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Partenopeismi

Onore al Re, ma prendiamoci cura del Regno

Il Diego-day è andato. C’è stato, lo abbiamo atteso, seguito, in parte goduto. Diego per Napoli è Diego, sempre. Anche ieri sera al Teatro San Carlo in quegli occhi, seppur segnati da una vita che non si è fatta mancare niente, il napoletano ci ha letto l’incarnazione del suo popolo, la sofferenza di chi ha fatto suoi i sentimenti della gente che vive ai piedi del Vesuvio e ne ha aizzato e concretizzato la riscossa.

E allora perché goduto solo in parte?

La serata di ieri al Teatro San Carlo ha certamente toccato le corde dei cuori sensibili e le menti capaci di rivivere i flashback del passato, ma è anche stata l’occasione per evidenziare la perdurante tendenza a crogiolarsi in un trascorso glorioso ma breve, finendo per calare un velo marmoreo sugli aspetti migliorabili dell’attuale realtà calcistica napoletana.

L’unicità dell’epoca Maradoniana, la sua eccezionalità, il suo essere stata l’espressione di una rarità forse inconsciamente irripetibile, fa si che ancora oggi quei momenti restino indimenticabili e portatori di emozione pura. Tutto giusto, tutto bello, anzi, stupendo.

Ma perchè continuare a guardare con questa intensità al passato?

il Napoli rispetto al decennio precedente ha cambiato i suoi connotati: non è più la società anonima e senza futuro baciata a tempo determinato dai piedi fatati di un Dio sbarcato a capodichino, non è più la società che ha viaggiato sempre nell’anonimato prima di essere baciata dal principe azzurro. Il Napoli è oggi una società che è stata capace di giungere ai vertici della serie A, ma anche una società a cui manca il famoso e tanto auspicato salto di qualità. Un salto che non si può e non si deve pretendere, ma anche un salto che si deve provare a fare. A tal proposito, perché mettere dinanzi alle criticità esistenti la testa sotto la sabbia? In questa direzione vanno le nostre critiche rivolte ad esempio al Sindaco di Napoli Luigi De Magistris che proprio ieri in occasione dello spettacolo tenuto da Maradona al Teatro San Carlo ha dichiarato che non esiste un problema stadio a Napoli, che anzi sono partiti i lavori, che si realizzeranno sediolini e bagni nuovi: affermazioni finalizzate al far indossare gioielli ed un povero mendicante che tale resterà.

Ma anche il Presidente De Laurentiis non è stato esente da questo tipo di critiche: anche ieri ha parlato di Maradona ambasciatore del Napoli nel mondo. Ok, ottima idea, iniziativa che agevolerebbe la diffusione del marchio-Napoli nel mondo. Ma da quanto tempo se ne sta parlando? Gli ammiccamenti tra il Napoli e Maradona affondano (affonderebbero?) le loro origini in tempi che furono. E poi? Perché l’auspicio non è mai divenuto un fatto? La risposta l’ha data lo stesso presidente azzurro ieri sera: “Accadrà quando saranno risolti i problemi che Diego ha con l’Agenzia delle Entrate”, il che vorrebbe dire anche che potrebbe non accadere mai.

Sia chiaro, non vogliamo assolutamente sminuire eventi come quello di ieri sera. Fare un tuffo nel passato, in quel passato, equivale a toccare il paradiso, significa rifugiarsi in un grembo materno che continua a donare sensazioni di benessere imparagonabili. “Chi ama non dimentica” recita un noto slogan dei supporter azzurri, ed è vero. Napoli non dimenticherà mai chi l’ha portata sul podio dei vincitori e Diego non dimenticherà mai la piazza che gli ha dato affetto incondizionato. Ma questa volta il ciclone Maradona, più che in altre occasioni, ha evidenziato una sproporzione troppo grande tra quello che è stato, quello che è e forse quel che sarà. C’è troppa differenza tra la giustificata esaltazione nei confronti dell’icona Maradona e l’ottusa cecità nei confronti di criticità che frenano da anni la crescita del club.

Insomma, ci piace assai il Maradona-Day, amiamo commuoverci dinanzi alle gesta vissute o rivisitate di Diego Armando Maradona, ma non ci piace per niente indirizzare tutte le energie verso il passato trascurando il presente o, peggio ancora, incensando ciò che andrebbe rivoluzionato per quanto oggi è deleterio.

Uno strano gioco del destino ha voluto che proprio ieri a ottocento km di distanza da Napoli la Juventus organizzasse un evento parallelo i cui contenuti non avrebbero mai potuto incontrarsi con quelli nostalgici della serata partenopea: “Black and white and more”, questo il nome dell’evento bianconero organizzato a Milano al museo della scienza e della tecnologia in una serata glamour che ha visto la partecipazione di calciatori, bandiere e vip del mondo bianconero. “Siamo qui per presentare quello che sarà il futuro della Juventus nei prossimi anni – ha esordito Andrea Agnelli – Presentiamo anche il nuovo logo che definisce un senso di appartenenza e uno stile che permette di comunicare il nostro modo d’essere”.

Siamo onesti: ci ha fatto un po’ specie vedere Napoli e Juve volgere lo sguardo nello stesso giorno verso due orizzonti diametralmente opposti: verso un passato glorioso, il Napoli. Verso un futuro ancora più raggiante, la Juventus. Casualità, circostanza fortuita. Ma non rendiamola abitudine. Dunque, si al Re che fu, ma adesso prendiamoci cura del  Regno che ci ha lasciato.

About author

Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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