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Partenopeismi

Un’ammonizione per gli scettici

Era il 20 marzo del 2016 e la Napoli amante del pallone inveiva ancora una volta contro un arbitro accusato di essere filo-juventino. Al 3° minuto della ripresa va in scena uno degli episodi chiave di quella gara: Rizzoli sanziona il fallo di Alex Sandro su Bruno Peres in area granata: calcio di rigore evidente e decisione giusta. Ma ciò che fa infuriare Ventura e il Toro è la scelta di Rizzoli di non ammonire Alex Sandro: con il secondo giallo e il conseguente rosso, la Juventus sarebbe rimasta in dieci per tutto il secondo tempo. Rizzoli, nell’applicare il regolamento, ha valutato come “negligenza” l’intervento falloso di Alex Sandro e, dunque, non da sanzionare con un cartellino. Nel caso in cui l’arbitro ravvisa gli estremi di “imprudenza” – quando cioè un calciatore commette fallo «con noncuranza del pericolo o delle conseguenze per lavversario» – il calciatore deve essere ammonito. Viene, invece, dato il cartellino giallo a Bonucci per proteste però, le immagini evidenziano come il difensore bianconero abbia rischiato anche il rosso: la testa di Bonucci va quasi a contatto con quella dell’arbitro nei concitati momenti. bonucci_mgzoom

Scene che hanno agitato gli animi di chi guarda il calcio con l’occhio avvelenato dalle storie raccontate da calciopoli, fotogrammi che hanno scollato dalle pareti dipinte dalla passione, l’effetto trasparenza. Quella gara, la Juventus, la vinse largamente addolcendosi la bocca dopo l’amara esclusione dalla Champions League. Ma a seguito di quegli episodi i fantasmi di calciopoli piombano nuovamente ad affollare la mente di tutti i tifosi non colorati; L’arbitro Rizzoli, ritenuto uno dei più talentuosi in circolazione, viene additato come l’ennesima pedina bianconera.

Lo stesso arbitro, poche ora fa, direttore di gara di Milan-Juventus, ha annullato un gol regolare ai bianconeri. Gara poi persa dalla squadra di Allegri. Adesso cosa si è autorizzati a pensare? Noi crediamo che calciopoli rappresenti il passato. Le motivazioni della Suprema Corte relative al processo conclusosi lo scorso 23 marzo hanno parlato di uno strapotere dell’ex dg della Juventus Luciano Moggi, ritenuto responsabile di associazione per delinquere e di frode sportiva. Secondo la Corte, dai giudizi che l’ex dg bianconero esprimeva in tv e sui media, “potevano dipendere le sorti di questo o quel giocatore, di questo o quel direttore di gara con tutte le conseguenze che ne potevano derivare per le società calcistiche di volta in volta interessate“, rileva ancora il verdetto di Cassazione. L’associazione per delinquere diretta da Moggi  –  spiega la Cassazione  –  “era ampiamente strutturata e capillarmente diffusa nel territorio con la piena consapevolezza per i singoli partecipi, anche in posizione di vertice (come Moggi, il Pairetto o il Mazzini), di agire in vista del condizionamento degli arbitri attraverso la  formazione delle griglie considerate quale primo segmento di una condotta fraudolenta“. Dell’ex dg juventino, la Suprema Corte dice che aveva una “poliedrica capacità di insinuarsi, ‘sine titulo’, nei gangli vitali dell’organizzazione calcistica ufficiale (Figc e organi in essa inseriti, quali l’Aia)”. Senza timore di cadere in “enfatizzazioni”, secondo la Cassazione, Moggi aveva una “incontroversa abilità di penetrazione e di condizionamento dei soggetti che si interfacciavano” con lui.

Non vogliamo entrare nel merito di tale sentenza, è una sentenza e in quanto tale, va rispettata e considerata specchio di una verità assoluta.

Ma a distanza di anni la scia di un verdetto che rientra a pieno titolo negli scandali di un Paese impuro ed immorale deve persistere incessantemente? Dopo così tanto tempo, con il condannato Luciano Moggi estromesso dal sistema calcio e limitato a presenze nei salotti televisivi, lo strapotere juventino, frutto di una capillare e studiata rete peccaminosa, deve continuare a ritenersi alla guida di un successore di Moggi?  Bisogna continuare a credere si stia partecipando ad un campionato farlocco, le cui sorti siano già stabilite, il cui andamento è solamente il susseguirsi di scene dal sapore variopinto che finiscono la propria corsa in fondo ad un finale già scritto?

Noi vogliamo interpretare l’errore di Rizzoli di ieri sera come un errore. Così come un errore è stato non espellere Alex Sandro in Torino-Juventus dello scorso anno. In ballo non vi è la logica, non vi è l’autenticità di un credo, vi è qualcosa di più basilare: la coerenza dell’essere umano. Dare valore, forza, corposità, consistenza alla tesi complottistica vorrebbe dire coerentemente chiudere con questo sport, distaccarsene, distogliersene, disintossicarsi, dedicarsi a qualcosa di puro, qualora esistesse.

Viceversa, qualora la voglia di calcio ci si accorga contenga in sè tracce di indissolubilità, forse è il caso di smetterla con il ridondare del noioso ritornello della pro-juventinità. Un solecismo, quest’ultimo, che però rende l’idea, un leitmotiv che macchia quotidianamente una passione che meriterebbe invece purezza e trasparenza.

Un calcio corrotto e fasullo lo si può amare ma seguirlo vorrebbe dire affondare le proprie mani nel masochismo. Le stesse mani di chi, dinanzi alla sorprendente scalata milanista in campionato, sosterrà (o ha già sostenuto) che “il palazzo” desiderava che in campionato vivesse il duello Milan-Juventus.

About author

Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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