Chi è causa del suo mal pianga sè stesso.
Vero. Ma fino ad un certo punto.
Noi riteniamo che il presidente Aurelio De Laurentiis da tempo stia sbagliando strategia comunicativa e comportamentale.
Lavorare, anche assiduamente e con impegno, alla distruzione dell’empatia con la piazza in cui operi, non ci è mai parsa una grande mossa.
I tifosi napoletani avrebbero meritato una mano tesa, da tutti i punti di vista. Una mano che non c’è quasi mai stata.
Prezzi dei biglietti molto alti, quasi a voler invitare all’assenza; dichiarazioni al limite dell’offesa personale; omissioni dialettiche e organizzative tendenti alla palese non considerazione delle esigenze della piazza.
Questi sono stati e ancora sono i gravi errori di Aurelio De Laurentiis.
Ma, al netto di questa osservazione che ci sembra sacrosanta, gli insulti, la maleducazione e l’inciviltà ci fanno schifo.
Un individuo, che si chiami Aurelio De Laurentiis o Pasquale Esposito deve, e sottolineiamo deve, in un Paese che si definisce civile, poter passeggiare liberamente dove cavolo gli pare senza essere importunato o ricevere insulti.
Imbattersi in immagini in cui il Presidente colloquia tranquillamente con un tifoso e sentire in sottofondo una serie di ingiurie e offese, tra l’altro il dialetto napoletano è qualcosa che, almeno a noi, ferisce profondamente.
La dobbiamo smettere con il paradosso di esaltare la napoletanità.
Se la napoletanità è questa allora bene faremmo a nasconderla, a buttarla nel gabinetto, a vergognarci profondamente di possederla.
Ci vantiamo di essere napoletani, di essere dotati di innumerevoli qualità al punto da esserne fieri.
Questi episodi sgonfiano tutto e ci rendono, piuttosto, razza spregevole monca di senso civico.
Chi se ne frega della notizia dell’addio di Mertens.
Chi se ne frega di individuare la responsabilità della mancata conferma.
Noi abbiamo la bocca amara.
Ci disgusta assai l’aspetto di inurbanità e zotichezza che sopprime e svilisce gli innumerevoli altri squisiti gusti che questa terra e questa gente, offrono.