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Un mucchio di chiacchiere

Aspetterò solo altri 21 giorni: poi metterò al lavoro i miei esperti e valuterò la possibilità di costruire un nuovo stadio

Queste le parole di De Laurentiis datate niente di meno che 26 settembre 2004, contestualmente all’esordio del suo nuovo Napoli nello storico 3 a 3 contro il Cittadella.

A distanza di 15 anni, è superfluo rimarcarlo, siamo fermi al punto di partenza. Ogni ulteriore uscita pubblica di De Laurentiis che riguarda lo stadio sortisce come unico effetto la perdita di quel poco di credibilità residua che il patron azzurro ha sull’argomento.

Sulla vicenda si potrebbe scrivere un romanzo, noi cerchiamo di riassumerla nei suoi tratti fondamentali. A partire da febbraio 2005, quando l’allora sindaco di Acerra Marletta anticipa un incontro con De Laurentiis per formalizzare nero su bianco la costruzione di un nuovo impianto, da edificarsi proprio nella cittadina a nord est di Napoli.

Marletta entra anche nel dettaglio, parlando di capienza – 30/35 mila posti – di project funancing, di aree disponibili e scadenze già stabilite. Piccolo ma non trascurabile particolare: quell’incontro non avverrà mai.

Dopo qualche tempo, siamo a settembre 2009, De Laurentiis caccia Pierpaolo Marino. Una vicenda surreale nei modi – in diretta tv nell’immediato dopo gara di Napoli – Siena – e nei tempi, in quanto tutto ciò avviene alla sesta di campionato. All’indomani della sfuriata che determina l’epurazione, De Laurentiis concede un’intervista a Repubblica nella quale, tra le altre cose, rinfaccia:

Lavoro da mesi a un progetto per il nuovo stadio, e Marino non se n´è interessato. Siamo una società all´avanguardia dal punto di vista amministrativo, e lui mi ha fatto perdere un mese appresso a Obinna per i diritti di immagine

Inutile ricordare, oggi, che lo stadio nuovo per il Napoli ha più di qualcosa in comune con Victor Obinna in quanto ad appartenenza ai colori azzurri.

Passa un mese e cambia la scena: l’idea di un nuovo stadio viene sostituita con quella di “struttura moderna su quella che già esiste”, insomma, a detta del numero uno azzurro “bisogna costruire uno stadio nuovo all’interno del San Paolo”. A dicembre 2009 De Laurentiis conferma l’ultima versione, ma stavolta scarica la responsabilità sul Comune e, in generale, sulla burocrazia:

Noi abbiamo un progetto e non abbiamo un problema di finanziamento, ma di autorizzazioni da parte del pubblico che rendano possibili i nostri progetti

Passa ancora un anno, siamo ormai nel 2011, De Laurentiis rende visita alla base Nato di Bagnoli, abbandonata poi dai militari a fine 2012. Qualcuno gli propone di acquistare un mini lotto da 30 mila ettari, destinato alle attività sportive, ma lui guarda oltre.

Di fianco alla base un tempo sorgeva l’Italsider: oggi quell’area è abbandonata, ma già all’epoca quella poteva essere un’opportunità da cogliere, soprattutto se si considerano i costi non esorbitanti del terreno. Si parlò addirittura di una cittadella dello sport targata Napoli. Quell’occasione, tuttavia, è propizia per l’ennesima uscita a vuoto:

Entro l’anno chiuderemo un accordo tra il Comune e il Calcio Napoli. Sarà un grande accordo non solo per un nuovo stadio a Piazzale Tecchio, ma per rilanciare completamente l’intera area che sarà comunque già valorizzata al massimo dalla Mostra d’Oltremare che ospiterà il Forum delle Culture, un grande parco dei divertimenti e tante altre iniziative

Ma di quell’accordo nemmeno l’ombra.

Nel 2012 De Laurentiis concede un’intervista al Corriere dello sport, che immancabilmente passa anche attraverso l’argomento stadio, e lui non lascia ma addirittura raddoppia:

Incontrerò De Magistris, discuteremo del San Paolo, degli interventi necessari e di quelli auspicabili”, ma poi a sorpresa: “Potrei essere anche interessato al vecchio Collana, si potrebbe dar vita ad una polisportiva. A me le soluzioni non mancano”

…e noi, ingenui, che credevamo il contrario.

Ovviamente tutto resta fermo, tranne la favella del presidente, che a fine settembre 2013 torna a prendersela con le istituzioni cittadine:

Sono molto preoccupato perché il sindaco ha detto che mi vendeva il San Paolo, ma non credo che con i tempi biblici con i quali gestiscono le cose i politici saranno in grado di dirmi la cifra per cui vendermelo martedì (1 ottobre, ndr). A quel punto andrò dal sindaco di Caserta, troverò l’accordo con lui, e dal 2 gennaio inizierò la costruzione di un nuovo stadio lontano dalla città, perché sono una persona seria e operativa

Arriva gennaio 2014, poi anche febbraio e dello stadio non c’è traccia, ma improvvisamente spuntano 250 milioni che la Regione Campania stanzierebbe per la costruzione di un nuovo impianto.

Per il Napoli? Sì. A Napoli? No, ad Afragola. Ne è sicuro il sindaco Tuccillo, che riferisce anche di un incontro nel quale De Laurentiis avrebbe portato con sé il progetto della cittadella del Napoli, quella che due anni prima avrebbe dovuto sorgere a Bagnoli. Poi, come sempre, tutto tace.

Passa ancora un anno e nel 2015 irrompe sulla scena l’architetto Gino Zavanella, socio insieme ad Alessandro Valenti dello studio Gau. Zavanella, per intendersi, ha progettato lo Juventus Stadium dalle macerie del vecchio Delle Alpi, quindi è l’uomo giusto per la riqualificazione del San Paolo. Sì, perché nel frattempo De Laurentiis ha di nuovo cambiato idea, annunciando il progetto in pompa magna. Ma il capolavoro è datato febbraio 2017. De Laurentiis rilascia un’intervista a Il Mattino dove si produce in un eloquio che si avvita su sé stesso, fino a contraddirsi praticamente nella stessa frase:

Qualcuno, in maniera un po’ superficiale, mi ha chiesto: ma non potresti abbatterlo e ricostruirne un altro più moderno? È un’ipotesi suggestiva, ma dove giocherebbe il Napoli, una volta demolito il San Paolo, e in attesa del nuovo impianto? Già sarebbe alquanto complesso trasformarlo mentre si gioca, figuriamoci sostituirlo con uno nuovo. Quindi, dopo aver offerto un finanziamento di 35 milioni, più altri 40 per costruire spazi commerciali, devo ringraziare il sindaco e il Consiglio Comunale di avere bocciato la mia proposta

Se abbiamo capito bene: De Laurentiis presenta richiesta per ristrutturare il San Paolo restandoci a giocare, il Consiglio Comunale la respinge e lui li ringrazia perché si rende conto di aver avuto una cattiva idea.

Arriviamo ai giorni nostri. La città di Napoli viene scelta per ospitare le Universiadi 2019 dopo le rinunce delle altre tre finaliste (Baku, Budapest e Brasilia). L’occasione è propizia per aggiornare giusto di qualche anno la struttura dello stadio, laddove gli ultimi interventi strutturali risalgono al 1990. Ma alla fine la discussione tra Comune e società si scioglie miseramente sul colore dei sediolini.

De Laurentiis avrebbe voluto una colorazione in diverse tonalità, sul modello del nuovo stadio di Udine. Ciò per motivi televisivi in quanto l’effetto multicolor cela visivamente eventuali spazi vuoti sugli spalti. Non ne ha voluto sapere il Comune, che ha optato per l’azzurro in diverse sfumature. La via di mezzo è azzurro con inserti multicolor. Sullo sfondo, ancora una volta, l’ennesimo progetto di riqualificazione sventolato da De Laurentiis:

Siamo in attesa che il Comune ci chiami per firmare la nuova Convenzione decennale, l’abbiamo già abbondantemente verificata e negoziata”, conferma il presidente intervenendo alla manifestazione Il sabato delle idee. Poi prosegue: “Dopo le Universiadi, capiremo come modificare ulteriormente il San Paolo

E’ utile sottolineare che la SSC Napoli non ha partecipato alla spesa per la ristrutturazione in vista delle Universiadi, i soldi li ha stanziati la Regione.

Tale ultimo concetto è stato ribadito in un forum organizzato dal Corriere dello Sport.

Ad oggi la situazione qual è? Non c’è lo stadio nuovo, mancano sia un progetto reale per la costruzione, sia gli esperti in grado di concepirlo, partendo ovviamente dall’individuazione di un’area adatta.

D’altra parte, non esiste una prospettiva concreta per la riqualificazione del San Paolo. La convenzione decennale di cui parlava De Laurentiis – l’ultimo intervento risale a fine marzo – è stata firmata ieri per le stagioni agonistiche dal 2018/2019 al 2022/2023, prorogabile per ulteriori cinque anni, ma basterà a garantire la pianificazione di una riqualificazione profonda e radicale?

Lo stesso Zavanella – di fatto – si è sfilato, un attimo dopo aver preso visione del progetto di ristrutturazione previsto per le Universiadi: “Mi piacerebbe un sacco lavorare con De Laurentiis, ma non è facile”, glissando poi su domande relative alle migliorie da apportare al centro di Castel Volturno e alla ristrutturazione del San Nicola.

Tra burocrazia, impedimenti e semplice mancanza di volontà sono passati ormai 15 anni senza che un solo mattone sia stato posato e senza che mezza idea abbia trovato la via della pratica. Per di più, causa lavori di ammodernamento in vista delle Universiadi, quest’anno la campagna abbonamenti non è partita, sostituita da diverse iniziative estemporanee.

Non bastasse, notizia lanciata da Adn Kronos nei giorni scorsi, il San Paolo sarebbe nella lista formulata dal Ministero dell’economia e finanze di beni di proprietà pubblica da dismettere in quanto facenti capo ad enti che, come il Comune di Napoli, sono in pre-dissesto economico. Se ciò si avverasse, questa sarebbe una complicazione non da poco.

Una sola parola ci viene in mente dopo il racconto di questa storia: peccato. Peccato perché i ricavi da stadio rappresentano quella parte di fatturato definita “strutturale”, che consente ad un club di prescindere da cessioni illustri e accantonamenti di utili in vista di eventuali tempi bui. In epoca recente gli incassi hanno fatto registrare il seguente trend:

Volendo chiudere un cerchio decennale, tra alti e bassi siamo fermi ai livelli del 2010, con la non trascurabile differenza che il monte ingaggi dieci anni fa non arrivava a 40 milioni, mentre oggi sfiora i 120.

In parte l’aumento dei costi è assorbito dalla costante partecipazione alle coppe da parte della squadra, ma è anche vero che le coppe rappresentano una variabile di incerta quantificazione mentre lo stadio (e con esso l’esperienza commerciale che ad oggi manca al Napoli) rappresenta una sorta di entrata fissa.

Lo stesso discorso vale per le altre strutture di cui dovrebbe dotarsi una società di calcio moderna e che guarda allo sviluppo nel medio lungo termine. Ci riferiamo, ad esempio, ad una sede sociale con un museo e un negozio in centro città, una struttura apposita per il settore giovanile e un ufficio commerciale allestito come si deve. Ma c’è tempo per parlare di questo. La storia continua.

About author

Paolo Esposito è laureato in Economia Aziendale. Per lavoro si occupa di tax auditing con particolare attenzione al transfer pricing, al financial accounting e alle business restructuring. Tuttavia crede che di calcio sia meglio parlare in napoletano.
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