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Caro ADL, l’OPA alla Gazzetta si fa coi bambini

 

UNO, NESSUNO E CENTOMILA AURELIO

Nel post gara col Real, Aurelio De Laurentiis ha calato l’asso. In pochi minuti ha ricompattato l’ambiente. E’ bastato riproporre la retorica stantia del “noi contro tutti”, “tutti ci odiano”. Molto adolescenziale, a ben vedere. Tipico dell’età in cui “nessuno mi capisce”, “tutti mi odiano”. Un ritornello che trova terreno fertile a Napoli. Un jolly da giocare al momento opportuno. Il Presidente in questo caso è come il denaro, che non ha ideologia. Oggi si propone come capopopolo, come presunto e strenuo difensore della napoletanità, in un dualismo nord-sud dagli echi pigramente neoborbonici. Ma è lo stesso dello stadio da ventimila posti e del “fino all’altro ieri eravate nello sterco”. Esempio perfetto di un viaggio infinito tra masaniellismo e classismo.

 

QUELLI COMPETENTI E QUELLI SIMPATICI

Tuttavia, dopo questa breve vivisezione della comunicazione pubblica del Presidente del Napoli, è innegabile come il sistema mediatico calcistico sia sbilanciato verso il nord del Paese. Cosa che vale anche per realtà che avrebbero base regionale. Al netto dei vari streaming, a Napoli è possibile seguire le gesta di Tiziano Crudeli. Mentre qui al nord non arrivano le infinite trasmissioni sportive prodotte a Napoli (e nemmeno a Roma sulle due romane).
E allora cosa arriva di Napoli e del Napoli al nord? Non c’è bisogno di una ricerca prolungata nel tempo per notare come le squadre più rappresentate nelle trasmissioni siano Juventus, Inter e Milan. Poi c’è il napoletano. Quasi sempre è un comico o pseudo tale. O, al massimo, una sorta di saltimbanco. Il napoletano è simpatico. Ma la competenza è una cosa seria.

Allora proviamo a capire perché accade questo. Dato che, se non ci provassimo, faremmo lo stesso errore di chi indirizza i titolisti su “piagnisteo/sceneggiata napoletano/a” (a proposito, la nostra è lagna, quella altrui è “rabbia” o “furia”).

 

IL BACINO DEL NERO (COL BIANCO, IL ROSSO E IL BLU)

Juventus, Inter e Milan hanno il maggior numero di tifosi. E non solo al nord. E’ risaputo. ADL sa benissimo che giornali e TV sono aziende e si comportano di conseguenza. E’ normale quindi che “spingano” verso e compiacciano coloro i quali rappresentano la maggior fetta della propria clientela. E compiacere significa anche restituire un’immagine di Napoli e del Napoli aderente alla percezione che all’esterno si ha di noi.
Per questa criticità, la soluzione potrebbe essere la costruzione di un network (tv, carta stampata o almeno radio), che parta da Napoli. Tuttavia, il ceto imprenditoriale nostrano non ha evidentemente la forza (o la voglia?) di imbarcarsi in una tale avventura. E, a quanto pare, non ha neanche la forza per inserirsi nei CDA dei network principali.
La stessa classe imprenditoriale che, peraltro, a volte s’invoca che subentri allo straniero romano “pappone”.

 

CI RIPRENDIAMO QUELLO CHE E’ NOSTRO (E NON SOLO)

Bene. Fin qui abbiamo capito che una TV non ce la possiamo permettere. E che finchè siamo minoritari, rimarremo subalterni nel panorama mediatico nazionale.
E allora l’unica è cercare di smettere di essere minoritari. Allargare il bacino d’utenza. Una parola. Ma non necessariamente.
In base a cosa si diventa tifosi di una squadra? Per molti napoletani la risposta è semplice e scontata. Sono di Napoli e tifo per la squadra della mia città. Ma, come sappiamo, Napoli è piena di tifosi delle tre squadre più blasonate d’Italia. E derubricare questa tendenza ad insulti di vario tipo, non spiega le cose. Per migliorare occorre capire.
La squadra del cuore, quella che quasi sempre si tiferà poi per tutta la vita, si “sceglie” da bambini. Allora alcuni sceglieranno naturalmente la squadra che si tifa in famiglia.
Ma il bambino, come si sa, vuole vincere. O almeno vuole divertirsi. Questa può essere un’ulteriore chiave di lettura per cui, probabilmente, il Napoli ha perso molti tifosi, durante il buco nero tra Maradona e il rinascimento calcistico che stiamo vivendo con ADL.
Qualcuno può aver tifato Milan perchè da una parte c’era George Weah e dall’altro c’erano Caccia e Aglietti. E mentre imperversava Del Piero, non si può imputare ad un bambino di non essersi innamorato del Napoli, vedendo le “gesta” di Florian Prunier (N.B.: non ho certezza delle coincidenze temporali).
Il bambino vuole gli idoli, i campioni. Vuole vincere. A volte si accontenta anche “solo” di divertirsi. E allora, in quest’ottica, Sarri diventa cruciale. Non ha vinto niente finora. Ma un bambino, guardando il Napoli, può entusiasmarsi. Oggi il Napoli può rubare i tifosi di domani alle due milanesi, ad esempio.
E in un Calcio sempre più globalizzato, non bisogna dimenticare come la potenziale clientela sia mondiale. Per cui, quando si parla di mercato cinese, giapponese, americano, arabo, non si può non considerare i bambini di quelle zone. Il Napoli oggi sa proporre qualcosa di avvincente per un bambino di una Cina che ha deciso di investire capillarmente sul Calcio? La risposta l’abbiamo data prima ed è sì. O almeno, la direzione sembra essere quella giusta.
Per quanto sgradevole possa sembrare, l’OPA a Mediaset, Sky e Gazzetta si fa con i bambini.

 

IL SIERO DELLA VANITA’

Se si vuole essere raccontati in maniera diversa, bisogna smetterla di accettare l’oleografia “positiva” che si da’ di Napoli.
Tutta la narrazione extra campo che ha accompagnato Napoli-Real si è incentrata su quanto di bello e buono abbiano detto altrove di Napoli e del Napoli. Sintomatica è la bufala sulle gambe di Ronaldo che tremavano al San Paolo. Quanto siamo bravi, quanto siamo belli e soprattutto quanto siamo unici. No, non siamo unici, non lo siamo. Ne’ nel bene, ne’ nel male.
L’essere speciali che ci viene cantato in certe occasioni è l’altra faccia del piagnisteo. La pizza e via Caracciolo sono nello stesso mosaico della lagna e della sceneggiata.
Opporsi a lusinghe di questo tipo, invece che condividerle sui social, ad esempio, è il primo passo per trasformare nei titoli dei giornali, la “lagna” in “furia”.

 

ALLA FINE, E’ SEMPRE QUESTIONE DI SPALLAASPALLA

Al di la’ di rafaeliti, sarriti, papponisti e tuttologi vari, la storia è sempre la stessa. Ognuno faccia la sua parte. De Laurentiis abbia cura del sarrismo, di cui Sarri, in realtà, non ha il copyright. Un modo arrembante e divertente di concepire il Calcio, a prescindere da Sarri che, prima o poi andrà via da Napoli, com’è normale che sia. Ma è importante che il tipo di Calcio proposto dal tecnico tosconapoletano non rimanga un episodio isolato. E’ fondamentale che anche la filosofia di gioco della squadra, divenga parte integrante della politica societaria. Al netto delle specificità dei singoli allenatori e di una dialettica più che legittima tra il proprietario di un’azienda e un suo dipendente.
Sarebbe inoltre auspicabile che il patron azzurro imprimesse una forte accelerata per quanto riguarda lo sfruttamento dell’immagine dei calciatori. Per quanto controversi, ben vengano anche i diritti d’immagine. A patto che vengano ottimizzati adeguatamente e non solo per fini economici immediati. Bensì per contribuire a creare quegli idoli di cui si innamorano i bambini. E, piaccia o non piaccia, la costruzione di un idolo, passa attraverso anche la sua immagine mediatica, oltre che per un colpo di genio in campo. In quanto a storytelling, il Napoli deve farne di strada.
D’altra parte, chi ama Napoli e il Napoli, smetta di compiacersi per il lungomare. Giacchè lo sappiamo già che è meraviglioso e ce lo teniamo stretto. Però possiamo essere molto di più di una cartolina.

P.S.: pur non condividendone l’operato, massima solidarietà a Malfitano.
P.P.S.: il Napoli ha perso con l’Atalanta per demerito suo e meriti degli avversari.

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Fabio Cotone è regista teatrale. Appassionato di scienze umane.
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