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A Verona i giocatori erano dalla parte di De Laurentiis

“Ai ragazzi stasera è mancata la ‘cazzimma’, ad averla è stato l’unico napoletano in campo, Insigne. Gli altri giocatori non sono praticamente esistiti, bloccati davanti a questi mostri sacri del Real Madrid. C’è andata pure bene, poteva finire 5-0”. Nella settimana successiva al Festival di Sanremo, le parole e la musica ce le ha messe Aurelio De Laurentiis, non dalla cittadina ligure ma direttamente dagli spogliatoi del Bernabèu.

Senza tema di smentita, nel suo commento a caldo il presidente azzurro ha sbagliato sia modi che tempi, lasciando poco spazio alla diplomazia e soprattutto schierandosi dalla parte di chi ha puntato il dito contro Sarri e i suoi ragazzi, rei di eccessivo timore reverenziale al cospetto delle Merengues guidate da Zidane. A detta di tutti, non a torto, il presidente avrebbe fatto sì bene a strigliare i suoi, ma in privato, meglio ancora se il giorno dopo, a rabbia ormai sbollita. Tuttavia, una volta che lo sfogo si è reso pubblico, tanto vale analizzare nel merito le frasi pronunciate dal cine-presidente.

Il passaggio fondamentale della mini intervista è racchiuso proprio in quelle tre frasi: è mancata convinzione, erano tutti bloccati, c’è andata bene. Ha forse detto qualcosa di sbagliato De Laurentiis? Occhio e croce, decisamente no. Il Napoli a Madrid è apparso irriconoscibile, non solo schiacciato dallo strapotere fisico di Modric e compagni, ma anche annichilito dalla velocità d’esecuzione delle giocate dei padroni di casa. Chi ha visto qualche partita del Napoli di Sarri, sa bene che proprio il giro palla a ritmi alti dovrebbe essere marchio di fabbrica dalle parti di Castel Volturno. In un certo senso, anche se in modo sgangherato, De Laurentiis ha voluto mandare un segnale chiaro ai suoi tesserati: ci può stare la sconfitta, ma se siete bravi dimostratelo sempre.

Questo messaggio, in primis, era rivolto al suo allenatore, bravissimo a far giocare gli undici in campo in modo divertente e profiuco (i 76 gol messi a segno fino ad oggi sono un dato eloquente), ma un po’ troppo restìo a cambiare registro. Passi il discorso tattico, sul quale la dialettica di qualsiasi presidente scade nello sproloquio, ma sotto il profilo della gestione dell’azienda (peraltro sua) le parole di De Laurentiis non fanno una grinza: Gabbiadini, Maksimovic, Rog e ora Pavoletti, una spesa totale che senza contare i vari bonus supera i 65 milioni di Euro ma che con Sarri ha visto scarso riscontro sul campo.

Poi ci sono stati, sempre nell’immediato post partita, l’imbarazzo dello stesso Sarri e la difesa del gruppo da parte di Mertens e Reina, dopodichè la società impone il silenzio stampa, tranne sui profili social ufficiali degli stessi giocatori. Nella successiva trasferta a Verona contro il Chievo, avversario storicamente ostico, il Napoli era atteso al varco: in molti parlavano di uno spogliatoio in ebollizione, destinato ad un’esplosione imminente. E invece no. Gli azzurri (da qualche tempo a questa parte “bianco-strisciati”) si sbarazzano dei clivensi con una perla del solito Insigne, un gol di rapina di capitan Hamsik e il sigillo di qualità firmato Zielinski. Vecchia e nuova guardia si passano il testimone. Ma la sorpresa più grande forse arriva proprio da Sarri: il mister schiera titolari Maksimovic in difesa, che quindi scalza Raul Albiol, e Pavoletti in attacco, rinunciando al redivivo Mertens.

Avrà incassato la ramanzina di De Laurentiis? Avrà capito che il metodo è importante ma il patrimonio societario lo è forse di più? E ancora, i giocatori che hanno offerto una prestazione più che convincente al Bentegodi hanno giocato bene per dimostrare di essere dalla parte dell’allenatore e contro la società? A parere di chi scrive, la risposta a tutte e tre le domande è un no secco e deciso. Il motivo è molto semplice: l’allenatore e i giocatori, finchè sono sotto contratto, devono considerarsi lavoratori dipendenti della SSC Napoli. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che non si gioca bene e si vince per sè, per il compagno di squadra o per l’allenatore che siede in panchina, bensì per la squadra e per la società che la rappresenta. Volendo essere precisi fino in fondo, più che dalla parte di Sarri i giocatori hanno dimostrato di essere dalla parte di De Laurentiis, perchè vincere fa l’interesse dell’azienda, non di un singolo suo dipendente, benchè fondamentale nell’organico.

Non va letta come casuale la tempistica del tweet di Pepe Reina (come detto non censurato dal silenzio stampa imposto dal Napoli), direttamente dallo spogliatoio dello stadio veronese. Ci sono tutti o quasi, la squadra è in posa sorridente, ma soprattutto è da notare come i giocatori indossino tutta o parte dell’uniforme di gioco. Come dire: questo gruppo non sta dalla parte di nessuno. Questo gruppo si chiama Napoli.

About author

Paolo Esposito è laureato in Economia Aziendale. Per lavoro si occupa di tax auditing con particolare attenzione al transfer pricing, al financial accounting e alle business restructuring. Tuttavia crede che di calcio sia meglio parlare in napoletano.
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