Ieri sera ho avuto paura. Arrivo in teatro a Folgarida alle 20,45, l’attesa conferenza è prevista alle 21,15. Entro e la sala è già colma di tifosi. Cerco posto tra le poltroncine riservate alla stampa, non lo trovo. Archivio il mio pass stampa e mi accomodo a fatica sul fondo della sala tra i tifosi.
In un quarto d’ora la sala diventa come la metropolitana di Napoli alle otto di mattina. La gente è accalcata ovunque, affolla i corridoi centrali, quelli laterali, ostruisce finanche il varco di ingresso.
La tensione cresce: qualche tifoso si becca per reciprochi spintoni, qualcun altro lo fa con gli operatori TV che come plotoni in fila occupano tutta un corridoio laterale.
Quando l’addetto stampa del Napoli Guido Baldari – visibilmente preoccupato – prende il microfono e “ricorda” alla stampa che la serata è esclusivamente dedicata ai tifosi, si alzano cori ed applausi. Ma giornalisti ed operatori ormai sono li e non possono andar via per far spazio ai tifosi incazzati, non è stata preclusa loro la possibilità di essere presenti per cui conservano legittimamente il diritto di fare il proprio mestiere.
La temperatura sale, non solo quella umorale. La geste si sveste – come cantava Rino Gaetano a Sanremo nel 1978 – ma lo fa perché l’aria comincia ad essere irrespirabile.
Scocca l’ora prevista e, puntuale, Nicola Lombardo prende la parola.
L’introduzione è strana. E’ una sorta di implicito rimprovero a chi reputa inconcepibile l’unità di intenti tra Aurelio De Laurentiis e Carlo Ancelotti. Come a dire: vi sembra così strano vadano d’accordo? Smettetela di insinuare che non sia così.
La seratina dei missili terra aria è cominciata. Ne verranno lanciati molti. Lo farà Aurelio De Laurentiis, tutti direzione Londra, laddove Maurizio Sarri proprio in queste ore si sta accordando con il Chelsea.
Poco gradevole la cosa. Comprendo il risentimento del Presidente, la sua rabbia per aver atteso il si del tecnico per mesi ed aver raccolto un no, ma non mi è piaciuto il fatto che la delusione si sia trasformata in sola irriconoscenza.
Quella che non ha avuto invece Carlo Ancelotti. Lui, con classe e forse una lucidità maggiore, ha riconosciuto i grandissimi meriti del suo predecessore e lo ha più volte ribadito. Ha parlato di squadra pronta, di calciatori che hanno un livello già ottimo di conoscenze.
Al Presidente andrebbe ricordato che alla squadra questo livello di qualità organizzativa l’ha trasmesso proprio chi a Londra in queste ore sta facendo atterrare i suoi missili cercando di evitare che procurino danni.
La serata termina senza grossi scossoni mediatici. Stranamente – contrariamente al solito – dal pubblico non vengono fuori domande particolarmente piccanti. Con l’utopistica fantasia Cavani ancora in vita, andiamo via.
Parte dei presenti, tra cui tantissimi bambini, si accalca sotto il palco, i loro beniamini “scappano” dietro le quinte. Altri presenti invece sfollano, per fortuna, in maniera ordinata.
Tra di essi ci sono anche io. Porto via con me il dispiacere per aver visto il Presidente disconoscente, ma anche il desiderio di far notare al Calcio Napoli che è vero che bisogna crescere, ma non portando Cavani a Napoli.
Magari, imparando a gestire in maniera più organizzata eventi come questo.