Che vita si vive se si viene privati della possibilità di sognare?
Che percorso esistenziale si attraversa se viene sottratta la spontaneità di credere nella genuinità delle cose?
Il calcio italiano in questo epilogo di campionato ha subìto l’ennesimo colpo alla sua credibilità.
La gioia che dona un gesto tecnico, una giocata straordinaria, un pallone che carambola nella rete avversaria, è stata estirpata con violenza dalle anime di ognuno di noi per fare spazio allo sdegno, alla sfiducia, allo sconforto. Ancora una volta. E sempre con maggiore ferocia.
I Social in queste ore sono un doloroso slogan a discredito del calcio, sono un’ incessante e indigesta evidenziazione di azioni deplorevoli.
Lo scenario che si radica sempre più dinanzi agli occhi degli appassionati è raccapricciante: per molti appassionati di calcio questo gioco di ludico e spontaneo non ha più nulla. E’ ridotto ad una misera messa in scena.
La gente pensa che la questione arbitrale sia solo la punta dell’iceberg di un sistema molto più strutturato. Si crede che la divisione dei diritti TV sia il punto focale da cui nasce tutto, che ci si trovi dinanzi ad un campionato che non può essere competitivo visto che la prima in classifica riceve in termini economici da 10 a 20 volte in più rispetto a quello che incassa la ventesima fetta.
E poi si pensa al controllo del mercato dei calciatori, che rappresenterebbe l’altro pezzo marcio del puzzle, una fetta che a gennaio scorso il Club di Aurelio De Laurentiis avrebbe patito in modo evidente, cercando invano di portare a Napoli calciatori che si sono sorprendentemente rifiutati, anche dinanzi a cifre folli.
Si pensa esistano società satelliti che evitano di mettere il bastone tra le ruote alla società cui fanno capo, si pensa nello specifico a Sassuolo e Bologna, che sarebbero state ampiamente ricompensate dai “padroni” con contropartite tecniche.
Si pensa a parte di stampa – quella più in vista – che avrebbe fatto finta di nulla, che avrebbe evitato di gridare allo scandalo.
Si pensa alla ramificazione parlata, distribuita con capillare cura da parte delle menti juventine all’interno dei salotti televisivi, dal più blasonato al più modesto. Si è convinti del fatto che in ogni angolo del globo comunicativo vi sia una cellula bianconera pronta ad indirizzare l’opinione pubblica, e che dallo stesso angolo venga cacciato chi non è incline all’obbedienza e alla sudditanza.
Si è convinti che note testate giornalistiche sfornino un’informazione palesemente pilotata. Da vomito vengono definite dalla gente i silenzi della stampa a seguito delle pesanti dichiarazioni rilasciate da Gianluigi Buffon a margine della cocente eliminazione dalla Champions League; Si pensa alla disparità di commento al cospetto dell’intervento di un furioso ADL a seguito di Napoli-Dnipro.
La gente crede che per colpa di questo sistema la Juventus possa inanellare una serie infinita di vittorie in campo nazionale, che ci si possa paradossalmente trovare dinanzi ad un sistema masochista che finirebbe per impoverire addirittura coloro che l’avrebbero generato.
La gente pensa che sia questo il motivo per cui in Nazionale non giungono più giovani di valore, perchè manca competitività, perché il mercato dei giovani è a senso unico, perché non essendoci confronto e valorizzazione tutti finiscono dilapidare le proprie potenzialità perché privi di stimoli.
La gente guarda il calcio e vede un’organizzazione torbida, borderline, sente la presenza di quel potere forte di cui percepisce la puzza ma non ne vede traccia palese.
La gente pensa. Ha smesso di sognare.
La gente ha smesso di vincere.
“A volte il vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato”. [Jim Morrison]