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Partenopeismi

Non si vede ma c’è. La Scugnizzeria “liquida” del Napoli

Si è sempre scritto di come il Napoli non abbia mai davvero investito nel proprio settore giovanile nel corso dell’era De Laurentiis. Questa verità conclamata, supportata dai dati numerici sugli scarsi investimenti destinati alle giovanili dal 2004 ad oggi, va in controtendenza con l’analisi delle qualità a volte degne di nota di quei giovani azzurri che riescono ad emergere dall’anonimato ed a ritagliarsi un piccolo spazio, nel difficile mondo del professionismo calcistico.

Se è vero che il Napoli non possiede ancora strutture all’avanguardia per la sua cantera, che non ha costruito o acquistato un centro sportivo per le giovanili, che non ha mai dato seguito alle buone intenzioni presidenziali sulle velleità di creazione della Scugnizzeria, è altrettanto vero che non pochi giovani interessanti sono usciti, finora, dalla Primavera azzurra e su altri ancora si sta puntando, investendo anche non poco denaro.

Tralasciando l’ unicum di Lorenzo Insigne, autentico fiore all’occhiello del lavoro delle giovanili del Napoli (assieme al genoano Izzo, che però il club azzurro si è lasciato sfuggire) e consegnato al grande calcio attraverso l’abile lavoro dei professionisti dello staff tecnico che lavora sui ragazzi giovani, possiamo affermare che si iniziano ad intravedere dei primi, piccoli bagliori all’orizzonte, talenti che potrebbero davvero affermarsi nel calcio che conta.

Nell’ultimo anno sono cambiate le strategie del club partenopeo, in particolare con l’avvento di Cristiano Giuntoli, che ha portato un nuovo modus operandi, un nuovo spartito su cui operare con il target primario di mettere le mani  su giovani e giovanissimi calciatori, da scovare soprattutto nelle serie minori ma anche all’estero.

L’obiettivo è quello di creare un bacino di calciatori di proprietà, giovani e giovanissimi, che costituiscano una base interessante su cui lavorare anche nell’ottica di un ritorno non immediato. Il Napoli, in altri termini, vuole creare una rete di contatti con i club minori, attraverso calciatori di sua proprietà, che poi a lungo termine costituisca una base solida per le future strategie di mercato. Un po’ quello che da anni fa la Juventus, tanto per citare il caso più emblematico.

L’interesse per calciatori giovani ma non più giovanissimi come Ciciretti e Cragno del Benevento, rientra proprio nella logica di creazione di una fucina di calciatori di proprietà o comunque controllati dal club, da utilizzare al momento giusto in scambi di mercato o per “tessere” buone relazioni con i club minori o, perché no, anche per accumulare delle semplici plusvalenze.

Rientra in questa strategia l’acquisizione di Alessio Zerbin, attaccante che ha stregato tutti gli osservatori della Serie A con gol alla Del Piero, dribbling ed assist nel Gozzano in Serie D.  Talento giovanissimo, classe 1999,  Zerbin è stato strappato a Juventus ed Inter e verrà mandato in Serie B al  Carpi, ormai autentica “provincia azzurra”.

Proprio al Carpi è stata affidata la crescita di uno dei giovani più interessanti prodotti in casa:  Alfredo Bifulco, classe 1997, ala destra. L’operazione promossa da Giuntoli è stata quella di portare il giovane talento in Serie B, dove il ragazzo è riuscito a ritagliarsi uno spazio più che dignitoso con 12 presenze e 3 reti, tutte pesanti.

Già lo scorso anno il Napoli aveva lavorato in questa direzione, prelevando dalla Carrarese un centrocampista molto giovane ed anche molto forte, Eddy Gnahorè, affermatosi in Lega Pro e mandato in prestito sempre al Carpi, dove non ha ancora mai giocato anche a causa di un grave incidente stradale che lo ha visto coinvolto.

Rispetto al recente passato, quando i giovani azzurri venivano prestati in Lega Pro, senza che venisse tracciato alcun percorso di crescita vera e propria, il Napoli sta perseguendo una strategia diversa, cercando di piazzare i suoi giovani in club che puntino su di loro, che li mettano alla prova già a buoni livelli, per testare il loro grado di prontezza ed attitudine al calcio che conta.

Fulgido è l’esempio di Sebastiano Luperto, classe 1996, difensore centrale e quest’anno titolare inamovibile alla Pro Vercelli, in Serie B, dove il sosia di Raul Albiol sta offrendo prestazioni di alto livello raggiungendo anche una buona quotazione economica (circa 750.000 euro). Si era tentata la stessa strada con Gennaro Tutino, classe 1996, talento cristallino dai muscoli fragili, mandato in B a Bari e Vicenza ma non ancora esploso, soprattutto per problematiche relative ad infortuni ed a scarsa condizione fisica.

Altro talento in erba del vivaio azzurro è Antonio Romano, centrocampista centrale classe 1996, in prestito al Prato in Lega Pro, dove ha collezionato 16 presenze e segnato 5 goal, prima di fermarsi ai box per un infortunio. Il ventenne centrocampista napoletano sembra pronto per il salto in cadetteria e magari in futuro potrebbe anche rivelarsi un crack, come sta succedendo con Jacopo Dezi, ormai talento affermato della nostra Serie B, anche se un tantino più “stagionato” (è un classe 1992) e pronto per il salto in A.

Il Napoli ha messo gli occhi anche su un altro giovanissimo calciatore della Serie B, Riccardo Orsolini (classe 1997), ala dell’Ascoli su cui si sarebbe fiondato nientemeno che il Paris Saint Germain e per il quale pare si stia scatenando una vera e propria asta.

In generale il diktat della SSC Napoli per il nuovo corso, inaugurato con l’avvento di Cristiano Giuntoli come direttore sportivo del club, è quello di arrivare prima degli altri su talenti giovani, a volte giovanissimi, non ancora affermati o meglio ancora materia “grezza” su cui lavorare con l’obiettivo di renderli dei calciatori pronti all’uso.

In definitiva, quello che il Napoli non riesce a “produrre” in casa propria, per carenze strutturali, sta cercando di comprarlo all’esterno, a prezzi ragionevoli, puntando sulla straordinaria abilità di talent scout di Giuntoli e dei suoi collaboratori. L’ obiettivo è arrivare prima su talenti giovanissimi da inserire negli organici delle selezioni giovanili, da crescere con cura ed allevare al grande calcio.

Il Napoli si è creato una percorso alternativo alla Scugnizzeria, o per meglio dire, mutuando un neologismo tanto caro a Baumann, ha scelto una Scugnizzeria liquida, immateriale, fluida e volatile, ma al tempo stesso efficace e fruttifera. 

Il club partenopeo ha accantonato, per ora, l’idea di creare il “prodotto” da sé, strada che avrebbe comportato enormi investimenti in termini di strutture e che avrebbe richiesto tempo e denaro da impegnare a lunga gittata, ma ha abbracciato l’idea innovativa di comprare il semilavorato grezzo all’esterno per poterlo poi rifinire, lavorandoci sopra nel tempo.

L’operazione Leandrinho (classe 1998) col Ponte Preta,va esattamente in questa direzione. Il brasiliano ha da poco compiuto 18 anni, è una seconda punta che ricorda Bebeto (dicono gli esperti calciofili), è costato 350.000 euro e l’intenzione del Napoli è farlo crescere proprio con la Primavera, svezzarlo al calcio europeo e poi mandarlo a giocare magari in qualche piccolo club di A oppure in qualche squadra di vertice di Serie B.

Si cerca di tracciare un percorso per ognuno di loro, di seguirli passo passo affidandoli a società di fiducia, dove possano sviluppare a pieno le proprie potenzialità, con l’obiettivo di ritrovarsi  in casa, tra qualche tempo, calciatori di valore e al tempo stesso di non dilapidare il patrimonio economico facendo fruttare l’investimento iniziale.

In attesa di investimenti strutturali importanti sul proprio settore giovanile, comunque fondamentali per sviluppare anche un senso di appartenenza, il Napoli ha optato per un giusto compromesso, in questa fase storica del processo di evoluzione di un club tutto sommato giovane che dovrà fare certamente dei passi in avanti in futuro.

La Scugnizzeria “liquida” è  la via più veloce, ancorché meno dispendiosa, per mettere le mani su giovani di valore, non ancora svezzati, da lanciare di concerto con il proprio staff tecnico e da proporre alla ribalta del grande calcio nel giro di un paio di anni.

 

 

 

 

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Francesco Romano è laureato ed ha un master in comunicazione e marketing. Ama scrivere, lavora presso Mediaset.
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