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I 90 milioni per la Scugnizzeria, ora o mai più

“Una volta bonificata, Bagnoli può diventare fondamentale per la rinascita della città. Lì si potrebbe costruire un grosso centro per il calcio giovanile, con trentacinquemila ragazzi affiliati da tutta la Campania”. Questa è solo l’ultima dichiarazione in ordine di tempo rilasciata dal presidente del Napoli, sulla prospettiva di creare un Centro Sportivo per le giovanili azzurre.

Nei precedenti 11 anni di gestione, Aurelio De Laurentiis si è lasciato andare spesso in proclami del genere, riguardo all’intenzione di costruire una struttura di proprietà del Napoli, che diventasse anche un polo di attrazione strategico, una cittadella azzurra, con campi, alberghi, foresteria, scuola, gli uffici della sede del club e, in assenza di uno stadio di proprietà, anche un museo dei trofei e della storia della società.

Ma alle parole, poi, è sempre seguito un nulla di fatto. La S.S.C. Napoli si allena a Castel Volturno, pagando l’affitto per una struttura attigua all’ex Holiday Inn, con 3 campi da calcio realizzati in erba naturale, un attrezzato laboratorio medico, uno spazio conferenze, una sala video e un salone per il merchandising oltre ad un campo da golf. La struttura non è di proprietà del Napoli, ovviamente, ma è concessa da un privato ad uso temporaneo, ovvero finché il Napoli ne avrà bisogno.

Ma come è possibile che un club storico come il Napoli Calcio, con un seguito di milioni di appassionati, una società che gode da anni di attivi di bilancio e che colleziona plusvalenze come figurine, non abbia una propria casa? E’ una scelta aziendale ben precisa, ponderata, ancorché scellerata, a nostro avviso. Il proprietario del Napoli predilige una società snella, senza un organigramma, in cui le decisioni vengono prese soltanto da lui, che si avvale di pochi e fidati collaboratori.

Se da un lato questo aspetto rende i processi e le decisioni molto più veloci, dall’altro la mancanza di figure manageriali e di interi settori aziendali, fanno della S.S.C. Napoli un club a gestione familiare, in nessun modo al passo coi tempi e che rischia di perdere ad aeternum, in termini di vantaggio competitivo, al confronto con gli altri club italiani ed europei che vanno per la maggiore.

Anche in termini di immagine e di brand equity il club è indietro anni luce rispetto ai top club europei o alle stesse Juventus, Inter e Milan. In occasione delle gare di Champions il Napoli è costretto a ricevere le delegazioni del Chelsea, dell’Arsenal, del Bayern, in una suite di un albergo del lungomare, perché non ha una casa, non ha un centro suo in cui poter accogliere i dirigenti dei club europei. Il panorama del Golfo, si sa, è uno spettacolo naturale che ha pochi eguali al mondo ed in parte attutisce ed attenua questa grave mancanza, ma è certo che un club che abbia ambizioni e velleità di grandeur e che programma l’inserimento stabile nel gotha del calcio mondiale, non si può permettere simili carenze.

Quest’anno con la Youth League che incombe, il Napoli dovrà ricevere le migliori Academy del continente sui terreni di Sant’Antimo o Frattamaggiore, in strutture anche belle e funzionali (e ovviamente non di proprietà), ma che stridono con l’idea di top club che il Napoli vorrebbe dare di sé. La S.S.C. Napoli fa allenare ben 8 rappresentative giovanili al centro sportivo di Sant’Antimo che dispone di un solo campo ad undici (peraltro sintetico), troppo poco per una società tra le prime 20 nel ranking in Europa.

Aurelio De Laurentiis ha creato una società “liquida”, non ha mai patrimonializzato i suoi investimenti, che si limitano esclusivamente alle transazioni di atleti, alle acquisizioni di calciatori, anche importanti, che portano sicuramente risultati sportivi, oltre ad enormi plusvalenze. Di contro,  il club azzurro non ha nulla, non possiede alcunché: né terreni, né centri sportivi, né stadio di proprietà.

Come si può pensare di ridurre il gap con le grandi d’Italia e d’Europa senza immaginare un investimento di grande portata, a lungo termine? Crediamo che il Napoli abbia si le possibilità per fare un passo del genere, ma che non ci sia la volontà per compiere questo step di crescita. Le plusvalenze di Lavezzi e Cavani, prima, di Higuain oggi, avrebbero potuto rappresentare il propellente per inaugurare un piano graduale di patrimonializzazione, di realizzazione di strutture di proprietà capaci, nel tempo ed in prospettiva, di produrre anche occasioni di guadagno sicure.

Se pensiamo alla miriade di giovani talenti che il Napoli potrebbe allevare, far crescere e poi lanciare nel grande calcio, con la possibilità di rivendere e, perché no, di utilizzare anche come merce di scambio nelle strategie di calciomercato, ci appare chiaro e lampante che si potrebbero aumentare di molto i ricavi strutturali del club, quelli che oggi sono legati a doppio filo ai diritti televisivi ed alle sponsorship, uniche voci di introiti certi. 

Una struttura all’avanguardia, polifunzionale e d’eccellenza potrebbe rappresentare un’idea di sviluppo concreta e sicura, nel tempo, disancorando il Napoli dalla necessità di dover guadagnare continuamente qualificazioni in Champions League per veder incrementare i propri ricavi.

Mai come quest’anno De Laurentiis, con 90 milioni in tasca, potrebbe dare il via a questo ambizioso e dispendioso progetto. Le tre qualificazioni Champions negli ultimi cinque anni avrebbero potuto costituire la base propizia per pensare al salto di qualità in termini di strutture. Il fatto che non se ne parli e che non sia nemmeno in cantiere un discorso del genere è grave, perché smaschera la proprietà sulle sue reali intenzioni e fa capire, ancor di più, che la realtà attuale e futura del club azzurro è molto lontana dall’idea di grande club.

La tanto sbandierata Scugnizzeria è destinata a rimanere solo una pia illusione, insomma, perché se il Napoli non investe ora, con un bilancio in attivo di svariati milioni ed una stabilità finanziaria e bancaria che non ha eguali nel mondo del calcio italiano, è molto difficile immaginare che possa accadere in futuro.

 

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Francesco Romano è laureato ed ha un master in comunicazione e marketing. Ama scrivere, lavora presso Mediaset.
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