Raccontare Dimaro. E’ questa, in sintesi, la nostra missione.
L’arrivo nella piccola comunità trentina ci ha confermato le sensazioni avute all’ombra di un Vesuvio ancora fumante e sofferente: si viaggia su due binari paralleli. Da un lato una terra umiliata e offesa che ha affidato alla dirompente forza dei social network la grande indignazione e la smisurata voglia di ribellione, dall’altra, una piccola (ma nemmeno tanto) succursale partenopea che, investita dall’onda azzurra, non ha percezione dei nefasti fatti vesuviani.
Napoli e Dimaro sono come due matrioske: così vicine, così simili ma anche così diverse, entità separate della stessa essenza. Napoli è ancora una città mortificata che cerca disperatamente di risollevarsi dall’ennesima azione assassina ad essa rivolta: sui social scorrono impietose immagini e video di pinete bruciate e fumanti. Dimaro, invece, è l’esplosione della Napoli che vive avulsa dalle problematiche che l’hanno ancora una volta spiattellata in prima pagina per fatti poco edificanti.
In Val di Sole il clima è bellissimo, l’aria salutare e limpida, i tifosi festanti.
La gente qui ha “dimenticato” le sofferenze campane, è avvolta da un’atmosfera coinvolgente che scherma e proietta dritti al sogno. Udir innalzarsi dalle affollate tribune del campo di Carciato l’impolverato coro “vinceremo il tricolore” è stato emozionante. I calciatori l’hanno ascoltato mentre erano intenti a correre lungo la pista di atletica durante la fase di riscaldamento, si son guardati, hanno sorriso, forse hanno pure metaforicamente compiuto qualche gesto scaramantico, chissà. Il finale della storia non lo conosce nessuno ma la missione è partita. Proprio come la nostra.