Coppa, Coppetta, coppa del Nonno. Francamente, come definire la Coppa Italia non ci importa un fico secco. Quello che conta è averla conquistata.
Adesso i lamentosi saranno appagati, gli alligatori con la bava alla bocca avranno sopito i loro istinti, quelli stanchi di spolverare una bacheca semi-vuota saranno meno frustrati.
Ma siamo felici anche noi. Felici di aver vinto, certo. Felici di aver goduto della vista di fuochi d’artificio in una sera diversa dal 31 dicembre; felici per aver visto e sentito caroselli di auto festanti, fino a ieri immagini sbiadite dai ricordi. Ma, soprattutto, siamo felici per aver fatto pace con le emozioni.
L’ansia pre-gara non è la solita, è sopita ma incalzante. Le immagini che giungono nelle nostre case dei calciatori azzurri in viaggio verso la capitale hanno il sapore dell’impresa annunciata. Le ore che ci separano dalla gara si riducono sempre piú fin quando le telecamere della Rai ci catapultano in uno stadio deserto colorato a festa da una finta cornice di pubblico: triste ma molto efficace.
Niente cori, dunque. Niente incitamenti. Ma nelle nostre case giungono le voci di calciatori vogliosi e determinati.
I ritmi non sono elevatissimi, le occasioni non fioccano. La Juve prova a fare la Juve, ma ci prova soltanto, come da un anno a questa parte. Sporadiche le occasioni create, utili solo a capire che il cambio Ospina-Meret piuttosto che creare vantaggi ha il sapore della condanna.
Lo sterile predominio juventino si sgretola man mano sotto i colpi di un ciuccio che scalpita, i calci giungono dritti sui guantoni di un Buffon in grande spolvero.
La stanchezza si fa sentire, su entrambi i fronti, ma le occasioni sono tutte azzurre: quelle create negli ultimissimi minuti sembrano un cattivo presagio, ma non sará cosí.
Il triplice fischio finale consegna ai calci di rigore l’esito della gara. Il cuore torna a battere forte, il divano non soffre piú la nostra presenza, usuriamo indisciplinatamente il pavimento.
La buona sorte, Meret, la buona mira di tutti gli azzurri, sono tutti nostri alleati. Milik ce ne dá la conferma.
La coppa è nostra. Esplode la festa. Sul campo prima, per le strade, poi.
Anche il Covid19 si è mestamente ritirato ad osservare la festa da un angolino: spazio agli assembramenti, ai cassonetti stracolmi di mascherine inutilizzate. Ma nessuno si è lamentato di nulla. Coerenza tutta italiana.