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Campo

Polli da applaudire

Grande cuore. Grande impegno. Tanta imprecisione e una enorme dose di ingenuità.

Questi gli ingredienti di un’eliminazione che, inevitabilmente, lascia l’amaro in bocca.

Un amaro che dovrà essere smaltito in fretta.

Da domani mattina gli azzurri, assieme a tutti i tifosi del Napoli, dovranno guardare la classifica di serie A, dovranno sorridere e tornare, immediatamente, a sostenere e festeggiare una squadra che sta per sugellare un campionato stupendo.

Questa la premessa. Doverosa. Necessaria.

Al netto di essa, la serata è una concentrazione di spauracchi venuti fuori tutti assieme.

Troppi individualismi. Innanzitutto.

La voglia di strafare scende in campo assieme ai ragazzi, il primo ad esserne affetto è Kvaratskhelia.

Sente la responsabilità dell’appuntamento. Vorrebbe risolverla lui.

Forza spesso la giocata, serve poco i compagni. Fino a far incazzare Spalletti.

Ciò nonostante, i primi venti minuti sono arrembanti, un mix di atmosfera briosa, colorata e incitante che fa andare le gambe degli azzurri come il Frecciarossa.

La voglia di ribaltarla è troppa. La maturità è poca.

Si esagera. Si perde lucidità. Non si ritrova un briciolo di cazzimma.

La stessa che il Napoli ha smarrito a Milano in occasione del vantaggio milanista.

Al 20° Mario Rui affonda Leao in area azzurra. E’ calcio di rigore. Ma il tiro di Giroud serve solo a zittire gli incalliti detrattori di Meret.

Un Napoli già incerottato al minuto 33° perde anche Politano e Rui, infortunati.

Per fortuna la rosa è lunga e gli undici di qualità.

Ndombele compreso. Peccato che la sua sia condita anche da una buona dose di indolenza. AL 43° perde una palla sanguinosa, Leao innesca la quinta, affonda un affannoso Rrahmani e serve un cioccolattino per Giroud.

Milan avanti.

Il primo tempo si chiude qui, non senza le motivate proteste azzurre per un fallo da rigore su Lozano da parte di Leao.

Il secondo tempo ci urla la giovane età di Kvaratskhelia: l’impegno è massimo, così come la voglia di far gol. Schermo nero sui compagni, gran dribbling tra due milanisti ma la mira è ancora alta.

Il georgiano ci prova e riprova ma è costantemente raddoppiato. Lo scarico più rapido verso i compagni avrebbe più volte agevolato la manovra azzurra.

Spalletti arretra Zielinski. Ndombelè va a fare il polacco. La musica non cambia molto. La miglioria è una minore sensazione di rischio cavolate in fase di ripiegamento e copertura.

Durante i minuti che separano dal fischio finale si assiste solo ad una marea di occasioni annesse ad imprecisione.

Il ciuccio si ammala di psicosi da diavolo. La palla non entra di nessuna maniera.

Nemmeno al minuto 81° quando Kvara certifica la sua serata no facendosi parare un rigore da un superlativo Maignan.

Osimhen al 90° la mette dentro. Ma è come annusare una pizza che non ti consentono di mangiare.

Mancano una manciata di minuti alla fine. Kvara la spara alto l’ultima occasione.

“Vinceremo il tricolor” è il giusto premio per dei ragazzi che, inspiegabilmente, in tre gare non sono mai riusciti ad esorcizzare il diavolo.

About author

Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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