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Da Cavani a Giaccherini passando per Rog: le strane strategie di mercato del Napoli

“Per me, oggi, Edinson Cavani è maturato al punto da essere tra i primi tre attaccanti in assoluto dopo Lionel Messi e Cristiano Ronaldo e sinceramente, ne sono felice”.

Sono le parole di Guglielmo Miccichè, allora vice presidente del Palermo. Era l’estate 2010, quella in cui l’attaccante uruguagio, dopo quattro stagioni vissute con la casacca del Palermo, chiese di andar via. La motivazione della richiesta risiedeva in uno spiacevolissimo e mai compreso episodio di cronaca nera: Cavani fu inseguito in auto da un gruppo di uomini violenti che volevano colpirlo. Sfuggì al raid ma ne restò assolutamente scosso. Neppure la Digos, terminate le indagini, seppe dare una spiegazione certa su quanto accaduto.

Edy chiese di andar via a stagione appena conclusa. Zamparini lo comprese e lo accontentò mettendo immediatamente il calciatore sul mercato. Sul giovane, ma ancora acerbo attaccante, si fiondarono Manchester City ed Inter. I primi si limitarono ad un sondaggio, gli interisti si spinsero altre ma non vollero saperne di assecondare le richieste del Palermo nonostante la disponibilità da parte della società rosa-nero ad un pagamento dilazionato nel tempo. Si parlava di cifre tra i 15 ed i 17 milioni di euro, l’Inter si ritrasse. Solo a questo punto entrò in gioco il Napoli, “allertato” dallo stesso presidente Zamparini che in una riunione di Lega offrì l’uruguagio a De Laurentiis.

Il Presidente azzurro, dopo il benestare dell’allora allenatore Walter Mazzarri, portò Cavani in maglia azzurra consegnandogli l’eredità di Quagliarella nel frattempo ceduto alla Juventus.

Un acquisto, quello di Cavani, che ha scritto una delle favole più belle dell’era De Laurentiis. Una strabiliante intuizione societaria? Forse si, ma la modalità di nascita ed evoluzione di altre trattative azzurre nel corso del tempo ci ha fatto cullare qualche dubbio in merito.

Facciamo un volo pindarico e catapultiamoci nelle vicende attuali.

Poco meno di un mese fa, il Napoli annuncia l’acquisto del calciatore Emanuele Giaccherini. Una operazione banale. Consentiteci l’utilizzo di questo ingrato vocabolo. Il Napoli ha versato nelle casse del Sunderland (squadra proprietaria del cartellino) appena 2 milioni di euro e riconoscerà al calciatore 1,5 milioni di euro l’anno per un totale di 3 anni. Il che vuol dire che l’intera operazione è costata al Napoli appena 6,5 milioni di euro. Diciamo “appena” perché si tratta di spese irrisorie per una società di primissima fascia come è il Napoli oggi.

Dunque, apparentemente nulla di più semplice: il Napoli era in cerca di un esterno da affiancare all’infaticabile Callejon ed Emanuele Giaccherini rappresentava tatticamente il profilo ideale che, seppur non rispettava alla lettera i parametri legati all’anagrafe, ne consentiva un esborso irrisorio.

Eppure, Emanuele Giaccherini ha trascorso i mesi scorsi a flirtare con il Torino così tanto da arrivare in prossimità delle firme. Solo a quel punto, per volere del procuratore del calciatore Fulvio Valcareggi, è stato contattato il Napoli. Un’azione a dire il vero poco corretta nei confronti della squadra granata ma anche un gesto che ha consentito alla società partenopea di tesserare il calciatore nel giro della nazionale.

La domanda nasce spontanea: se al Napoli interessava il calciatore, come è possibile che la società partenopea sia rimasta in silenzio rischiando seriamente di perderlo? Dove sono finite allora le scelte frutto di una pianificazione oculata?

Il Napoli, insomma, sembra improvvisare le sue mosse. E quando non sembra farlo mostrando di aver puntato con decisione determinati calciatori, si arena in trattative così lunghe da estenuare protagonisti e tifosi ansiosi di novità. Zielinski, Diawara e Rog le testimonianze più recenti di impantanamenti perdurati oltremodo, Allan o Inler tra i più clamorosi degli ultimi anni.

Lungaggini che non solo rallentano la composizione del puzzle da mettere a disposizione del mister di turno, ma che soprattutto donano al calciatore conteso un valore talvolta superiore a quello reale. L’attesa, il tira e molla, i rifiuti strategici, non fanno altro che caricare di eccessiva importanza una operazione solamente normale. Ovvie le conseguenze negative sia in termini economici che tecnici: il rischio di strapagare un calciatore modesto e non trovarsi una rosa qualitativamente migliorata è molto alto.

E poi ci sono le operazioni frutto del fascino personale di qualcuno. Gli arrivi in maglia azzurra di Mertens, Koulibaly, Callejon e soprattutto Higuain, sono da attribuire anche (o forse soprattutto) al potere persuasivo di un personaggio di livello internazionale come Rafa Benitez.

Ma il tecnico spagnolo rappresenta il passato; il presente ha un altro nome, quello di Maurizio Sarri, umile lavoratore, appagato addetto ai lavori, riconoscente a chi ha reso la sua vita professionale un angolo di paradiso. Quel Maurizio Sarri che mette la bocca in affari di mercato con la timidezza di un bambino e la consapevolezza non spetti a lui interferire in maniera decisa in scelte che devono essere sostanzialmente societarie. Quel Maurizio Sarri fiero di se stesso e della sua professione a prescindere la panchina su cui sieda sia quella del Napoli o del Sorrento.

Ma allora quale è l’impianto strutturale della S.S.C. Napoli in merito alle operazioni di mercato? Chi è che si occupa delle stesse? Esiste un organigramma dedito alla pianificazione dell’individuazione di coloro che dovranno integrare e migliorare la rosa azzurra? Tutto è affidato all’improvvisazione e alla casualità? Oppure è il Presidente De Laurentiis in prima linea ad affondare i colpi?

Il gusto variegato delle operazioni di mercato del Calcio Napoli degli ultimi anni non ci aiutano a discernerne i sapori. Si spera soltanto, almeno quelli che chiuderanno questa sessione di mercato, non siano particolarmente amari.

 

 

 

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Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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