voglia di emergere ed affermarsi. Napoli, era soltanto lo strumento da utilizzare per l’ottenimento dello scopo.

Ma Napoli in fondo questo lo ha sempre saputo. Napoli ne è sempre stata a conoscenza. Napoli lo grida sempre, ogni qual volta si incitano i colori azzurri dalle tribune dello stadio San Paolo, ogni volta che si inneggia e tira in causa una maglietta azzurra, specchio riflesso di una città che ha voglia di riemergere dall’anonimato.

Ma la colpa del Pipita non è quella che tutti gli imputano. Perché Gonzalo Higuain si è solo lasciato andare a manifestazioni gestuali indotte.

Lo richiede il palcoscenico su cui ci si esibisce. Lo richiede la piazza. Il popolo napoletano “pretende”, seppur implicitamente, vengano rispettati dei canoni comportamentali. Al tifoso piace vedere il calciatore che si dimena, si esalta, che bacia la maglia, che giura amore eterno. Ed il professionista si adegua ed obbedisce, in nome di una permanenza in territorio straniero che lo culli e coccoli in un ambiente materno e protettivo, privo di screzi e dissapori. Poi, poco importa se al termine del contratto di lavoro si scatenano odi e rancori. Le strade, a quel punto, saranno ormai divise per sempre.

Gonzalo Higuain se dovesse andar via non avrebbe tradito per un cambio di casacca, ma per non aver detto la verità, che era al Napoli per lavoro. Gonzalo è stato un dipendente in trasferta che è stato “obbligato” ad esternare un amore fasullo.

Forse la piazza dovrebbe essere più coerente ed amare sul serio solo la maglia. Quella, sicuramente sarebbe sincera sempre.

I percorsi di romanticismo e calcio non sono più congruenti da un bel pezzo. L’amore viscerale di gente che versa lacrime di gioia e dolore per una maglietta da calcio dovrebbe essere riversato tutto solo ed unicamente su di essa. Colui che la indossa, non solo Gonzalo Higuian, lo si deve interpretare come un manichino senza cuore prestato alla causa.

Il calcio una volta era davvero sentimento. Spirito di appartenenza e di gruppo, erano capisaldi di princìpi ormai estinti. Il mondo va a rotoli. Il calcio dei sentimenti veri, anche.

About author

Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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