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Il silenzio del Napoli non è una colpa

Un conto sono le faccende di cuore. Altro sono le strategie.

Fa male prendere consapevolezza del fatto che Dries Mertens sia destinato a non indossare più la maglia azzurra.

Fa specie per tanti motivi.

Innanzitutto perché nell’immaginario del tifoso rinunciare a lui significa rinunciare a tutte le magie balistiche che ha donato a questa tifoseria.

Fa specie perché per la sua faccia da scugnizzo napoletano è colui che – forse – più di tutti ha rappresentato questi colori in giro per l’Europa.

Fa specie perchè da chi ama questa terra non vorremmo mai separarci.

Ma le squadre di calcio non si fanno col cuore. Le squadre di calcio si fanno con la competenza, con la programmazione e con un occhio ai conti che, nel caso di squadre che si auto-finanziano, diventa un aspetto fondamentale da non trascurare mai.

Alla base dell’addio a Dries Mertens ci sono fatti ben chiari: il primo riguarda la guida tecnica del Napoli affidata a Luciano Spalletti.

E’ lui che non ha considerato utile l’apporto di Mertens per gran parte del campionato scorso.

E’ lui che ha ritenuto il calciatore utile solo a gara in corso.

E’ lui che, quasi inspiegabilmente, lo ha promosso a titolare solo quando i giochi erano fatti, quasi a voler sconfessare se stesso dinanzi ad un rischio fallimento pari a zero.

La valutazione tecnico-tattica del trainer del Napoli non può non essere che presa in grande considerazione. Perché è da essa che bisogna partire.

E’ su essa che la S.S.C Napoli ha cominciato a riflettere.

E, il ragionamento societario, purtroppo, non fa una piega.

Voi avreste rinnovato a cifre importantissime un calciatore di 35 anni, seppur ancora forte e integro, poco visto dall’allenatore e destinato a giocare solo spezzoni di gara?

Senza voler considerare eventuali cali di forma o infortuni non proprio improbabili per un’atleta in quella fascia di età?

Adesso non bisogna commettere l’errore di schierarsi e creare dei mostri o, nel caso ADL, di amplificarne le fattezze già esistenti.

Dries desiderava rimanere a Napoli e al tempo stesso guadagnare in maniera appropriata a quella che è la sua cifra tecnica.

Il Napoli (e il suo allenatore) hanno fatto i loro calcoli (tecnici ed economici) ed hanno pensato che, al di là dei sentimentalismi, un calciatore come Deolufeu potesse, per valore tecnico ed età, rappresentare un affare rispetto a quello di trattenere il belga.

Adesso la società tergiversa. Attende di avere la certezza di prendere lo spagnolo per ufficializzare la non conferma di Mertens.

Ci può stare.

La speranza è che l’attuale calciatore dell’Udinese riesca a dare un supporto di grande livello in modo da non far rimpiangere quello dato da Dries.

Ma, a prescindere da questo (che è comunque la priorità assoluta), dispiace veder andar via una figura la cui cifra tecnico/agonistica sarebbe sicuramente svanita nel tempo ma che avrebbe potuto rappresentare, soprattutto per il futuro, un’icona di presentabilità, intelligenza, scaltrezza e leadership che ad una società come la nostra manca come il pane.

About author

Guido Gaglione è docente di arte e immagine, operatore di ripresa e giornalista pubblicista dal 2015.
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