Ci si lamenta tanto – e a ragione – della spaccatura che si è creata tra i tifosi: da un lato i pro De Laurentiis e dall’altra i contestatori incalliti.
Poi ci mettiamo comodi davanti alla TV, ascoltiamo la radio, leggiamo i giornali, visitiamo i siti web e ci accorgiamo che ci troviamo dinanzi al medesimo scenario.
Da un lato c’è chi contesta, a prescindere, sempre e comunque.
Dall’altro c’è chi esalta, chi lascia tracce di inguaribile ottimismo, chi decora coi sogni, chi gonfia, anche le gomme bucate.
Insomma, si enfatizza, in un senso o nell’altro.
Lo si fa per partito preso, lo si fa per avvalorare le proprie tesi, lo si fa per aiutare la baracca, lo si fa per ricreare un entusiasmo tristemente sopito.
Intenti benevoli si alternano a inguaribili egocentrismi.
Ma la verità è semplice quanto cruda: tutto quanto c’entra poco o niente con chi dovrebbe narrare astenendosi dall’enfatizzazione.
Raccontare, semplicemente raccontare, è diventato difficile.
Il mercato dei calciatori non ci ha mai entusiasmato più di tanto ma, tutto sommato, è una tematica che ha in sè qualcosa di onirico.
E allora perché non limitarsi a raccontare i fatti e al tempo stesso sognare?
Non è necessario schierarsi e non è nemmeno intelligente.
Ci si trova dinanzi all’imprevedibile, ci si trova dinanzi alla concreta possibilità di esporsi ad una pessima figura.
C’è qualcuno tra noi che con certezza assoluta può dire che Kim non eguaglierà Koulibaly?
O che Kvartaskhelia non riuscirà a fare meglio di Insigne?
O, ancora, che i sostituti di tutti coloro che andranno via non riusciranno a portare a Napoli quel titolo che nessuno riesce a portare da trentatrè anni a questa parte?
Il calcio è materia imponderabile. E forse è bello anche per questo.
Raccontiamo, commentiamo e non sentenziamo.
Perché solo il tempo darà le risposte.
Solo il tempo ci dirà se le strategie di mercato sono state giuste o sbagliate, se le cessioni sono state opportune o deleterie, se il futuro sarà più glorioso o ridimensionante.