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Partenopeismi

Il fallimento della piazza

Adesso chiamatelo fallimento. Si, fallimento. Avete capito bene. Perché per molti di questo si tratta. La piazza napoletana deve assolutamente tornare ad essere obiettiva e giusta. Le critiche, lo scontento e le lamentele di cui abbiamo avuto percezione a seguito di questa giornata di campionato sono state irriconoscenti nella migliore delle ipotesi, disgustose nella peggiore. Quella odierna è stata la domenica dell’ingraditudine, della cecità e dell’ iniquità.

Come ci si può lamentare di una squadra che ha 78 punti in classifica ed è matematicamente in Champions a sei giornate dal termine della stagione?

Come si può sommergere di critiche e delusione una squadra che ha la migliore difesa d’Italia fuori casa e da 28 giornate consecutive non perde? Parliamo di meriti e primati che alle spalle dell’imbattibile Juventus non hanno accarezzato nessun’altra compagine italiana.

Le nostre sono domande retoriche. La risposta l’abbiamo: il Napoli, a meno che non si concretizzi un miracolo, non vincerà il tricolore.

Una macchia indelebile, una vergogna nazionale, uno “scuorno” insopportabile.

Quanto è piccolo il tifoso napoletano se prova i sentimenti su-citati? Quanto è provinciale il tifoso napoletano se si lascia ridicolizzare da un secondo posto dandogli il sapore della sconfitta? Che aggettivi bisogna dedicare a chi è accecato dal desiderio oramai incontrollato e fuori dalla logica dei numeri di vincere lo scudetto e non vede oltre la sua ormai sbiadita sagoma? Come bisogna definire chi tramuta in fallimentare una stagione quasi parente stretta della perfezione?

Tutte domande chi ci conducono ad una risposta disarmante: a crescere e fare il salto di qualità deve essere il tifoso azzurro, non il Napoli squadra.

In tanti accusano il club di provincialismo, di aver sperato ed alimentato un sogno impossibile ed aver snobbato competizioni più abbordabili come la Coppa Italia e l’Europa League.

A tutti coloro che sostengono questa teoria chiediamo: che posizione occupano in campionato le due milanesi capitanate dagli ingenti capitali cinesi, tanto auspicati anche alle pendici del Vesuvio al posto dell’”improponibile” Aurelio De Laurentiis?

Dov’è la Lazio, il cui tecnico è considerato dai napoletani notevolmente superiore al “nostro” Maurizio Sarri? E dov’è la Roma, che se non fosse stato per la straordinaria impresa con il Barcellona (che ci auguriamo la porti quanto più avanti possibile) avrebbe avuto ancora da lottare a denti stretti per una qualificazione in Champions?

La verità è dura e cruda: con moltissime probabilità al termine della stagione l’unica società italiana ad aver arricchito la propria bacheca sarà ancora una volta la solita Juventus degli Agnelli.

Allora, cari napoletani perseguitati dall’ossessione di vincere, fatevene una ragione: è una questione di potenziale. Il Napoli non è costruito per vincere e quest’anno ha ottenuto molto di più di quanto avrebbe dovuto fare: ci ha fatto accarezzare il sogno per ben trentadue giornate di campionato. E le mani impegnate nell’azione erano anche le vostre. Forse avete prodotto un orgasmo asciutto, avete goduto ma non ve ne siete accorti.

E meno male che Pepe Reina oggi è stato uno dei migliori in campo, altrimenti non solo avreste sostenuto uomini senza attributi e senza cattiveria, ma avreste avuto tra i piedi anche degli inguaribili venduti.

About author

Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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