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Una bella lotta, con due sconfitti

Non è questo il momento più importante della stagione. Una stagione sportiva non vive di un solo momento decisivo che non sia una finale di coppa o una partita da dentro o fuori in campionato. Al Napoli mancano 27 partite di serie A e in Champions dopo il pareggio con il Salisburgo solo un suicidio tecnico escluderebbe gli ottavi. Le partite davvero decisive arriveranno tra un po’. Tuttavia nello spogliatoio sta accadendo qualcosa di importante ma a noi, come ampiamente scritto, non interessa identificare i colpevoli, piuttosto tratteggiare bene i fatti.

LA STORIA RECENTE. Questo punto di rottura, forse il punto più basso dell’intera gestione De Laurentiis, è solo l’ultimo atto di una diatriba silenziosa che va avanti dalla scorsa primavera. 16 maggio, festa di fine anno con cena a Villa D’Angelo. Tra il governo del calcio, il contratto di Insigne e il fair play finanziario, De Laurentiis parla anche del primo anno di Ancelotti:

“E’ rispettoso dei bilanci ed entra nel merito del mercato. Ancelotti ha lavorato nel Real Madrid che fattura cifre ben diverse dalle nostre, quindi sarà una bella lotta”.

Lasciamo perdere i successivi proclami di scudetti, coppe e trionfi imminenti, quella è una strategia di marketing per vendere il prodotto. Già a Napoli le presenze allo stadio scarseggiano, se ad agosto qualcuno se ne uscisse con frasi di contenimento probabilmente al San Paolo non ci andrebbero manco i familiari dei calciatori.

Quelle poche parole pronunciate dal presidente tracciano la linea programmatica che la società terrà di lì a poco in sede di mercato estivo. Il discorso è chiaro a tutti: Ancelotti lavora con giocatori già formati, possibilmente forti. Non entra negli aspetti psicologici dei suoi uomini perché si fida delle loro motivazioni. Per fare dei paralleli, non è un Conte che risveglia il leone addormentato che c’è in ogni atleta, né un Sarri, che convince 11 persone a pensare con una sola testa. Ancelotti spiega ai calciatori che durante la partita possono accadere diverse cose e come comportarsi in quelle situazioni. Tutto il resto è lasciato alla capacità di risposta dei singoli. Tornando alla cena di squadra, in quelle due frasi De Laurentiis definisce i concetti che il suo allenatore deve tenere sempre a mente: il rispetto del bilancio, il Napoli che non è il Real Madrid, l’inderogabilità dei principi imposti dalla società che presiede. Che tipo di mercato ne verrà fuori? A parte Albiol, le cessioni riguarderanno calciatori complementari, nulla che farà urlare allo scandalo. In entrata arriveranno calciatori di esperienza e di livello internazionale (Manolas e Llorente) e giovani da formare (Lozano, Di Lorenzo e Elmas).

(Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)

TRA I DUELLANTI NESSUN VINCITORE. Tutto bene quindi? L’anno della consacrazione può finalmente avere inizio? Non esattamente. Il Napoli di oggi va bene in Champions ma fatica maledettamente in campionato. Dopo 12 partite la vetta è lontana 13 punti e il quarto posto – ultimo utile per la Champions – ne dista 5. 19 punti ottenuti grazie a 5 vittore e 4 pareggi: media di 1,58 punti a partita, di questo passo a fatica si raggiungono i 60 punti. La sicurezza del secondo anno e la consapevolezza di aver acquistato giocatori di ottimo livello hanno ben presto lasciato il posto alla confusione. Una confusione figlia di tanti eventi fortuiti, come il tardivo rientro dalle nazionali di qualcuno e i troppi infortuni di altri, ma anche di una certa mancanza di idee chiare su cui lavorare. Il Napoli è una squadra formata per lo più da calciatori normali, qualcuno di ottimo livello, pochissimi (o forse nessuno) annoverabili tra i primi 5 al mondo nel proprio ruolo. Quando mancano le risorse per acquistare, ad esempio, Modric, Di Maria, Icardi e Verratti, è ovvio che il mercato va condotto in un altro modo.

Ottime le scelte Lozano ed Elmas, ma parliamo di giocatori giovani, il cui valore aumenterà all’aumentare della loro consapevolezza di essere inseriti in un contesto vincente. La stessa consapevolezza, tuttavia, non aumenta se ad ogni partita cambiano la formazione, lo schieramento in campo, il posizionamento dei calciatori e, di conseguenza, i compiti da svolgere da parte di ognuno. Per fare un esempio pratico, è inutile girarci intorno: Zielinski non ha le caratteristiche di Verratti, non può quindi fungere da mediano universale. Per contro, la crisi sportiva e personale che sta vivendo Allan pone una seria riflessione sul perché in estate non sia stato acquistato un mediano con quelle caratteristiche.

Dal canto suo, Ancelotti allena come ha sempre fatto. Il turnover, le toppe tattiche, la necessità che diventa virtù, non sono follie dell’allenatore: Carletto sta semplicemente giocando con le carte che ha. E’ l’uomo giusto nel posto sbagliato. La bella lotta di cui parlava De Laurentiis, quindi, ad oggi ha prodotto due sconfitte. La sua innanzitutto, perché prestazioni negative e una classifica potenzialmente deficitaria sono due elementi che alla lunga abbassano il valore dei singoli, inteso sia in termini di rendimento che economico in caso di futura vendita. Tale aspetto, nel caso specifico del Napoli, è decisamente preoccupante se si pensa che il player trading è una delle due componenti principali del fatturato della società. L’altra sono i ricavi derivanti dalla partecipazione alle coppe, o per meglio dire la sola Champions League, ed è inutile rimarcare l’interconnessione tra i due fattori.

La responsabilità dell’allenatore non è certamente da meno. La sconfitta di Ancelotti sta nel rischio forte di non riuscire ad imporsi di nuovo in Italia. Nell’estate del 2018 Carletto parlò di ritorno a casa, di un’esperienza all’estero foriera di grandi successi ma con poche emozioni, perché quando arriva il momento di parlare al cuore dei tuoi ragazzi, ma per forza di cose devi farlo in inglese o in tedesco, l’impresa diventa ardua. Adesso arriva la sosta per le nazionali, che capita in un momento quanto mai opportuno. Dopo le turbolenze dell’ultima settimana farà bene a tutti allontanarsi per qualche giorno, raffreddare la mente e riflettere in modo lucido sul da farsi. La stagione è ancora lunga, non è questo il momento decisivo.

About author

Paolo Esposito è laureato in Economia Aziendale. Per lavoro si occupa di tax auditing con particolare attenzione al transfer pricing, al financial accounting e alle business restructuring. Tuttavia crede che di calcio sia meglio parlare in napoletano.
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