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Questione stadio: rilevare il San Paolo o costruirne uno nuovo?

La presunta bomba è stata lanciata dal sindaco De Magistris qualche giorno fa, durante un’intervista rilasciata a Canale 9: “se dovesse venire De Laurentiis o qualcun altro con una cifra congrua non la riterremmo una follia”. Si parla di stadio San Paolo e della possibilità che qualcuno ne acquisti la proprietà. L’intenzione di vendere è reale? Cosa si intende per “cifra congrua”? E se fosse tutta una messinscena?

La volontà di non vendere

Partiamo da una considerazione incontestabile: il Comune di Napoli non vuole vendere lo stadio di Fuorigrotta. Lo ha detto lo stesso De Magistris in un altro passaggio dell’intervista, facendosi portavoce di quanto già approvato in sede di bilancio preventivo 2017/19. Nell’allegato 2 alla nota integrativa, firmato dal Capo di Gabinetto Attilio Auricchio, l’Amministrazione comunale ha manifestato l’intenzione di vendere taluni complessi sportivi (10 in tutto), stimandone il valore complessivo in 123 milioni di Euro. Tra questi non c’è lo stadio.

In calce all’elenco delle strutture alienabili si legge anche che la stima del valore effettuata dal Comune è indicativa, invitando contestualmente la società Napoli Servizi ad incaricare i periti per una valutazione più precisa. Ciò implica non solo che non c’è l’intenzione di monetizzare dalla vendita del San Paolo, ma non esiste nemmeno la volontà di identificare la famigerata cifra congrua.

Lo stadio ha un valore, non un prezzo

Fornire una valutazione attendibile dello stadio deve categoricamente escludere di dare numeri a caso: “il San Paolo vale almeno 50 milioni”, dice De Magistris, cifra che ovviamente non risponde a criteri oggettivi, non fosse altro che non sono state effettuate né stime da parte dell’ufficio tecnico, né è stato interpellato un perito.

Secondo Il Mattino, che riporta i dati del patrimonio immobiliare di proprietà del Comune, l’impianto varrebbe circa 28 milioni. Tale cifra rappresenta un valore puramente catastale (le strutture sportive sono ricomprese nella categoria D6), in quanto ottenuta moltiplicando per 60 la rendita unitaria indicata a bilancio, pari a 464 mila Euro. Tale importo è già più attendibile rispetto ai 50 milioni pretesi dal sindaco, ma va detto che il valore catastale di un immobile non risente del suo stato di conservazione, e che spesso è lontano dal suo valore di mercato.

Il termine “valore” non è utilizzato a caso in questo contesto. Appare abbastanza evidente che il Comune di Napoli (che viaggia spedito verso il dissesto economico), attraverso un’offerta folle risanerebbe gran parte dei suoi problemi finanziari. E’ altrettanto giusto, di contro, che un imprenditore quale può essere il presidente della SSC Napoli assuma qualcuno per studiare quanto valore può creare per la sua azienda uno stadio di proprietà.

Come già spiegato in un nostro precedente articolo, dal botteghino non arrivano buone notizie per il Napoli. Nel periodo 2013 – 2017 i ricavi da stadio si attestano mediamente intorno ai 17 milioni di euro, in dettaglio (dati in migliaia di Euro):

Tuttavia si tratta di un dato parziale, perché fotografa i soli introiti derivanti dalla vendita di biglietti e abbonamenti. Ciò che il bilancio non dice, e che tra breve andremo ad approfondire, sono le perdite che uno stadio come il San Paolo impone al Napoli, vale a dire i soldi a cui De Laurentiis è costretto a rinunciare per le pessime condizioni in cui versa l’impianto.

La relazione del Coni

In una relazione stilata nel 2014 dalla società Coni Servizi, consegnata al Comune in occasione del rinnovo della convenzione d’uso, si accerta innanzitutto che il San Paolo non può essere ad oggi considerato uno stadio moderno che permette lo sfruttamento delle potenzialità proprie della SSC Napoli”.

La premessa suona già come una sentenza. Entrando nel merito delle cifre, i tecnici del Comitato olimpico elencano tutta una serie di defezioni che uno stadio di categoria Uefa 4 (il massimo in termini di capienza e grandezza del terreno di gioco) non dovrebbe presentare.

Si parte dall’affitto: il Napoli paga al Comune 1 milione di Euro l’anno, mentre secondo il Coni ne basterebbero poco più di 500 mila. Il terzo anello, come noto, è inagibile: ciò provoca una mancata vendita di biglietti o abbonamenti per un valore stimato di 5,5 milioni. Ancora, gli stadi moderni sono dotati di un’area riservata all’ospitalità per i gruppi aziendali: destinando ad essa 750 posti il Napoli introiterebbe circa 4 milioni annui. Se poi venissero predisposti i cosiddetti sky box, aree private da 4 a 10 poltroncine con annesso buffet e servizio ricettivo dedicato, i potenziali ricavi supererebbero i due milioni. Poi ci sono i punti ristoro, per i quali si stima una perdita di un milione scarso solo perché molti di essi sono posizionati in zone scomode.

Residualmente si registrano 350 mila Euro di mancati ricavi relativi al merchandising, in quanto il punto vendita ufficiale è aperto solo in occasione delle partite. Se i parcheggi fossero agibili frutterebbero 40 mila euro e se lo stadio, in generale, fosse aperto ad altre manifestazioni collegate in qualche modo al calcio, il Napoli potrebbe incassare ulteriori 150 mila Euro.

Conclusioni: due soluzioni fattibili   

Il totale fa 13,5 milioni, che se sommati ai ricavi da gare illustrati nella precedente tabella arriverebbero quasi a raddoppiarli. Sono soldi che il Napoli potrebbe spendere sul mercato, per aumentare gli ingaggi, per costruire strutture, ma al momento sono soldi persi.

Una prima soluzione per venire fuori da questo circolo vizioso è rilevare il San Paolo. Di sicuro non andrebbe regalato, ma De Laurentiis potrebbe cavarsela con una cosiddetta vendita nummo uno, ossia a prezzo simbolico. In pratica, De Laurentiis non verserebbe nulla nelle casse del comune, ma si impegnerebbe nella ristrutturazione totale dell’impianto e nel pagamento delle pendenze di competenza di Palazzo San Giacomo, come la manutenzione e la messa a norma degli impianti.

Alternativamente è possibile seguire le linee guida dettate dalla federazione europea nel documento denominato Uefa Guide to quality stadiums. Si tratta di un vero e proprio vademecum, semplice e sequenziale, nel quale vengono fornite informazioni di base su tutti i passaggi da seguire per costruire uno stadio moderno e funzionale.

Il documento affronta tutti gli aspetti pratici: l’appalto, la localizzazione, il design, il profilo degli utilizzatori, la struttura, le installazioni meccaniche ed elettriche, la sostenibilità ambientale, la manutenzione e il processo di costruzione. Nulla è lasciato al caso.

Nel documento, l’Uefa propone anche alcuni casi pratici di stadi costruiti seguendo correttamente le linee guida. Tra tutti meritano menzione l’Estadi Cornellà-El Prat di Barcellona, destinato all’Espanyol, e l’ Arena im Allerpark di Wolfsburg. L’impianto spagnolo è costato 62 milioni di Euro ed accoglie 40 mila spettatori, mentre per quello tedesco, di 30 mila posti, è stato necessario sborsare 53 milioni.

Non parliamo certo cifre inaccessibili per una società come il Napoli. Il vantaggio futuro, di contro, sarebbe enorme.

About author

Paolo Esposito è laureato in Economia Aziendale. Per lavoro si occupa di tax auditing con particolare attenzione al transfer pricing, al financial accounting e alle business restructuring. Tuttavia crede che di calcio sia meglio parlare in napoletano.
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