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Partenopeismi

Il “no” del “Pappone” ai veri Papponi del calcio

L’ affaire Donnarumma ha scatenato la caccia alle streghe dei media protèsi a menar le danze in soccorso del Milan, truffato e gabbato ed a giustiziare sul tribunale dell’inquisizione un giovane portiere diciottenne.

L ‘altro protagonista della storia, Mino Raiola da Harleem, fa notare che con Adriano Galliani probabilmente ora Donnarumma starebbe firmando il rinnovo, tra gli olè della tifoseria rossonera e le promesse di amore eterno del suo assistito.

“Galliani ha tentato di mediare tra le parti”

“Con Galliani Ibra sarebbe già tornato al Milan”

Giusto ricordare che lo stesso Milan in altri tempi sia stato non vittima, ma carnefice, proprio sfruttando i buoni uffici di Raiola e di altre procure potenti. In questo caso ci si indigna perché proprio il Milan, che, diciamolo, ha spesso beneficiato di certe”abitudini” figlie di un certo modo di fare calciomercato, viene ad essere parte lesa.

Si dimentica, per esempio,  come appena più a nord di Milano, proprio Fassone e Mirabelli stiano tenendo in scacco l’Atalanta, nell’affare Conti, col procuratore che minaccia tuoni e fulmini se non dovesse andare in porto il trasferimento al club rossonero.

Il problema del potere dei procuratori è aspetto molto delicato, una vera e propria stortura sistemica del calcio. Che i procuratori siano ormai da tempo i “governatori” del pallone, è cosa risaputa. Quello che deve far riflettere è, semmai, lo scarso peso che hanno le società di calcio nella gestione dei propri tesserati.

Dopo la sentenza Bosman del 15 dicembre 1995, i calciatori professionisti si sono liberati dal giogo dei club e sono diventati più ricchi, più indipendenti e certamente anche più forti contrattualmente.

La sentenza è stata autentico spartiacque tra due epoche, segnando una inevitabile transizione da un’era all’altra in cui il calcio si è profondamente trasformato e con esso sono cambiati i rapporti di forze tra gli attori in gioco.

LA GEOGRAFIA DEL CALCIO – E’ andata, così, ridisegnandosi la geografia del calcio mondiale. I piccoli club non hanno più la possibilità di trattenere a lungo i loro giocatori più promettenti, che possono aspettare la scadenza del proprio contratto e trasferirsi gratuitamente all’estero. Di conseguenza, per non perdere possibili ricavi, le squadre minori sono obbligate a vendere i loro giocatori più promettenti alle squadre più grandi, finendo con l’indebolirsi, mentre i club maggiori si rinforzano sempre di più, sfruttando il proprio peso economico e la propria immagine.

Le società più forti e ricche lo saranno sempre di più e quelle più povere faticheranno sempre a colmare il divario economico e sportivo. Prima del 1995 non di rado la Coppa dei Campioni veniva vinta anche da squadre meno ricche e note, come successe a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta al PSV, alla Steaua Bucarest, alla Stella Rossa, al Marsiglia e all’Ajax. Oggi è molto più difficile che questo accada.

I PADRONI DEL CALCIO  – In questo scenario “progressista” il calcio ha trovato il suo sviluppo, cambiando decisamente pelle, con i club che hanno progressivamente perso “peso specifico” e legittimità contrattuale. I procuratori hanno acquisito potere illimitato ed, inevitabilmente, sono diventati i veri padroni del calcio mondiale.

Leggendo i dati pubblicati dalla Fifa, attraverso il Trasfer Matching System, sembra per davvero che i padroni del calcio al giorno d’oggi siano i procuratori. Attraverso lo studio pubblicato nel 2016 dalla massima organizzazione mondiale si scopre che i procuratori negli ultimi quattro anni, svolgendo la funzione d’intermediari, hanno ricavato più di un miliardo di euro. E i guadagni dei procuratori sembrano ancora destinati a crescere, considerato che solo nel 2016 c’è stato un incremento superiore al 30%.

Il 98% di questa cifra è stato appannaggio dei club europei (un miliardo e settantasette milioni) tra acquisti e cessioni. Lo studio parte dai numeri del 2013 quando si spesero 218 milioni per le intermediazioni, poi 238 milioni nel 2014, 274 milioni nel 2015 fino all’incredibile cifra record del 2016 in cui si è saliti a 368 milioni di euro, con un incremento del 34%.

CONFLITTO D’INTERESSE – I procuratori più importanti, come Raiola o Jorge Mendes, per citare qualche esempio, lavorano a stretto contatto con i club più ricchi, potendo a loro volta arricchirsi dalle operazioni di compravendita dei calciatori cui sono collegate commissioni milionarie.

Singolare, anche, come aumentando i guadagni crescano di pari passo le operazioni di mercato. Prendendo in considerazione solo gli affari in cui un procuratore ha svolto il ruolo d’intermediario c’è stato un incremento del 17% (1.125 nel 2016, 961 nel 2015; nel 2013 erano stati 726). Complessivamente negli ultimi quattro anni le operazioni di mercato firmate da intermediari sono state 10.875 ed in più di 1.200 transazioni un procuratore ha rappresentato sia il giocatore sia il club che effettuava l’acquisto: un evidente conflitto di interesse.

LA NUOVA PIRAMIDE DEL CALCIO – Dietro ad un pallone che rotola su un prato verde esiste un grande sistema piramidale che controlla tutto, in cui troviamo l’israeliano Pinhas Zahavi, il portoghese Jorge Mendes, l’anglo-canadese di origine iraniana Kia Joorabchian, l’argentino Gustavo Mascardi, l’italiano Mino Raiola e la Doyen Sports Investments. Sostanzialmente i procuratori, che gestiscono la maggior parte dei cartellini dei calciatori più importanti, incassano i soldi dai fondi che acquistano i giocatori e poi li “affittano” ai club che da una parte ripianano i bilanci con operazioni fittizie e dall’altra, quando il sistema funziona, raggiungono anche risultati sportivi.

Un esempio a suo modo virtuoso è quello dell’Atletico Madrid che pur essendo sommerso dai debiti ha venduto l’anima alla Doyen che, anche grazie a operazioni di mercato, ha indirettamente finanziato il club permettendogli di scalare le gerarchie della Liga e del calcio europeo. 

 

C’E’ CHI DICE NO: IL “CASO” NAPOLI – In questo panorama alcune società di calcio rimangono ai margini del sistema e cercano di “galleggiare” attraverso una conduzione autarchica in questa autentica Babele di mercanti e mecenati. Il Napoli di De Laurentiis, per citare un esempio vicino a noi, ha messo in atto tutta una serie di strategie e meccanismi di tutela in tal senso. Il ricorso alla “clausola risolutoria” tanto demonizzato da parte della tifoseria azzurra, è proprio uno di questi tecnicismi. Il club tenta di sdoganarsi dall’essere ostaggio di questi personaggi e non è un caso che De Laurentiis non faccia mai grossi affari con queste grosse lobbies del calcio. Quando sentiamo a furor di media che “trattare col Napoli è difficile” o che “finché ci sarà questa società il Napoli non banchetterà al tavolo dei grandi” stiamo raccontando proprio questa realtà.

La clausola “spoglia” il procuratore del suo quasi incontrastato potere e svincola il club di calcio dalla gogna dei potentati economici del calcio. Il Napoli, in quanto detentore del cartellino del calciatore,  ha deciso di avvalersi della clausola proprio per affrancarsi dal cappio al collo dei procuratori, “per decidere il prezzo”, in quanto proprietario del cartellino, in una eventuale cessione di un suo tesserato, cosa che sarebbe difficilmente concessa in mancanza di questo artificio giuridico.

Da qui anche la sempre maggiore attenzione che il Napoli dedica alla stesura del singolo contratto, la cui redazione richiede cura ed applicazione maniacale. E’ chiaro che questo modus operandi estromette il Napoli dai grandi giri e lo esclude a priori dalle grandi trattative. In questo senso il Napoli Calcio ha detto “no” a certe dinamiche, in cui club come il Milan, la Roma e la stessa Juventus sono calate “a piè mani”.

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Francesco Romano è laureato ed ha un master in comunicazione e marketing. Ama scrivere, lavora presso Mediaset.
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