Dopo il Torino, si può parlare. Non emettere sentenze, ma perlomeno stilare qualche conclusione.
La prima è che questo Napoli è tornato a essere una squadra; il che non giustifica di certo il non esserlo stato in precedenza, così come non certifica che ora stia esprimendo al massimo il suo potenziale, in particolare, quello offensivo (le marcature di stasera, timbrate da due difensori, sono una emblematica coincidenza); soprattutto, non è un’autorizzazione a riposarsi su dei presunti allori mai del tutto fioriti.
Perché, volendo, problemi e interrogativi in questo Napoli se ne possono trovare ancora: da Ospina che non sembra dare tante più sicurezze rispetto a Meret, fino all’esasperazione di un possesso basso troppo autoreferenziale, passando per l’esclusione “politica” di Lozano, tanti sono i temi che accompagneranno questo scorcio finale di stagione.
Che piaccia o no, però, è il momento di mettere tutto da parte perché questi ragazzi sembrano aver ritrovato una strada che sembrava smarrita da tempo: quella della continuità. È la strada che non rafforza gli alibi di chi c’era prima, ma eroga credibilità verso Gattuso, che rappresenta chi è arrivato adesso: finalmente i suoi ragazzi sembrano aver acquisito il suo carattere, nel bene e nel male.
I problemi nell’approccio e nella tensione non sono ancora del tutto assorbiti (l’inizio thrilling e il gol subìto agli sgoccioli di stasera ne sono una prova), ma finalmente iniziamo a vedere una compagine che si fa rispettare in campo, finanche su quelli importanti e contro avversari di primo livello. Per ora, agli azzurri si può chiedere poco altro. Anche perché, dopo il tonfo col Lecce, hanno imparato a non farsi più male.
Non è lecito chiedere quanto futuro potrà ancora esserci tra Gattuso e la SSCN, così come è assolutamente iniquo tracciare confronti tra Ringhio e Ancelotti (per tempistiche, modalità di reclutamento e momenti storici affrontati non è possibile paragonarli se non a fine stagione); è invece doveroso aspettarsi una costante crescita dai partenopei, perché solo il non accontentarsi porterà al miglioramento: una lezione che, quest’anno, tutti hanno imparato a carissimo prezzo.