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Apocalipse Now-poli

Il Napoli ha raggiunto la decima partecipazione consecutiva ad una competizione europea dal 2010 ad oggi. Questo fa del club di Aurelio De Laurentiis l’unica società italiana ad essere stata sempre presente in una Coppa Europea nell’ultimo decennio.

Il Napoli è al secondo posto per il secondo anno consecutivo, aspettando l’aritmetica: sarebbero tre i secondi posti negli ultimi quattro anni, mentre l’altro è stato un terzo posto (ad un punto dal secondo e a 5 dal primo). Nella sua storia il club solo 8 volte si è classificato secondo in Serie A. Attualmente si tratta della seconda forza in pectore del calcio italiano, davanti a Roma, Milan e Inter.

NAPOLI, SERIE B O CHAMPIONS LEAGUE?

Eppure leggendo le cronache legate alla squadra azzurra, le opinioni dei calciofili di professione ed i discorsi nei bar dello sport formato social, sembra quasi che il Napoli la prossima stagione debba giocarla tra le fila dei cadetti. Il Napoli sembra retrocesso in Serie B.

A Frosinone un calciatore andaluso acquistato dal Real Madrid, alla sesta stagione in maglia azzurra, con 300 presenze in dote ed una bacheca personale fatta di attaccamento, professionalità e dedizione alla causa, si è visto rigettare in faccia la sua maglia (la numero 7 del Napoli) dopo averla lanciata, come ringraziamento a fine partita, nel settore occupato dai supporters azzurri.

Nei giorni scorsi i gruppi del tifo organizzato hanno tenuto un summit per pianificare le azioni da mettere in campo nel prossimo mese, in merito ad una contestazione che covava da tempo e che è esplosa in tutta la sua virulenza dopo l’esclusione dalla Coppa Uefa per mano dell’Arsenal.

La Napoli del tifo contesta, rifiuta maglie di calciatori rappresentativi ed espone striscioni contro la proprietà, i salotti televisivi alzano i toni e crocifiggono Ancelotti reo di aver portato il Napoli al secondo posto a distanze siderali dalla Juventus di Cristiano Ronaldo e (solo) ai quarti di finale di una coppa europea. Lo attaccano per aver affermato di non essere venuto a Napoli “per pettinare le bambole” e cavalcano l’onda del malcontento tirando la volata alla cessione imminente del Capitano e napoletano Lorenzo Insigne.

Sembra un controsenso, una stortura semantica leggere di un Napoli al centro di polemiche e veleni, nonostante risultati degni di nota a cui la tifoseria non è mai stata nemmeno avvezza. Siamo nel bel mezzo di un paradosso spazio-temporale, come se un film che concorra per gli Oscar e che abbia incassato tanto al botteghino, venisse boicottato dal grande pubblico o ancora meglio, visto che i gusti sono opinabili, come se un fisico illuminato, dopo tante pubblicazioni scientifiche di successo, venisse spernacchiato perché, nonostante i lusinghieri passi in avanti nella comunità scientifica, non sia riuscito ad arrivare al dunque.

UN NAPOLI ORMAI GRANDE E’ STATO LASCIATO SOLO

Ma quali sono i motivi per cui il Napoli, questo Napoli, non riscontra più il gradimento e l’ammirazione del suo tifo? Perché non riscalda i cuori dei napoletani? Lo scorso anno il Napoli ha appassionato eccome il cuore dei suoi tifosi, lottando fino all’ultimo e punto a punto con la corazzata Juve per il tricolore. L’allontanamento di quello che è stato considerato unico artefice di una rincorsa disperata per la vittoria, culminata in un insuccesso (immeritato), ovvero Maurizio Sarri, è stato il primo vero “strappo” tra il club e la gente.

Al posto di Sarri, però, è arrivato uno dei migliori allenatori del panorama calcistico mondiale: Carlo Ancelotti. Quello che si condanna al Napoli attuale ed in particolare alla sua guida tecnica è forse l’incapacità di non aver alzato l’asticella e anzi di essersi appiattito ed allineato alla politica della proprietà, ritenuta inadatta a competere per la vittoria. E’ chiaro che il discorso verte sempre sullo stesso argomento, o meglio sullo stesso personaggio: Aurelio De Laurentiis.

ADL, IL PRESIDENTE PIU’ ODIATO DELLA STORIA

Il rapporto tra Napoli e De Laurentiis è un rapporto che si è evoluto nell’arco di 15 anni, passando da una eccessiva ed immotivata aspettativa di una piazza mortificata dal fallimento, demolita dai pessimi risultati sportivi dal post Maradona all’inizio del 2000, fino a degenerare in un odio profondo per il personaggio e per i suoi modi discutibili.

Le uscite presidenziali, le risposte “colorite” a dir poco ad una piazza che gli chiede continuamente di “vincere” e che si è convinta di “meritare di più” tanto da confondere il sostegno e la presenza con la “pretesa” di dover primeggiare, non hanno aiutato a cementare il legame.

I modi del presidente del Napoli non sono mai scesi giù a parte della tifoseria, ma non da oggi, forse dal primo istante in cui De Laurentiis ha preso possesso del club. I paragoni con personaggi del cinema come il “sordiano” Marchese del Grillo, in riferimento alla sua romanità ed alla sua avarizia, si sono sprecati.

Alla Napoli del tifo non è mai piaciuta la sua spavalderia che lo ha portato, a volte, a lasciarsi andare ad avventati proclami e dichiarazioni troppo “spinte”, per poi esser costretto a fare retromarcia o addirittura a negare i propositi sbandierati coi fatti.

Questo, in primis, ha minato il rapporto tra De Laurentiis e parte della città, un rapporto sgretolato e ridotto a vera e propria idiosincrasia di parte della tifoseria per il personaggio. Il proprietario del Napoli ha sovente ricordato che la SSC Napoli è una delle poche eccellenze in una città poco virtuosa e sviluppata, con tanti problemi sociali e poche possibilità a livello economico-finanziario. Il rapporto con la politica della città, poi, da sempre non ottimale è andato peggiorando di anno in anno, con al centro della contesa la querelle San Paolo.

OGNUNO HA LE SUE RAGIONI, ORA STOP AL MASOCHISMO

Napoli ha certamente le sue ragioni, va scritto con chiarezza, dovute soprattutto alla mancanza di una corretta e sana comunicazione da parte di una proprietà e di un club che troppe volte hanno scelto di non stare dalla parte del tifoso, di avvinarsi alla psicologia dello stesso. Di certo, però, anche Aurelio De Laurentiis potrebbe accampare le “sue” ragioni, visto che non gli si è mai perdonato nulla, soprattutto a livello comunicativo e personale e giammai gli si è riconosciuto una indiscutibile capacità, con annessi meriti, ovvero l’ aver riportato la squadra nel grande calcio europeo, laddove non era più da Maradona in poi. Al De Laurentiis uomo questa irriconoscenza non è mai andata giù. E non lo ha mai nascosto, mediaticamente e non.

Siamo davanti ad un fatto acclarato, ovvero che una delle tifoserie più appassionate e innamorate dello stivale si sia trasformata in una piazza fredda, schiva, spigolosa e poco presente in termini di apporto numerico e sostanziale alle fortune della squadra. Le presenze allo stadio diminuiscono, una gara di Champions League ormai è quasi considerata un appuntamento scontato, mentre solo qualche anno fa qualcuno sognava di sentire soltanto quella musichetta.

Sembra quasi che a Napoli la “forma” abbia soppiantato la “sostanza”, perché se guardiamo ai risultati sportivi, ai piazzamenti del Napoli, ormai stabilmente nei quartieri alti del calcio italiano, ai tre titoli pur vinti e portati a casa negli ultimi 8 anni, motivi di delusione, contestazioni e catastrofismi vari, non ce ne dovrebbero essere affatto. Eppure è così, una parte della città preferirebbe tornare nelle serie minori pur di non vedere più la faccia di questo presidente, follia se si ama davvero il Napoli.

Napoli rivendica la sua “dignità” da colui che quella dignità, volente o nolente, l’ha restituita alla città intera, almeno a livello calcistico. Occorrerebbe ricreare un clima di serenità, per il bene di tutti ed abbandonare guerre intestine inutili e mortifere. La critica e l’ambizione di migliorare sono il sale della vita, non solo nel calcio, ma devono rimanere “leve” che facciano da stimolo e non fardelli sotto cui rimanere schiacciati.

Ora Napoli ci deve dire cosa pesa di più, l’amore per il Napoli oppure l’antipatia per De Laurentiis? E ce lo deve dire in fretta. E De Laurentiis, dal canto suo, deve imparare che il marketing è un’arte preziosa e che il presenzialismo ed il protagonismo sono nemici delle grandi imprese.

Il rischio dell’autodistruzione è alto, siamo in piena autoflagellazione e nel bel mezzo di un atto di masochismo puro. Fermati Napoli, siamo ancora in tempo. E tu Aurelio, aiutala.

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Francesco Romano è laureato ed ha un master in comunicazione e marketing. Ama scrivere, lavora presso Mediaset.
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