Quel 30 ottobre allo stadio San Paolo in molti non lo hanno dimenticato. Quel Napoli-Atalanta diretta da Giacomelli, l’episodio del gol di Ilicic, l’espulsione di Ancelotti…
Troppi elementi a disposizione della squadra azzurra e dei suoi tifosi per non tentare di fare il colpaccio in casa alla Dea, a quasi un anno dal fattaccio che rappresentò uno dei tasselli che, uniti ad altri, scatenarono il terremoto del 5 novembre, dopo l’incontro di Champions League contro il Salisburgo.
Ovvio che la parola “vendetta” deve e vuole solo suonare come una provocazione ma il desiderio di rivalsa negli azzurri c’era tutto, alla luce anche degli eventi della settimana non certamente favorevoli al club partenopeo. Una penalizzazione che pesa, non c’è che dire, ma pesa soprattutto per la consapevolezza di aver fatto prevalere delle ragioni rispetto ad altre.
Ma veniamo alla partita. Napoli schierato con il 4-2-3-1 e Bakayoko esordiente a centrocampo accanto a Ruiz. In avanti il posto ormai è tutto per lui, il gigante a caccia di gol, Osimhen. Dietro di lui, Politano, Mertens e Lozano.
Un inizio scoppiettante quello degli azzurri, che partono a razzo e si rendono pericolosi.
Una pericolosità che si trasforma ben presto in totale dominio del campo e dell’azione.
Napoli sicuro, gagliardo, veloce, che avanza con una corale vitalità tale da sorprendere gli avversari e stordirli dopo 23’ con Lozano.
Il fu Vargas n. 2 sembra ormai un altro giocatore rispetto a quello subissato di critiche lo scorso anno.
Il giocatore “bruciato”, quello dei quasi 40 milioni di euro buttati, sembra aver finalmente trovato la sua dimensione in questa squadra. Talmente sicuro di questa cosa, che si è ripetuto appena quattro minuti dopo il primo gol. Una doppietta che ha tutto il sapore della conferma che Lozano finalmente c’è.
Atalanta visibilmente stordita dai due gol ma anche dalla padronanza assoluta del campo da parte degli azzurri.
E in una settimana o praticamente due, in cui una delle parole più lette e sentite in giro tra tv e social è stata sicuramente TAVOLINO, la “seggiata” di Politano al 30’ annichilisce i nerazzurri e Gasperini dalla panchina.
Incredibile come stiano rendendo al meglio due tra i giocatori più massacrati nella scorsa stagione (Politano lievemente meno ma solo perché giunto alla corte di De Laurentiis dopo il messicano).
Dopo mezz’ora, i giochi sembrano fatti ma da un mese circa, i “desiderata” dei tifosi e non solo, si concentrano tutti verso quel gol che tarda ad arrivare, segnato dalla perla nera che spadroneggia lì davanti.
Ma si sa, la palla, nonostante tutto, è e resta sempre rotonda e a volte il proprio dovere lo fa, lo bene e pure al momento giusto. E così, sempre in questo primo tempo sbalorditivo da parte del Napoli, arriva finalmente il primo gol di Osimhen. 42’ minuti, gioia incontenibile, abbraccio stritolante a mister Gattuso, quasi a volergli dire: “Hai visto? Ho segnato finalmente!!!”.
Immagini che fanno bene al cuore, dopo giorni di buio pesto, polemiche, fantomatici complotti, inconsistenti spauracchi nel dover giocare determinate partite, attacchi social da derelitti neuronali. Tutte cose che avrebbero potuto minare lo stato umorale degli uomini di Gattuso e che invece si sono rivelati l’antidoto alla negatività. Questa partita ha dimostrato più di quanto si pensi e poco conta, diciamolo francamente, il gol del 4-1 di Lammers.
Il Napoli ha vinto e convinto, ma più che altro ha dimostrato, se mai ce ne fosse stato bisogno, di non aver avuto il benché minimo timore di affrontare la Juventus in trasferta, con tre giocatori in meno.
Forse non sarebbe nemmeno il caso di farle certe sottolineature, ma il Napoli ha battuto l’indomabile Dea per meriti propri, senza altre storie e senza altri mezzi se non la voglia di rivalsa, anche dopo un anno, con calma, a mente fredda, lucidamente e con tanta di quella volontà da lasciare senza parole gli avversari e i detrattori.
Ancora una volta alla maniera del Napoli.