Diego. Quel nome che ti apre un mondo. Un mondo colorato, gioioso che poggia la sua essenza sulla memoria rendendola orgoglio.
Diego. Un nome che nella terra che fu dei borbone ha dato natali a tanti bimbi venuti al mondo negli anni novanta in onore di un uomo reso divinità dal suo magico piede sinistro. Diego è Diego. Per chi c’era, per chi ha pianto per le sue giocate, per chi ha trovato il suo canale di sfogo grazie a quel pallone entrato nelle porte avversarie per ben 81 volte, per chi ha sbandierato la sua immagine per gridare al mondo di avercela fatta.
Ma Diego è Diego anche per chi è venuto dopo, per chi non ha avuto la fortuna di vederlo, viverlo, sentirlo addosso. Diego è entrato anche nel cuore di chi non c’era. Lo ha fatto attraversando gli occhi lucidi di chi lo ha raccontato, di chi in qualche modo lo ha imposto come simbolo di una Napoli vincente. Diego Armando Maradona per il napoletano calciofilo non ha tempo, non ha margini, non ha confini. Diego Armando Maradona è e resterà il simbolo della Napoli che ha vinto sul campo e fuori, sfidando con la sfrontatezza dell’incoscienza i noti ma spesso indefinibili poteri forti.
Ma Diego è anche colui che farebbe bene a rimanere nell’alveo dei ricordi, quelli intoccabili, indelebili ed eterni. Il paradosso che vive incondizionato vede lo stesso Diego minacciare se stesso, quasi come una assurda riminiscenza dei suoi errori extracalcistici. Oggi, a mettere a rischio la sua “sacra” immagine è lui stesso, un’icona sfidata e messa in pericolo dal Diego oratore, dal Maradona che utilizza canali comunicativi diversi da quelli offerti dai sublimi piedi.
Le recenti dichiarazioni sul Napoli, e nello specifico sulla gestione della cessione di Higuain alla Juventus, sono stati l’ennesima macchia impressa sull’indiscusso blasone dell’argentino: “De Laurentiis è disposto a vendere anche la moglie” – questa la sua verità sulla gestione economica del club partenopeo da parte dell’imprenditore del cinema.
Una frase inequivocabilmente offensiva, ma non solo. Volendo svincolarci da irriverenze di carattere personale, l’esternazione di Diego, seppur colorita come abitudine del Pibe de Oro, evidenzia non solo irriconoscenza verso chi sta gestendo da anni il Napoli in maniera ammirevole, ma anche una non conoscenza dei fatti. Diego dimentica ingiustificatamente i meccanismi che regolano i trasferimenti dei calciatori e l’incontrastabile volontà dei professionisti del pallone che sovente schiaccia ed annienta ogni forma contrattuale. Gonzalo Higuain aveva espresso la volontà di lasciare Napoli con o senza clausola rescissoria. Se questa ultima non fosse stata inserita nei cavilli contrattuali, il Napoli si sarebbe trovato comunque orfano dell’attaccante argentino ma privo anche dei novantaquattro milioni di euro che la Juventus è stata costretta a versare nella casse azzurre. E, particolare di non irrisoria importanza, somma di danaro immediatamente investita da Aurelio De Laurentiis. Un flusso economico che ha fatto scivolare alle falde del Vesuvio gente del calibro di Zielinski e Diawara, solo per citare coloro che la critica dal palato fine ha incoronato come potenziali crack.
Insomma, Re Diego è Re quando accarezza quella sfera, quando lui e il pallone diventano una cosa sola, quando le sue performance impietriscono ancora oggi un incredulo pubblico. Di Diego calciatore vogliamo ubriacarci, vogliamo vedere a ripetizione il film della sua carriera come una pellicola senza sonoro, non ce ne stancheremo mai. L’occhio lucido ed il battito accelerato accompagneranno ogni fotogramma della sua storia, e quel retrogusto di fierezza non smetterà mai di giacere sul nostro palato. Noi vogliamo Diego sia questo. Resti questo.
L’accezione negativa della frase che Diego ha “dedicato” al numero uno del Napoli non è accettabile, così come non lo sono state altre dichiarazioni sul mondo del calcio da parte di chi di calcio ha mangiato. La qualità delle giocate di Maradona e’ inversamente proporzionale a quella del calcio che commenta. L’ attacco a De Laurentiis non è stato l’unico passaggio non condivisibile dell’intervista che il Pibe de Oro ha rilasciato ai microfoni di Sky: la medesima valutazione della qualità del gioco di Napoli e Juventus ne è l’ennesima, deludente, testimonianza.