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Partenopeismi

Napoli vs Juve, il modello virtuoso azzurro ha azzerato il “gap”

Sono i giorni del grande duello Napoli-Juventus,  che sembra essere diventato il leitmotiv della Serie A 2017/18. Non ci stuzzica, e ne rifuggiamo scientemente, il contesto arbitrale e la polemica Var-No Var, con le derive partigiane che, inevitabilmente, ne scaturiscono.

Ci aggrada, invece, l’analisi calcistica che innesca la dialettica (di campo e mediatica) tra il club più titolato del Belpaese e la società di Aurelio De Laurentiis, autentica parvenue dei salotti buoni del Football d’Italia.

Appena due anni fa, all’alba del progetto tecnico sarriano alle falde del Vesuvio, il Napoli festeggiava un po’ rocambolescamente (sconfitta dell’Inter, vittoria del Napoli all’ultima di andata sul campo del Frosinone) il malinconico trono di “Campione d’Inverno”.

Era un primato provvisorio, anche un tantino casuale, visti i propositi di inizio stagione di quel Napoli, guidato da quel famelico divoratore di reti che risponde al nome di Gonzalo Higuain. Quella squadra, che aveva salutato con strascichi di veleni e polemiche il biennio di Benitez, si aggrappava a quello che un po’ tutti definiscono il nuovo “maestro” del calcio italiano, Maurizio Sarri.

Dopo due anni di cura sarriana, il Napoli è lì, faccia a faccia con la Juventus di Allegri, che intanto si è accaparrata proprio i servigi di Higuain, strappandolo alla principale rivale, oltre ad un manipolo di interpreti  di statura europea.

Pochi ricordano che il Napoli di Benitez aveva terminato a distanze siderali dalla Juventus nei due campionati alla guida del tecnico spagnolo (24 punti nel 2013/14, 24 punti nel 2014/15), mentre il primo Napoli di Sarri campione d’inverno aveva chiuso a “soli” 9 punti dai bianconeri, dopo aver tentato di competere per il primato praticamente fino al goal di Zaza (correva il 14 febbraio).

Il gap si è assottigliato di stagione in stagione, perché lo scorso anno sono stati solo 5 i punti di distanza tra il Napoli ed i padroni incontrastati del calcio italiano. Quest’anno, invece, sin dalla prima giornata gli azzurri si sono impadroniti della leadership del campionato, smarrendone il possesso soltanto per un turno (a vantaggio dell’Inter).

Pochi evidenziano come il Napoli abbia, in questi tre anni, gradualmente azzerato la “forbice” con i campioni in carica. Quello che è ancora più allettante analizzare è, attraverso quale strategia il club partenopeo abbia colmato questo gap. Il Napoli è rimasto fedele a sè stesso, non ha mai sconfessato la sua politica societaria, seguendo una linea coerente nel corso degli anni nonché remunerativa per il bilancio, agendo con oculatezza finanziaria ma anche con lungimiranza e competenza tecnica.

La lungimiranza è la parola chiave del modus agendi del club di De Laurentiis, perché tutti i primattori dello spartito di Sarri sono state scelte ben precise, innesti mirati, quei calciatori giusti presi al momento giusto. La qualità delle scelte, innanzitutto, ma anche la capacità di saperlo fare con strumenti inferiori rispetto a quelli del club piemontese.

Mentre la Juve, forte di un fatturato importante (tre volte maggiore a quello azzurro) e di una capacità di spesa prorompente, ha fondato la sua agenda di mercato sull’accaparramento di campioni affermati, gente dal pedigree riconosciuto e dall’elevata statura calcistica, il Napoli è figlio di un progetto più graduale ma in continua espansione.

La continuità tecnica è il perno, il pilastro della strategia azzurra.

Il biennio di Benitez era servito a generare un nucleo tecnico forte, fatto di calciatori importanti ma non ancora giunti alla piena maturazione del proprio talento. I vari Reina, Callejon, Mertens, Insigne, Albiol, Hamsik sono stati affiancati a ragazzi giovani, arpionati con abilità ed intelligenza dalla dirigenza: Koulibaly fu prelevato dal Genk per 7 milioni, Ghoulam fu  strappato al Saint Etienne per 5,5 milioni, mentre i vari Jorginho, Hysaj, Allan sono arrivati dalla piccola e media borghesia del calcio italiano (Verona, Empoli, Udinese), con una spesa accettabile ed in alcuni casi irrisoria.

Il club azzurro ha ceduto e bene, Higuain mandato proprio alla rivale Juventus ha fruttato una plusvalenza monstre (90 milioni di euro come da clausola) che ha permesso al Napoli di investire soldi freschi sul mercato, rivolgendosi ad un target giovane, dal talento assicurato e dalle prospettive importanti. Le cessioni, quindi, come la stessa Juventus insegna, possono anche essere elemento di miglioramento e di avanzamento, se si investe bene quello che si ricava.

Così sono arrivati i vari Zielinski, Diawara, Rog, Milik, Ounas. Il Napoli da loro si aspetta una crescita esponenziale:  in alcuni casi sta già avvenendo, in altri bisognerà attendere ancora. Quel che è certo è che il club partenopeo punta su un target giovane, non ancora nel pieno dello splendore, ma dal talento sicuro e da sgrezzare.

La società di De Laurentiis lavora con un inconfondibile marchio di fabbrica,  acquista il prospetto di giovane età, messosi in luce in piazze meno complesse, lo inserisce in un contesto rodato, dove il nucleo “storico” fa da collante e da motore della squadra, così da mettere questi ragazzi nella condizione ideale per crescere, esprimersi e perfezionare il proprio talento.

Il Napoli ha dato tempo e spazio a questo gruppo di calciatori di sbagliare, migliorarsi, crescere, per poi ritrovarsi in casa campioni assoluti come Koulibaly, Allan, Insigne e Mertens. E’ un percorso più lungo, meno aggressivo, ma sicuramente appagante. Una strategia alternativa ai grossi investimenti multimilionari, un modello virtuoso e proficuo, in attesa di dotarsi di strutture ed ulteriori fonti di ricavi.

La Juventus ha pagato a suon di milioni i vari Higuain, Dybala, Mandzukic, Pjanic, Bernardeschi e Douglas Costa, alcuni già campioni affermati, altri vogliosi di riscatto ed altri ancora in rampa di lancio. Il Napoli ha risposto con un piano pluriennale a lunga gittata, costruendo un’anima tecnica forte e strutturata e mettendo la rosa nelle mani di un “innovatore” come Maurizio Sarri.

La competenza e la lungimiranza messe a confronto con i soldi e lo strapotere “politico”. Non sappiamo quale sarà l’esito di questo duello, ma per il Napoli è già una vittoria essere lì a lottare per un traguardo che solo tre anni fa sembrava irraggiungibile.

 

 

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Francesco Romano è laureato ed ha un master in comunicazione e marketing. Ama scrivere, lavora presso Mediaset.
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