La clausola risolutiva, meglio nota come clausola di rescissione, meccanismo tanto demonizzato da parte della tifoseria e buona parte della critica, per il Napoli è un must, un marchio di fabbrica che suggella l’impronta data da De Laurentiis al suo club.
Abbiamo già approfondito in questo articolo di cosa si tratta, dei suoi risvolti e della sua natura tecnica e quello che appare subito evidente è che il club di Aurelio De Laurentiis sia stato il primo club italiano a porre in essere questo istituto contrattuale sul cartellino dei calciatori che va ad acquisire in sede di compravendita.
Il Napoli del nuovo corso ha sempre blindato i suoi calciatori di maggior peso ed importanza con il vincolo della clausola risolutiva: Ezequiel Lavezzi fu il primo calciatore con una clausola “al collo” (32 milioni interamente versati dal PSG nel 2012), poi è stata la volta di Cavani (63 milioni saldati dagli arabi del PSG) ed infine di Gonzalo Higuain (con la clausola boom di 94 milioni), passato alla Juventus, storia recente.
La critica che viene mossa al presidente dagli ambienti del tifo, ma anche da una certa stampa d’opinione, è focalizzata sulla predisposizione alla mercificazione del proprietario del Napoli, sulla sua volontà ferma di monetizzare al massimo dalle cessioni dei suoi campioni.
Questi i commenti più in voga sulle pagine dei social oppure al bar dello Sport:
Il Napoli non vuole vincere se mette le clausole ai suoi giocatori migliori
Il Napoli è come l’Udinese, vende sempre tutti i migliori
Mettere una clausola ad un calciatore nel momento in cui lo acquisti, significa averlo messo sul mercato prima ancora di vederlo in campo
Anche alcuni addetti ai lavori si sono lasciati andare a commenti di questo tipo, è il caso di Pierpaolo Marino, ex dg proprio della SSC Napoli, secondo cui
le clausole di rescissione sono dei divorzi preannunciati
Che il Napoli non sia l’Udinese è persino troppo facile da dimostrare, anche perché è vero che il club azzurro ha ceduto, ma tutte le volte che lo ha fatto ha saputo poi addirittura rinforzarsi. E’ accaduto con Cavani, quando arrivarono nientemeno che Reina, Albiol, Callejon, Mertens e Higuain; in parte è avvenuto quest’anno dopo la cessione del Pipita, con un mercato intelligente e di prospettiva sicura.
Ma il club partenopeo è davvero l’unico club del calcio italiano a ricorrere alla clausola? A giudicare dalla ribalta mediatica e dalla cassa di risonanza che questo meccanismo applicato dal club azzurro ha avuto parrebbe di si. La realtà, però, dice ben altro.
L’Inter della ricchissima proprietà cinese Suning ha formalizzato negli ultimi mesi due rinnovi molto importanti, quelli di Brozovic ed Icardi. Per Brozovic il nuovo contratto prevede una clausola risolutiva di 50 mln di euro, per Maurito è stata introdotta, nel nuovo accordo fresco di firma, una maxi-clausola di 110 milioni di euro.
E le altre? Il Toro ha blindato Belotti con una clausola gigantesca di 94 milioni valida solo per l’estero. La Fiorentina, secondo le ultime dichiarazioni di Andrea Della Valle, ha fatto firmare a Kalinic un accordo che prevede una sostanziosa clausola di svincolo a 50 milioni, senza dimenticare la Roma con Pjanic ed ora con Manolas.
E’ evidente che sempre più club calcistici, dopo il Napoli di De Laurentiis, si stiano avvalendo di questo istituto di garanzia, per tutelare i propri investimenti e, al contempo, anche il proprio patrimonio tecnico. Non è per nulla scontato, infatti, che dall’altra parte arrivi un club con una valigetta piena di milioni e paghi l’intero ammontare di una clausola che nella maggior parte dei casi è superiore di almeno il doppio all’effettivo valore di mercato di un atleta.
Più che un voler mettere un calciatore in vendita, la clausola è un meccanismo di autotutela, una salvaguardia per il club che detiene il cartellino di un calciatore di valore, in un mondo di lupi come quello del calcio, dove un procuratore può decidere dalla sera alla mattina di portare un suo assistito dall’altra parte del mondo.
Il Napoli è riuscito a capovolgere il rapporto di forze tra un calciatore ed una società, perché fino a qualche anno fa la volontà del giocatore era suprema ed inalienable. Il contratto di un calciatore è ormai diventato “carta straccia”, lo dimostrano le numerose rivisitazioni, in forma di adeguamenti e/o prolungamenti che gli agenti richiedono ai club di appartenenza. Questi strumenti, come la clausola, riequilibrano il rapporto di forze, rivendicando l’esigibilità da parte della società al diritto a poter scegliere su un proprio tesserato.
La clausola non è, quindi, sinonimo di vendita certa, ma altro non è che un accordo che club e calciatore fanno su una possibile futura cessione. L’inserimento della clausola, quindi, garantisce il club, che tutela il suo investimento anche di fronte ad un City, un Bayern o un Real, che venissero a blandire un giocatore del Napoli, che a quel punto potrebbe chiedere di andar via senza che il club abbia alcun potere contrattuale per fermarlo o almeno negoziare la sua vendita.
A nostro avviso il Napoli ha concretamente rivoluzionato il mondo del calciomercato italiano ed Aurelio De Laurentiis è stato un precursore e, perché no, un saggio visionario se è vero che ha saputo intercettare elementi di novità e di innovazione, in un calcio vecchio, elefantiaco e ormai trapassato.
Il club partenopeo, recentemente, ha rinnovato i contratti di Hysaj, Callejon, Albiol, Hamsik e tranne nel caso del capitano esistono clausole in tutti gli accordi. Anche nei contratti dei nuovi acquisti, da Diawara a Zielinski, da Rog a Milik, pare siano state fissate clausole piuttosto alte, in previsione di cessioni future, al momento non probabili e nemmeno plausibili, trattandosi di calciatori ancora giovanissimi che non hanno raggiunto quelle quotazioni.
Interessante il passaggio in una recente intervista di Marek Hamsik, in cui lo slovacco, pilastro del Napoli da un decennio, ha sottolineato
non volevo andarmene e De Laurentiis è stato ben felice di non cedermi
Una conferma sul fatto che non siamo di fronte ad un club che vuole monetizzare a tutti i costi, ma che sa anche valutare e ragionare in base ad altri parametri e discernere da caso a caso. E oltre ad Hamsik potremmo portare gli esempi di Callejòn, Reina, Albiol, Mertens, tutti pilastri dell’attuale Napoli, campioni di livello assoluto che hanno legato il loro nome al Napoli.
Ad oggi, nella dimensione attuale del Napoli, quella di una squadra che gareggia per i primi tre posti della Serie A ogni anno ed approdare agli ottavi di Champions League, dove rivivremo molto presto l’enfasi epica di un Napoli-Real Madrid al San Paolo, c’è da esser più che soddisfatti di questo club. La conduzione di De Laurentiis non è certamente esente da critiche e ci sono aspetti del suo modus operandi che possono essere oggetto di valutazioni negative, ma sicuramente il mercato non si può annoverare tra questi.
Al contrario, chi si ostina a presagire cataclismi e inventarsi apocalissi calcistiche sotto il Vesuvio non riscontra affatto il nostro consenso.