Insigne andava espulso. Da regolamento andava allontanato. Ma ciò non cancella l’accanimento che vige nei confronti degli azzurri.
Da quando esiste il calcio esiste una tolleranza nei confronti delle imprecazioni, chiamiamole così.
Si chiama buon senso. Si tratta di quella regola non scritta che ogni buon arbitro conosce ed applica in ogni gara che dirige. Il calcio espone a stress mentale ed agonistico altissimo e la parolina fuori posto, seppur non consentita dal regolamento, la si è sempre lasciata uscire dalle bocche dei calciatori, quasi come un voler concedere una valvola di sfogo.
Ed in effetti, così è. Il calciatore imprecando si libera, si sfoga, è quasi un modo per liberarsi da tensioni, non un modo per offendere il direttore di gara.
Lo sanno tutti gli arbitri. E tutti gli arbitri si regolano di conseguenza. Non è accettabile che su palcoscenici così importanti si vedano divagazioni alla consuetudine così evidenti e così penalizzanti.
Il punto non è l’applicazione del regolamento, legittima e insindacabile, ma la disomogeneità di applicazione. Non è pensabile espellere un Insigne per un’imprecazione simile alle innumerevoli che si odono su altri campi e che non subiscono alcun provvedimento disciplinare. Non è minimamente accettabile.
E siamo buoni nei confronti di Massa. Perché il comparto arbitrale sino ad oggi ha consentito molto ma molto di più a certi calciatori e a certe casacche. Abbiamo assistito a sequenze di imprecazioni, a musi duri, addirittura cartellini sventolati volati via di conseguenza a spintoni.
E’ qualcosa di inammissibile accettare, adesso, l’espulsione del nostro capitano.
Forse servirà a poco, forse addirittura a niente, ma noi siamo tra quelli che adesso desiderano sentire la voce della Società Sportiva Calcio Napoli. Non ci piace minimamente partecipare ad un campionato con regole ad HOC e vedere De Laurentiis silente. E’ lui il rappresentante dei tifosi, è lui la voce di chi non ce l’ha.
Già ci gira parecchio vedere quel -1 in classifica. Già ci rode patire quell’assurdo 3-0 a tavolino. Partecipare anche ad un gioco con regole diverse in base al nome dei partecipanti ci sembra davvero troppo.
Per il momento il rosso diretto, stavolta, lo merita Davide Massa da Imperia ma, se il patron azzurro non dovesse proferire una sola parola, lo meriterebbe anche lui.