Il cuore è quell’organo che abita lontano dalla ragione, quello a cui figurativamente sono state affidate tutte le azioni alimentate dal sentimento. Il cuore ed il gioco del calcio sono come i Ringo, due facce contrapposte dello stesso gustosissimo biscotto.
Cosa sarebbe il calcio senza il cuore? Cosa ne sarebbe di questo gioco se fosse privato della componente emozionale?
Il cuore è l’indotto numero uno, il vero motore di questa passione popolare. Ci mettono il cuore i calciatori in campo, ce lo mettono i tifosi, lo impiega chi gestisce una società di calcio.
Ma è proprio così? Oppure il cuore è spesso il termine più abusato per ferire quello di chi vive realmente per questo sport come una passione?
Non ci si trova in Siria, eppure le bombe che stanno esplodendo una dietro l’altra nel campionato di serie A, sono assordanti. Così ridondanti da colpire quel cuore cui facevamo riferimento prima.
Dapprima, il tradimento di Gonzalo Higuain passato repentinamente dalle lacrime versate in maglia azzurra e la mano poggiata sul quel logo circolare tinto d’azzurro, alla casacca dei nemici sportivi numeri uno.
Ma il tradimento del paventato sentimentalismo provato ha anche sconfinato i margini territoriali del capoluogo campano.
La Milano sportiva versa lacrime amare. L’invasione cinese, su entrambe le sponde calcistiche, ha rinchiuso nel baule dei ricordi il sentimento della passione.
Sul versante Milan, un titubante Berlusconi, oculato e lungimirante osservatore, valutata la situazione interna, ha aperto ai cinesi che, dal canto loro ancora tentennano nella loro indecifrabile incertezza.
Sul fronte interista, invece, l’esonero di Roberto Mancini ha acceso i riflettori sulla nebbiolina che ne offuscava le frizioni interne. A separazione consensuale avvenuta, è stato il figlio dell’ex allenatore nero-azzurro, a chiarire le idee a tutti: “Con l’arrivo di Thohir e, successivamente, dei cinesi, le cose sono cambiate. Questa è gente più abituata a fare business che ad occuparsi di calcio ed ho il presentimento che non abbiano ben capito cosa sia l’Inter. Non rappresenta per loro una priorità, pare abbiano in mano un giocattolo. Questa gente deve capire che c’è bisogno di cuore e anima per gestire una società come l’Inter, senza delegare ad altre persone”.
Il cuore, appunto. Quello che invece Marek Hamsik ha deciso di rispettare, andando anche incontro a quello di migliaia di tifosi gratificati da questo tipo di scelta. Una scelta rispettabile, al di là di ogni considerazione patriottica si possa essere indotti a fare. Una scelta silenziosa, quella del capitano del Napoli, che non ha mai necessitato di spinte elettorali, di esternazioni gonfie di pubblicità per se stessi, nonostante avesse alle spalle un procuratore con un’indole diametralmente opposta. Una scelta vissuta attraverso vari step (rinnovi), per la bellezza di nove anni consecutivi. Una infinità, almeno in questo mondo solo apparentemente passionale. Scelta, che non a caso, viene definita “di cuore”.
Il cuore, quello che batte anche nel minuto fisico di quell’atleta napoletano che sguscia repentinamente sulla fascia sinistra del Napoli da ormai qualche anno. Quel calciatore del vivaio azzurro venuto fuori pian pianino, le cui doti e soprattutto la cui affidabilità, hanno preso corpo nel corso del tempo grazie al duro lavoro dell’atleta ma anche grazie a quello di chi, a lui ci si è dedicato ogni santo giorno. Quel Lorenzo Insigne che oggi, per bocca del suo procuratore, si dice insoddisfatto. Pur avendo scelto Napoli per una questione di cuore.
“Il contratto che ci offre il Napoli non ci soddisfa” – ha dichiarato Fabio Andreozzi. Noi ci chiediamo: chi ha firmato quel contratto? “Ma il cuore lo tiene a Napoli” – ha proseguito il procuratore di Lorenzo. Già, fino a quando le sirene estere non si tramuteranno in generosi diffusori di banconote.
Dichiarazioni d’amore che stridono ed infastidiscono chi le ascolta. Magari il cuore è a Napoli davvero, ma la manina è alla porta, quella degli uffici della Filmauro, a figurare quel “toc toc” che non presagisce nulla di buono per chi è seduto sulla poltrona di quell’ufficio.
E la manina di Wanda Nara a quale porta bussa? Sembrava a quella del Napoli, era in realtà quella dell’Inter? Pare proprio di si, considerato il fatto che appena qualche ora fa l’argentino è stato dichiarato incedibile dal neo allenatore interista Franck De Boer. Anche in questo caso, dunque, il cuore c’entra davvero pochino.
Ma il procuratore di Icardi è capace anche di postare tweet dal contenuto emozionale: “I cambiamenti sono per le persone coraggiose, i codardi preferiranno sempre restare dove stanno anche se non sono felici”. Una frase che poteva essere il preludio ad un addio di Maurito? Niente affatto. Molto più probabilmente una frase dedicata a colui che era un separato in casa da tempo, quel Roberto Mancini che adesso guarda l’Internazionale dall’esterno essendo stato privato della capacità di riconoscerla.
Il cuore dunque non ha ragione. Il cuore non è capace di calcoli. Il cuore calcia verso la porta avversaria appena ne ha l’istinto, pur non sapendo se la palla finirà o meno la sua corsa in fondo alla rete.
Il cuore, forse, andrebbe semplicemente lasciato in pace, evitando quelle blasfeme interpellazioni che inquinano un calcio malato di soldi e carente di verità.